barbabianca
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domenica 12 ottobre 2008
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scuola di vita
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Film assolutamente straordinario. Un impegno grossissimo diluito in un vero anno scolastico, di cui vediamo solo i periodi e gli eventi salienti. Gli studenti sono veri e pure il professore, che io pensavo di avere già visto in altri film, sbagliandomi. Bégaudeau sarà anche un professore e lo scrittore del libro da cui insieme al regista ha tratto la sceneggiagura del film, ma la sua bravura nell'esprimere l'immane difficoltà di insegnare in una classe disomogenea, incontenibile e disinteressata allo studio, dunque figlia di un disagio sociale fortissimo, è enorme e sembra un vero attore di teatro. Pur essendo sicuramente molto improvvisato, il film è pura fiction e i ragazzi che si sono prestati al film hanno recitato una parte.
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Film assolutamente straordinario. Un impegno grossissimo diluito in un vero anno scolastico, di cui vediamo solo i periodi e gli eventi salienti. Gli studenti sono veri e pure il professore, che io pensavo di avere già visto in altri film, sbagliandomi. Bégaudeau sarà anche un professore e lo scrittore del libro da cui insieme al regista ha tratto la sceneggiagura del film, ma la sua bravura nell'esprimere l'immane difficoltà di insegnare in una classe disomogenea, incontenibile e disinteressata allo studio, dunque figlia di un disagio sociale fortissimo, è enorme e sembra un vero attore di teatro. Pur essendo sicuramente molto improvvisato, il film è pura fiction e i ragazzi che si sono prestati al film hanno recitato una parte. Pur essendo calatissimo nella realtà autentica e opprimente di un tale ambiente scolastico, il film adotta un registro narrativo inverosimile. Infatti maggiorparte delle scene di "lezione" sono in realtà dei dibattiti o degli scontri fra il professore e gli alunni, che se vogliamo paragonarli a certe situazioni nostrane, possono vagamente rassomigliare alle ore di attivo dove il caos degenera. Capita a fagiolo un film simile in un momento in cui l'Italia e l'istruzione hanno ricevuto un colpo micidiale, ma è un film che mostra una realtà troppo lontana da quella scolastica italiana per potercisi immedesimare sul serio o per poter fare dei paragoni. Ad ogni modo, la scuola d'oggigiorno è un po' uguale dappertutto e nel rappresentarla Cantet è stato assolutamente universale, per cui è spontaneo immedesimarsi nelle situazioni. L'impegno e la serietà dei docenti di cui siamo testimoni durante le scene di consiglio o semplicemente in sala docenti ci mostrano una preparazione professionale che in Italia possiamo solo invidiare. E' un fatto di cultura. La Francia fronteggia il problema della multietnicità in modo molto più drammatico e da molto più tempo.
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noir
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venerdì 6 marzo 2009
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la crude realtà
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Finalmente un film realistico sulla scuola. Un film che racconta il mondo scolastico e i giovani così come sono realmente, e forse era meglio che non ci fosse.
E' ironica ovviamente la mia affermazione, perchè il film è uno spaccato generazionale per nulla ottimistico, perchè per nulla ottimistico è il gran parte del mondo giovanile e scolastico attuale.
Ragazzi vuoti dentro, che non hanno nulla da raccontare (apparentemente, si spera) che non hanno nessuna intenzione di comprendere cosa gli sta attorno perchè non sanno chi sono. Questo è il problema principale, non sanno chi sono veramente. Vogliono essere come gli altri, vogliono essere semplicemente giovani credendo di seguire il loro modo di essere, la loro vera essenza, ma la realtà è che dentro di loro non regna la sicurezza di sapere quello che vogliono, ma in realta regna il caos, una serie di regole e impostazioni raccolte dalla realtà che gli fanno credere di avere la risposta al loro modo di vivere, ma che in realtà da raccontare non hanno nulla.
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Finalmente un film realistico sulla scuola. Un film che racconta il mondo scolastico e i giovani così come sono realmente, e forse era meglio che non ci fosse.
E' ironica ovviamente la mia affermazione, perchè il film è uno spaccato generazionale per nulla ottimistico, perchè per nulla ottimistico è il gran parte del mondo giovanile e scolastico attuale.
