Omicidio matematico
di Lietta Tornabuoni L'Espresso
«Adesso pure i film danno i numeri. Dopo le folle romane al festival della Matematica, dopo il successo dei libri di Piergiorgio Odifreddi, dopo i giochi e i disagi di cifre nella vita quotidiana, la matematica arriva al cinema. 1 film si popolano di teorie («Attribuire alla matematica la struttura della realtà è un errore»), della serie di Fibonacci o dell'ultimo teorema di Fermat, del cambio di variabilità o del metodo Newton, di algoritmi combinatorii, dei teoremi fondamentali del calcolo, delle equazioni non lineari e di inni ««2l, vittoria, grande baldoria,». In "21" di Robert Luketic, interpretato e prodotto da Kevin Spacey, tratto da "Blackjack Club" di Ben Mezrich (Mondadori), la matematica serve a far soldi a Las Vegas: una squadra di giocatori, studenti universitari al Mit, guidati dal loro docente, applica sistemi scientifici per vincere. È una storia vera, che coinvolge un ventunenne dalla mente superiore bisognoso di 300 mila dollari per iscriversi e mantenersi alla Facoltà di Medicina di Harvard. "Oxford Murders" di Alex De La Iglesia, un bravo horrorista di Bilbao aspirante a una maggiore serietà, tratto dal romanzo "La serie di Oxford" di Guillermo Martinez, è più ambizioso. Un professore inglese e un suo studente americano sono in conflitto: la realtà ha un'essenza matematica, la matematica è uno strumento perfetto per discernere il falso dal vero, oppure l'esistenza è determinata soltanto dal casti? Se avviene un delitto (avviene), l'uomo è davvero in grado di arrivare a un assïoma incontestabile sul colpevole? Oppure mai nessuno vince, nessuno perde? Meno male che il ritmo è veloce, che ci sono gli edifici brutti ma rassicuranti di Oxford, i bei prati inglesi. Ma l'attuale fascino della sempre odiata matematica resta misterioso: piacerà perché ci colmano la testa dì cifre, perché sembra indiscutibile e sicura, per ansia di verità?
Da L’Espresso, 17 aprile 2008
di Lietta Tornabuoni, 17 aprile 2008