Baby Love

La scena di amore carnale tra il gay e la godibilissima (malcapitata) etero c'illude per un momento che il prodotto di due perversioni nella stessa persona possa dare per risultato la normalità: come dire meno per meno più. Ma non è così, l'algebra non c'entra, così come a nostro giudizio non c'entra neanche la geometria con i suoi triangoli: la coppia di maschi non smette mai di amarsi, i loro due segmenti si compenetrano ma non si elevano verso un vertice comune. L'innaturale dovrebbe avere un limite nella logica di individuare le proprie inclinazioni e godersele a letto ed anche nella vita, ma senza produrre danni a terzi ed anche a quarti. Un finale edulcorato dal sorriso di lei non ci convince e neppure attenua le convinzioni che questa storia ha reso lucenti. Una di queste è che l'alcova dev'essere sede e confine dell'omosessualità alla quale, volendo, si ha diritto (e chi lo nega!) ma una sala parto non può essere il teatrino delle marionette dove il gioco si protrae e diventa assurdo. Un film, insomma, che lucida con l'ovatta di un'apparente leggerezza, le convinzioni di chiunque, per antitetiche che siano; perfino quelle di chi rivede in questa storia le ragioni di certe posizioni molto conservatrici, a non dire "spartane". L'unica che ha il coraggio di dire le cose come stanno, alla fine, è la ginecologa amica di Manu, che grida che il re è nudo quando, piangendo nell'insalata, dice: "Non capisco... dovrei essere io a...(avere apprensioni materne) e non voi due...(che siete) due froci che s'inkulano". Giusto ...con buona pace del politically correct.