Ragazzi vuoti dentro, che non hanno nulla da raccontare (apparentemente, si spera) che non hanno nessuna intenzione di comprendere cosa gli sta attorno perchè non sanno chi sono. Questo è il problema principale, non sanno chi sono veramente. Vogliono essere come gli altri, vogliono essere semplicemente giovani credendo di seguire il loro modo di essere, la loro vera essenza, ma la realtà è che dentro di loro non regna la sicurezza di sapere quello che vogliono, ma in realta regna il caos, una serie di regole e impostazioni raccolte dalla realtà che gli fanno credere di avere la risposta al loro modo di vivere, ma che in realtà da raccontare non hanno nulla.
Colpa loro ma colpa, soprattuto, della realtà che li circonda e la scuola ha grandissima colpa non essendo mai stata in grado di insegnare la passione e l'interesse per il mondo e di non esser mai stata in grado di ascoltare veramente. Grammativa, trigonometria, letteratura, storia, scienze sono tutte materie inutili se insegnate a ragazzi che non hanno alcun interesse a comprenderle.
Che senso ha far leggere (in Italia) "I promessi sposi" o i "Malavoglia" a ragazzi che non hanno mai preso in mano un libro? La scuola dovrebbe insegnare la passione per la lettura, in quei 3 anni di scuola media e 5 di superiori. Dovrebbe far nascere in loro la voglia di prendere in mano un libro. Se poi si riesce in questo saranno loro da grandi a leggersi "I promessi sposi" se vorranno.
Che senso ha insegnare date, avvenimenti storici, personaggi a ragazzi che non sanno neanche chi sono loro stessi e cosa succede nella loro città e nella loro nazione?
La scuola deve insegnare la passione per le cose non le nozioni che nella vita non serviranno a nulla. Non me ne frega niente di ricordarmi vagamente alcuni frammenti della Divina Commedia, mi interessa aver imparato che cosa può esserci di bello nella letteratura e se mi interesserà prenderò in mano la Divina Commedia una volta cresciuto o altrimenti leggerò milioni di altri libri. Non me ne frega niente sapere quando è morto Napoleone, ma è importante che in me ci sia la curiosità di voler capire qualcosa di più del passato, andando a informarmi e magari poi a scoprire quando è morto Napoleone.
La scuola, e il film di Cantet lo racconta bene, non sa parlare ai ragazzi, non sa arrivare alle loro stesse lunghezze d'onda, ma si ferma a una visione della scuola che è una e basta costringendo i ragazzi ad adattarsi, ma la scuola non è una palestra di vita, è una palestra per noi stessi, per capire e comprendere noi stessi (studenti) e accrescerci. E "La classe" è un perfetto esempio di tutto questo. Un film pessimista, perchè reale, che si chiude sulla frase di una studentessa "Io non ho imparato nulla" che è emblematico dei giovani d'oggi e della società che gli adulti stanno modellando intorno a loro.
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annalinagrasso
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sabato 11 luglio 2009
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lotta di classe.
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Immaginate di entrare con una telecamera in una scuola per raccontare un intero anno scolastico, degli studenti appartenenti ad
etnie e culture diverse e i loro professori, in particolar modo l’insegnante di lettere François Begaudeau che tenta, con non poche difficoltà, di dare ai ragazzi un’educazione nel migliore dei modi possibile,non solo scolastica ma anche sul modo di relazionarsi nella società, di rapportarsi con gli altri,cercando di far emergere la loro personalità e di comprenderla.
Questo è “La classe” film premiato con la Palma d’oro al Festival di Cannes del regista francese Cantet, non nuovo a narrare i disagi della società in cui viviamo, che prende spunto da un libro autobiografico del protagonista del film François Begaudeau ( scrittore e davvero professore nella vita) e che ha lavorato per
un anno con i ragazzi che davvero frequentavano quel liceo,scegliendoli poi come attori per il suo film.
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Immaginate di entrare con una telecamera in una scuola per raccontare un intero anno scolastico, degli studenti appartenenti ad
etnie e culture diverse e i loro professori, in particolar modo l’insegnante di lettere François Begaudeau che tenta, con non poche difficoltà, di dare ai ragazzi un’educazione nel migliore dei modi possibile,non solo scolastica ma anche sul modo di relazionarsi nella società, di rapportarsi con gli altri,cercando di far emergere la loro personalità e di comprenderla.
