Gol, coca e Che Guevara. La ballata di Kusturica che racconta Maradona
di Arianna Finos Il Venerdì di Repubblica
C’è UN RAGAZZINO, filmato in bianco e nero, che palleggia da Dio. In primo piano, viso magro e occhioni neri, dice: «Ho due sogni, giocare nella Coppa del mondo e vincerla». È Diego Armando Maradona, che Emir Kusturica celebra nel documentario, Maradona by Kusturica, presentato a Cannes 2008. Ci sono, sì, i gol del Pibe de Oro; ma, oltre all'aspetto biografico-calcistico, il regista di Papà è in viaggio d'affari (1985) propone lo stile di vita dionisiaco («che abbiamo in comune») e il «pensiero politico» del campione.
Così, ecco Maradona in versione fumetto smarcare la Thatcher e vendicare la guerra delle Falkland (coppa del Mondo '86, due reti inflitte all'Inghilterra). «Il principe Carlo voleva incontrarmi, non ho voluto stringere la sua mano sporca di sangue». Agli Stati Uniti, che lo volevano, Maradona ha preferito Cuba: «Il Paese che più amo al mondo». Si vedono i tatuaggi del Che e di Fidel sul polpaccio e sul braccio del campione, che augura alla sua Argentina «un nuovo presidente» e confessa con rimpianto: «In Colombia si produce la droga, ma a gestire il traffico sono gli Usa. Che campione sarei stato, senza la droga». Diego, 48 anni a ottobre, è ritratto con amici e familiari, mentre arringa le folle e, poi, canta una delle quaranta canzoni scritte su di lui.
Del resto, nel film-ballata di Kusturica la musica cuce insieme i tanti aspetti nell'epopea dell'argentino: dall'Ave Maria intonata nella «sua» chiesa (centomila fedeli), al ritmo rock che scandisce i gol sul campo.
Da Il Venerdì di Repubblica, 30 maggio 2008
di Arianna Finos, 30 maggio 2008
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