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Odio i flash back, ho amato questo film che ne è pieno. Mi hanno spiegato che quando salviamo un file sull'hard disc, questo si polverizza come appunto un pugno di polvere gettato sulla superficie magnetica, ma si può ricomporre in ogni momento seguendo la chiave che è presente sulla FAT.
Qui il regista fa così: prende la vicenda, la sbriciola e la butta sullo schermo, vorrei dire sulla faccia degli spettatori, mescolando i tempi, le situazioni e financo i personaggi, eppure raramente una storia esce in una forma così spianata e tridimensionale. Chapeau.
I due protagonisti sono figli, ma probabilmente nipoti del Tatcherismo, che ha certo salvato la Gran Bretagna dal fallimento ma ha distrutto la vita di una fetta non irrilevante di quella che una volta si chiamava classe proletaria, e così si chiamerebbe ancora se fosse sopravvissuta. Due amici per la pelle vivono senza sentimenti, senza futuro, senza prospettive. Uno è terminale a causa di un incidente e sopravvenute complicazioni da alcoolismo; l'altro ha grossi problemi di apprendimento, che la scuola inglese nemmeno si è curata di approfondire, che gli impediscono di scrivere persino il suo nome.
Ma lo scenario generale non è plumbeo, infatti si lasciano vivere, hanno brevi amori sfortunati, si occupano uno dell'altro in una sorta di welfare personale.
Difficile raccontare un film che parla di sentimenti inespressi, eppure la magnifica colonna sonora, il paesaggio non degradato ma praticamente deserto delle periferie inglesi, tengono legati alla poltrona sino al finale inevitabile. Ottimi gli interpreti, attenta la regia, si può vivere anche per una sola splendida estate, come fuggevolmente viene suggerito in pochi secondi di dialogo. E' nella sua placida assenza di prospettive un film-denuncia. Da meditare.
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