Questo è “La classe” film premiato con la Palma d’oro al Festival di Cannes del regista francese Cantet, non nuovo a narrare i disagi della società in cui viviamo, che prende spunto da un libro autobiografico del protagonista del film François Begaudeau ( scrittore e davvero professore nella vita) e che ha lavorato per
un anno con i ragazzi che davvero frequentavano quel liceo,scegliendoli poi come attori per il suo film. Nasce cosi un film realistico, documentaristico che non lascia spazio a scatti poetici, colpi di scena e a momenti drammatici e romanzati,ma ha ottime battute, ci presenta i ragazzi solo all’interno della classe, attraverso il loro modo di apprendere,di intervenire, di dire la loro, di rispondere alle domande del professore, ma non sappiamo nulla
della loro vita al di fuori.
. In realtà il vero protagonista del film è il cinema stesso che si propone in questo caso come valido strumento di indagine e di analisi attraverso l’uso delle parole. Già, le parole, che il più delle volte generano fraintendimenti e incomprensioni e Begaudeau, non è certo un eroe a cui è stata data la missione di salvare la scuola,. Ma Cantet non dice tutto in questo film, volutamente non dice tutto,perché il rapporto tra docente-allievo, è e sarà sempre problematico, tanto è vero che alla fine dell’anno non sappiamo quali sono i promossi e i bocciati, i buoni e i cattivi, sono ragazzi inquieti e turbati come può esserlo qualsiasi adolescente con una situazione non agiata, che non sanno con sicurezza cosa fare nella loro vita ma sono curiosi e dinamici con una grande voglia di sapere e conoscere.
Cantet ci spiega che insegnare è un mestiere difficilissimo e che il prof B. non può fare miracoli. E’ impossibile semplificare questo mondo, darne una lettura a senso unico, separare o classificare gli allievi, sebbene siano cosi diversi tra loro, trovare la soluzione giusta, le risposte giuste. E Cantet questo lo sa bene, come sa che non è compito del cinema erigersi a chiarificatore e risolutore di tutti i problemi, anzi li rendi ancora più confusi e complicati, quasi indistricabili, crea momenti di tensione, di rabbia, di agitazione, di accuse, di ingiustizie, di lotta personale.
Sicuramente, chi pensa di vedere un film di evasione, dai toni chiari e ottimista, alla maniera di “io speriamo che me la cavo”oppure “notte prima degli esami”o ancora un film dai risvolti politici e forte come “zero in condotta”di Vigo
(considerato un film maledetto che fu sottoposto anche a censura),
sarà scontentato, ma si consiglia vivamente di far vedere questo film in tutte le scuole e soprattutto a tutti i genitori,un portale sulla realtà, sebbene all’inizio si faccia un po’ fatica a seguirlo per la sua lentezza, senza dubbio un film che non segue le convenzioni e che fa riflettere e dalla profonda onestà intellettuale, anche se si poteva osare di più.
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filippo catani
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mercoledì 3 luglio 2013
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la scuola in francia (e non solo)
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Il film è interamente ambientato all'interno di una terza media di un quartiere difficile parigino. I vari insegnanti che si susseguono in classe, in particolar modo quello di lettere, dovranno fare fronte alla loro irrequietezza e inquietudine cercando però anche di cogliere quanto di buono essi saranno capaci di fare.
Sono un discreto numero i film che trattano di scuola o tematiche connesse (basti parlare della Scuola della violenza per arrivare al recente l'Onda e anche in Italia abbiamo avuto la Scuola giusto per citare qualche titolo) ma questo film, come recita anche il titolo, fa entrare lo spettatore all'interno di una classe per un intero anno scolastico.
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Il film è interamente ambientato all'interno di una terza media di un quartiere difficile parigino. I vari insegnanti che si susseguono in classe, in particolar modo quello di lettere, dovranno fare fronte alla loro irrequietezza e inquietudine cercando però anche di cogliere quanto di buono essi saranno capaci di fare.
