Il papà di Giovanna

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Un film di Pupi Avati. Con Silvio Orlando, Francesca Neri, Ezio Greggio, Alba Rohrwacher.
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Drammatico, durata 104 min. - Italia 2008. - Medusa uscita venerdì 12 settembre 2008. MYMONETRO Il papà di Giovanna * * 1/2 - - valutazione media: 2,79 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La protezione d'un padre per la figlia malata. Valutazione 3 stelle su cinque

di GreatSteven


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sabato 3 novembre 2018

IL PAPà DI GIOVANNA (IT, 2008) diretto da PUPI AVATI. Interpretato da SILVIO ORLANDO, ALBA ROHRWACHER, FRANCESCA NERI, EZIO GREGGIO, SERENA GRANDI, MANUELA MORABITO, GIANFRANCO JANNUZZO, PAOLO GRAZIOSI, VALERIA BILELLO
Michele Casali, di origini napoletane, pittore fallito laureatosi all’Accademia di Belle Arti di Bologna insieme a Giorgio Morandi (al quale scrive in continuazione missive senza mai ottenere risposta), insegna disegno in un liceo del capoluogo emiliano nel 1938. Ha per figlia Giovanna, ragazza mentalmente instabile ma all’apparenza innocua, per la quale prova un trasporto affettivo tale da esautorare la figura materna, ossia la sua consorte Delia. Il suo migliore amico è Sergio Ghia, maresciallo dei carabinieri che lavora per lo squadrismo. Un giorno Marcella Traxler, compagna di banco, migliore amica di Giovanna e figlia di un importante senatore legato al Partito governante, scompare misteriosamente: viene ritrovata non molto più tardi nella palestra della scuola, con profonde ferite da rasoio su tutto il corpo. Siccome son state rinvenute tracce di sperma sulla sua veste, la Polizia ipotizza che l’assassino sia un maschio, probabilmente il ragazzo che Marcella e Giovanna si contendevano. Ma ben presto si viene a sapere che chi ha ucciso Marcella non è altri che la figlia dell’onesto e sfortunato professore, impazzita dalla gelosia per il fidanzato che l’aveva pure invitata ad una festa per sottrarla alla sua costante solitudine e rea di aver commesso il fattaccio in un implacabile raptus di rabbia. I Casali sono disperati, ma un processo è ormai inevitabile: giudicata dal Tribunale di Bologna socialmente pericolosa e non in grado d’intendere e di volere, Giovanna evita il carcere, ma in compenso finisce al Manicomio Criminale di Reggio Emilia. Lo scandalo suscitato dal terribile evento mina la credibilità dei Casali nella borghesia della Bologna fascista, proprio mentre Hitler e Mussolini stringono il Patto d’Acciaio e poco dopo l’intero pianeta precipita nella Seconda Guerra Mondiale. Deciso a mantenere i contatti con la figlia e a difenderne la rispettabilità, Michele la va a trovare all’ospedale psichiatrico e le chiede come si trova, finché non sceglie, pur controvoglia, dopo che Delia, nel 1944, ha trovato lavoro come cassiera in un bar, di lasciare la moglie a Sergio, convinto che il carabiniere sia più capace di lui a trattarla col dovuto amore e riguardo, perché l’insegnante reputa più opportuno dedicarsi alla figlia ricoverata a tempo pieno, trasferendosi addirittura come pensionante a Reggio Emilia. Il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione, Sergio viene catturato dai partigiani e condannato alla fucilazione: sebbene il proiettile gli trapassi il petto, riesce a fuggire e a imboscarsi su un filobus, ma la morte lo coglie poco dopo, e Michele non lo verrà mai a sapere. Nell’estate 1946 Michele ottiene l’uscita di Giovanna dal manicomio e la ragazza torna a vivere col padre. Sette anni dopo, in un cinema, rincontrano Delia, risposata con un altro uomo: Michele non ne vuole sapere di lei e accompagna la figlia fuori dal cinematografo, ma Delia li raggiunge e, su richiesta dell’ex marito, si dice disposta a riaggregarsi alla sua vecchia famiglia. Uno dei migliori film di Avati sulla sua città natale, questa volta inquadrata in un’ottica storica particolareggiata che gli consente di mettere in piedi una storia estremamente credibile e funzionante, latrice di un messaggio sia politico che affettivo. Nel primo caso, lo sguardo sulla dittatura mussoliniana evita non senza difficoltà la demagogia e si inserisce alla perfezione in un contesto descritto con efficacia in tutte le sue sfumature più buie e brutali. Nel secondo, abbiamo a che fare con un padre iperprotettivo intenzionato a tutti i costi a credere nella normalità della creatura da lui messa al mondo con una donna che invece disapprova i modi con i quali egli l’ha educata, cercando inutilmente di preservarla da tutti coloro che l’additavano come malata mentale. Eppure il suo nobile scopo, infine, ottiene il risultato sperato: sebbene Giovanna (una Rohrwacher pacata ma intensa) non riesca a conti fatti ad avere una vita sociale o a farsi delle amicizie autentiche, l’amore di suo padre non le mancherà mai, e in conclusione nemmeno quello della madre, nonostante Michele (un eccellente Orlando premiato con la Coppa Volpi a Venezia 2008) l’abbia perennemente oscurata con le sue apprensioni atte a capire quali fossero le motivazioni che spingessero la figlia in comune ad assumere certi comportamenti. Muovendosi su questi due versanti che si completano a vicenda, il film è un documento di denuncia storica procace e abile nel non guardare in faccia a nessuno per abbinare le crudeltà inflitte alla povera gente ai rispettivi (esecrabili) esecutori, e al tempo stesso anche un gioiello sociologico che, come pochi film italiani recenti, sa spiegare l’indissolubilità dei valori famigliari, qualunque scompenso possa verificarsi per attanagliarli. Troviamo pure una F. Neri profonda e coriacea, una S. Grandi in sedia a rotelle nel ruolo della rispettosa co-inquilina d’appartamento e finalmente un E. Greggio in una veste drammatica che gli si confà alla grande, malgrado siamo abituati a rimirarcelo soltanto sul piano comico. Prodotto da Antonio Avati. Musiche di Riz Ortolani. Proponibile alle rassegne scolastiche perché molto istruttivo.

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