Sono un discreto numero i film che trattano di scuola o tematiche connesse (basti parlare della Scuola della violenza per arrivare al recente l'Onda e anche in Italia abbiamo avuto la Scuola giusto per citare qualche titolo) ma questo film, come recita anche il titolo, fa entrare lo spettatore all'interno di una classe per un intero anno scolastico. L'osservatore avrà così modo di rendersi conto della difficoltà che comporta il ricoprire un incarico delicato come quello del professore. Specialmente poi quando ci si trova dinnanzi ad una classe multietnica che comprende elementi francesi, cinesi, maliani e delle Antille. Ora anche in Italia con la recente immigrazione la popolazione scolastica è drasticamente mutata e professori, genitori e alunni devono fare i conti con nuove realtà. Questo ovviamente è una grande occasione di apertura mentale verso nuove prospettive e culture ma presenta tutte le difficoltà che l'integrazione porta con se. A questo punto il professore di turno si trova seduto sopra un'autentica polveriera pronta ad esplodere alla minima sollecitazione. Naturalmente il problema si ripresenta anche nel giorno dei colloqui con i genitori dove in alcuni casi si fa fatica a farsi comprendere mentre allo stesso tempo si ricevono ingenerose critiche dai genitori che, negli ultimi tempi, invece che prendersela con i figli se la prendono con i prof rei come sempre di fare troppo poco o di non saper fare il proprio lavoro secondo quel vecchio adagio per cui chi non sa fare niente va a insegnare. Naturalmente il regista è francese (Cantet) così come il cast (su cui spicca il prof di lettere) ma il discorso si può tranquillamente universalizzare; fin dalla notte dei tempi il ruolo di educatore è sempre stato tra i più affascinanti e complessi ma ora più che mai ci si trova davanti a dei casi di complessa risoluzione perchè una promozione o una bocciatura, una nota di merito o una espulsione possono condizionare per sempre la vita di certi studenti specialmente se provengono da situazioni familiari difficili. Insomma un bel film che, seppur ambientato per tutte le due ore della sua durata, all'interno delle mura scolastiche riesce a coinvolgere lo spettatore attento e scrupoloso.
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mercoledì 12 novembre 2014
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i fatti, i punti di vista, le conseguenze
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Emerge dal film una realtà senza filtri e senza giudizi: scuole in cui molti ragazzi provengono da altri Paesi, scontrandosi con una cultura a cui non sentono di appartenere, senza avere appoggio dalle famiglie che spesso non sono in grado di parlare correttamente la lingua del Paese in cui vivono e che hanno priorità oggettive differenti rispetto alla scuola (lavoro, permesso di soggiorno, difficoltà economiche), aspettandosi quindi che i figli vi si arrangino da soli e possano, grazie ad essa, avere una vita migliore.
Genitori che spesso abdicano al proprio ruolo, che non educano, seppur difficilmente condannabili viste le loro oggettive difficoltà.
Insegnanti alle prese con situazioni che non riescono a gestire, a cui non sono preparati e che preferiscono, laddove non riescano ad oltrepassare l'ostacolo, liberarsene e non assumersi l'onere delle conseguenze che ne deriveranno.
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Emerge dal film una realtà senza filtri e senza giudizi: scuole in cui molti ragazzi provengono da altri Paesi, scontrandosi con una cultura a cui non sentono di appartenere, senza avere appoggio dalle famiglie che spesso non sono in grado di parlare correttamente la lingua del Paese in cui vivono e che hanno priorità oggettive differenti rispetto alla scuola (lavoro, permesso di soggiorno, difficoltà economiche), aspettandosi quindi che i figli vi si arrangino da soli e possano, grazie ad essa, avere una vita migliore.
Genitori che spesso abdicano al proprio ruolo, che non educano, seppur difficilmente condannabili viste le loro oggettive difficoltà.
Insegnanti alle prese con situazioni che non riescono a gestire, a cui non sono preparati e che preferiscono, laddove non riescano ad oltrepassare l'ostacolo, liberarsene e non assumersi l'onere delle conseguenze che ne deriveranno.
Insegnanti che cercano di insegnare il rispetto come punto di partenza e di "seminare", valutando l'opportunità di valorizzare il possibile dell'alunno tenuto conto anche del suo contesto familiare e sociale, anzichè punire le sue mancanze. Insegnanti che decidono di implicarsi, lasciati soli, per motivi molto umani: è più facile non sapere, non uscire dal contesto scuola, limitarsi a valutare i fatti oggettivi ed eliminare l'elemento di disturbo per salvaguardare la classe (e la propria autorità al suo interno). Più difficile e non privo di conseguenze è implicarsi, cercare una via possibile di comunicazione, dare valore.
Un ragazzo che ha appena iniziato a scoprire che può fare qualcosa di buono e di apprezzabile, che viene abbandonato.
Una provocatrice, ritenuta brava alunna, che agisce come leva nel precipitare degli eventi.
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paride86
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domenica 29 marzo 2009
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veramente buono, ma troppo documentaristico
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Dopo "Elephant", "Fahrenheit 9/11" e "4 mesi, 3 settimane e 2 giorni", il festival di Cannes torna a premiare un film di taglio spiccatamente verista. Perciò niente musiche, niente sottigliezze tecniche, soltanto narrazione documentaristica.
Il tema è interessante, si tratta del sistema scolastico francese e, di conseguenza, tutte le problematiche legate all'integrazione di studenti provenienti da culture diverse.
Sicuramente è un film ben realizzato, fresco e spontaneo; fa riflettere e affronta (anche se sarebbe più corretto dire "pone", più che "affronta") questioni interessanti, ma a mio giudizio, per giustificare uno stile così asciutto bisogna avere tra le mani un soggetto particolarmente drammatico (come per "Elephant" o "4 mesi, 3 settimane e 2 giorni"), altrimenti il confine col documentario rischia di diventare troppo sottile.
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Dopo "Elephant", "Fahrenheit 9/11" e "4 mesi, 3 settimane e 2 giorni", il festival di Cannes torna a premiare un film di taglio spiccatamente verista. Perciò niente musiche, niente sottigliezze tecniche, soltanto narrazione documentaristica.
Il tema è interessante, si tratta del sistema scolastico francese e, di conseguenza, tutte le problematiche legate all'integrazione di studenti provenienti da culture diverse.
Sicuramente è un film ben realizzato, fresco e spontaneo; fa riflettere e affronta (anche se sarebbe più corretto dire "pone", più che "affronta") questioni interessanti, ma a mio giudizio, per giustificare uno stile così asciutto bisogna avere tra le mani un soggetto particolarmente drammatico (come per "Elephant" o "4 mesi, 3 settimane e 2 giorni"), altrimenti il confine col documentario rischia di diventare troppo sottile.
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[+] e allora........
(di francesco2)
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sillicalzelunghe
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lunedì 30 marzo 2009
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che bella fatica!
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Questo tuffo nella "classe" mi ha parlato molto della "fatica di vivere" il quotidiano, inteso ogni giorno come occasione di incontro dell'altro, un incontro reale, concreto, che non necessariamente è scabroso (quasi sempre i film sulla scuola trattano casi estremamente tormentati) ma non è neppure romantico e idilliaco (i rosa per forza). Una bella fatica, quindi, che ha un senso, che vale la pena, perché attraverso quella fatica i ragazzi possono crescere verso l'essere uomini e donne, e il "Prof" può scegliere di mantenersi aperto, desideroso di comunicare. Con tutti gli errori, quotidiani anch'essi, dall'una parte e dall'altra: non è vero che sbagliando si impara, ma riflettendo sui propri e altrui sbagli, forse, allora, qualche frutto può arrivare.
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Questo tuffo nella "classe" mi ha parlato molto della "fatica di vivere" il quotidiano, inteso ogni giorno come occasione di incontro dell'altro, un incontro reale, concreto, che non necessariamente è scabroso (quasi sempre i film sulla scuola trattano casi estremamente tormentati) ma non è neppure romantico e idilliaco (i rosa per forza). Una bella fatica, quindi, che ha un senso, che vale la pena, perché attraverso quella fatica i ragazzi possono crescere verso l'essere uomini e donne, e il "Prof" può scegliere di mantenersi aperto, desideroso di comunicare. Con tutti gli errori, quotidiani anch'essi, dall'una parte e dall'altra: non è vero che sbagliando si impara, ma riflettendo sui propri e altrui sbagli, forse, allora, qualche frutto può arrivare. Un'ora fresca e semplice, senza moralismi e senza finalino buonista o castigatore. Un'ora di lezione che apre alla bellezza di lavorare con gusto e per uno scopo: buon lunedì!
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annalinagrasso
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giovedì 9 luglio 2009
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lotta di classe.
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Immaginate di entrare con una telecamera in una scuola per raccontare un intero anno scolastico, degli studenti appartenenti ad
etnie e culture diverse e i loro professori, in particolar modo l’insegnante di lettere François Begaudeau che tenta, con non poche difficoltà, di dare ai ragazzi un’educazione nel migliore dei modi possibile,non solo scolastica ma anche sul modo di relazionarsi nella società, di rapportarsi con gli altri,cercando di far emergere la loro personalità e di comprenderla.
Questo è “La classe” film premiato con la Palma d’oro al Festival di Cannes del regista francese Cantet, non nuovo a narrare i disagi della società in cui viviamo, che prende spunto da un libro autobiografico del protagonista del film François Begaudeau ( scrittore e davvero professore nella vita) e che ha lavorato per
un anno con i ragazzi che davvero frequentavano quel liceo,scegliendoli poi come attori per il suo film.
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Immaginate di entrare con una telecamera in una scuola per raccontare un intero anno scolastico, degli studenti appartenenti ad
etnie e culture diverse e i loro professori, in particolar modo l’insegnante di lettere François Begaudeau che tenta, con non poche difficoltà, di dare ai ragazzi un’educazione nel migliore dei modi possibile,non solo scolastica ma anche sul modo di relazionarsi nella società, di rapportarsi con gli altri,cercando di far emergere la loro personalità e di comprenderla.
Questo è “La classe” film premiato con la Palma d’oro al Festival di Cannes del regista francese Cantet, non nuovo a narrare i disagi della società in cui viviamo, che prende spunto da un libro autobiografico del protagonista del film François Begaudeau ( scrittore e davvero professore nella vita) e che ha lavorato per
un anno con i ragazzi che davvero frequentavano quel liceo,scegliendoli poi come attori per il suo film. Nasce cosi un film realistico, documentaristico che non lascia spazio a scatti poetici, colpi di scena e a momenti drammatici e romanzati,ma ha ottime battute, ci presenta i ragazzi solo all’interno della classe, attraverso il loro modo di apprendere,di intervenire, di dire la loro, di rispondere alle domande del professore, ma non sappiamo nulla
della loro vita al di fuori.
. In realtà il vero protagonista del film è il cinema stesso che si propone in questo caso come valido strumento di indagine e di analisi attraverso l’uso delle parole. Già, le parole, che il più delle volte generano fraintendimenti e incomprensioni e Begaudeau, non è certo un eroe a cui è stata data la missione di salvare la scuola,. Ma Cantet non dice tutto in questo film, volutamente non dice tutto,perché il rapporto tra docente-allievo, è e sarà sempre problematico, tanto è vero che alla fine dell’anno non sappiamo quali sono i promossi e i bocciati, i buoni e i cattivi, sono ragazzi inquieti e turbati come può esserlo qualsiasi adolescente con una situazione non agiata, che non sanno con sicurezza cosa fare nella loro vita ma sono curiosi e dinamici con una grande voglia di sapere e conoscere.
Cantet ci spiega che insegnare è un mestiere difficilissimo e che il prof B. non può fare miracoli. E’ impossibile semplificare questo mondo, darne una lettura a senso unico, separare o classificare gli allievi, sebbene siano cosi diversi tra loro, trovare la soluzione giusta, le risposte giuste. E Cantet questo lo sa bene, come sa che non è compito del cinema erigersi a chiarificatore e risolutore di tutti i problemi, anzi li rendi ancora più confusi e complicati, quasi indistricabili, crea momenti di tensione, di rabbia, di agitazione, di accuse, di ingiustizie, di lotta personale.
Sicuramente, chi pensa di vedere un film di evasione, dai toni chiari e ottimista, alla maniera di “io speriamo che me la cavo”oppure “notte prima degli esami”o ancora un film dai risvolti politici e forte come “zero in condotta”di Vigo
(considerato un film maledetto che fu sottoposto anche a censura),
sarà scontentato, ma si consiglia vivamente di far vedere questo film in tutte le scuole e soprattutto a tutti i genitori,un portale sulla realtà, sebbene all’inizio si faccia un po’ fatica a seguirlo per la sua lentezza, senza dubbio un film che non segue le convenzioni e che fa riflettere e dalla profonda onestà intellettuale, anche se si poteva osare di più.
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hatecraft
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sabato 5 febbraio 2011
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una perla
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finali simili, di meta-fisica riflessione, assurgono ad un compimento completo dell'opera, restituiscono quel tocco realista che ci rende parte della pellicola e ci lascia di stucco di fronte a questa narrazione priva di un nodo drammatico, ma ricolma nel suo essenzialismo della materia propria cinematografica: la vita.
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theophilus
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lunedì 9 dicembre 2013
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chi sta nella prigione?
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ENTRE LES MURS
Chi pensasse che la crisi della scuola italiana abbia una sua specificità o che il suo degrado non sia paragonabile a quello delle altre scuole europee, è bene che vada a vedere Entre les murs, di Laurent Cantet.
Il titolo del film evoca una doppia domanda. La risposta alla prima è quasi automatica. I muri ci conducono ad una barriera, che può essere protettiva od oppressiva. Chi ci sarà all’interno di questi muri? In questo caso, invece, la soluzione non è immediata. In una prigione c’è chi sta da una parte, chi dall’altra di una porta. Nel film, invece, i ruoli non sono chiaramente separati.
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ENTRE LES MURS
Chi pensasse che la crisi della scuola italiana abbia una sua specificità o che il suo degrado non sia paragonabile a quello delle altre scuole europee, è bene che vada a vedere Entre les murs, di Laurent Cantet.
Il titolo del film evoca una doppia domanda. La risposta alla prima è quasi automatica. I muri ci conducono ad una barriera, che può essere protettiva od oppressiva. Chi ci sarà all’interno di questi muri? In questo caso, invece, la soluzione non è immediata. In una prigione c’è chi sta da una parte, chi dall’altra di una porta. Nel film, invece, i ruoli non sono chiaramente separati. Non c’è qualcuno al di qua o al di là di qualcosa, ma tutti sono all’interno del medesimo perimetro. Il “clima” non è differenziato. Non scorgiamo una tensione reale che possa riscaldare o raffreddare, ma solo una rappresentazione in cui gl’insegnanti tentano di restare aggrappati ad un ruolo che non ha più né un centro né contorni. In questa commedia i prof balbettano solo il ricordo di una dignità che fingono di possedere ancora, non potendo barattarla col vuoto che hanno di fronte. Gli studenti, quando non riescono a limitarsi a scaldare i banchi per cinque ore, lanciano sfide l’uno all’altro e aggrediscono chi hanno di fronte con le armi dell’insolenza, dell’indifferenza, del fastidio, dell’incomprensione. Non accade nulla nel film se non la riproposizione continua di una stasi culturale, di una inamovibilità di problemi che non si scalfiscono neppure e che verranno rimandati all’anno successivo. Non c’è alcuna compensazione fra gli elementi che si scontrano. Alla reale incapacità di capire da parte degli studenti, al loro vuoto di contenuti culturali e interiori si adegua la remissività dei docenti che non hanno i mezzi per superare un passato di cui non possono fare alcun uso con gli studenti, ma di tanto in tanto tentano di agitare il fantasma di un’autorità che non detengono più. Cantet ci mostra le due classiche, ma solo apparenti, strade parallele che infatti subito si avvinghiano in un vuoto comune. Solo esteriore è la diversità fra chi sembra avere il coltello dalla parte del manico ma non sa come tenerlo in mano e chi si acquatta nei panni di vittima di un carnefice che non esiste.
La metafora della prigione prende un peso più concreto per lo spettatore quando Cantet fa le riprese dall’alto di un ambiente esterno tutto cemento, adibito alla ricreazione degli studenti.
I protagonisti di La classe sono attori improvvisati, ma il ruolo del professore di lettere è impersonato da un ex insegnante, François Bégodeau, autore del libro omonimo da cui è stato tratto il film.
Gli schemi della famiglia sono riproposti, identici, nella scuola. Gl’insegnanti appaiono accattoni che mendicano l’amicizia e il cameratismo degli studenti. La risoluzione della conflittualità domestica che si sprigiona in assenza di una figura guida che sappia imporsi ed imporre dei limiti viene demandata alla scuola. Il professore è chiamato a surrogare il ruolo dei genitori e, come quelli, il più delle volte temendo il rapporto con i ragazzi, fallisce.
Cantet è stato definito da qualcuno il Ken Loach francese. La tematica sociale svolta dal regista nei suoi lungometraggi non è mai retorica, non appare di parte, non condanna A per assolvere B, ma segue una linea che gli consente di valorizzare una tensione etica in funzione estetica. Il pubblico ha di fronte un insegnante che deve sopportare la massa d’urto di un’intera scolaresca che gli si oppone. Questo terzo soggetto della narrazione resta sospeso. Chi vede se stesso, chi i propri figli. Tutti sono però coinvolti in un flusso che impone l’autocritica, il ripensamento, lo specchiarsi in una condizione a cui siamo giunti insieme senza rendercene conto. Ognuno è chiamato a trovare una via d’uscita.
Enzo Vignoli,
6 dicembre 2008.
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