Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street

Musical maestro. L’ultirna follia di Burton e Depp: il barbiere che taglia gole cantando.

Un libro misterioso di epoca vittoriana. Un grande successo a teatro negli anni Settanta. E ora un azzardo del regista e del suo attore preferito. Che in questa intervista spiegano qual è il segreto della loro strana coppia
Tim Burton e Johnny Depp, i due eccenrici talenti di Hollywood, si riuniscono di nuovo (dopo un film come Edward Mani di forbice e La fabbrica del cioccolato), tentando forse l'impossibile: rendere appetibile al grande pubblico l'adattamento cinematografico del musical di Stephen Sondheim Sweeney Todd, grande successo a Broadway quando debuttò nel 1979. Un film quasi tutto cantato, come i classici della Disney o Moulin Rougr, ma con dosi di violenza alla Roger COrman. Nella nuova versione, le cui scenografe sono state disegnate dal premio Oscar Dante Ferretti, appaiono anche Helena Bonham Carter (l'attrice inglese moglie di Burton), nel ruolo di Mrs. Lovett, partner di Sweeney nei suoi crimini efferati, e Sacha Baron Cohen, meglio conosciuto come Borat, nel ruolo del barbiere rivale.
Burton, perché un film dal musical di Sondheim?
Burton: « È stato amore a prima vista. È da. quando vidi la produzione teatrale a Londra nell'82, che sogravo di trasferirla al cinema».
E lei, Depp, ama i musical?
Depp: «Non sono mai stato un fan di Broadway. E mi sono spesso chiesto perché diavolo Tim mi abbia offerto la parte di Sweeney.
E che cosa l'ha convinta?
Depp: «Ho pensato: quante sono le opportunità di fare un musical su un serial killer? Poi, mi ha convinto l'idea di interpretare un personaggio cosi folle cercando di stabilire una forma di empatia con il pubblico, mentre taglia la gola alla gente. Una sfida non facile».
Burton: «In realtà non sapevo se Johnny riuscisse davvero a cantare. Sapevo che da giovane aveva suonato la chitarra in un gruppo rock. Ma quando mi ha detto che sarebbe stato in grado di cantare in Sweeney Todd gli ho creduto. Ci ho lavorato insieme abbastanza per sapere che se dice di poter fare qualcosa lo dice a ragion veduta».
Depp: «Per Sweeney Todd ho preso lezioni di canto, facevo i vocalizzi, le scale e tutto quanto; ma poi ho deciso di affidarmi all'istinto e dare a Sweeney un'intonazione più punk rock. La piattezza della sua voce baritonale doveva riflettere il tormento interiore di un uomo buono travolto dalla propria rabbia».
Burton: «Nessun altro attore, se non Johnny, avrebbe potuto dare un volto umano alla follia omicida. Con lui condivido l'amore per i grandi interpreti del cinema muto, da Lon Chaney a Bela Lugosi, da Peter Lorre a Borsi Karloff».
C'è chi dice che Sweeney Todd sia eccessivamente violento.
Burton: «Sweeney è tutto molto vi
scerale. Il sangue è per lui una forma di sfogo emozionale, la sua catarsi. Dallo spargimento di sangue non si poteva sfuggire».
Depp: «Sul set tutti, eccetto me; erano coperti di buste di plastica: Si faceva il conto alla rovescia, poi zac!, via con le rasoiate e i fiumi di sangue. Usavamo un liquido dolce; tipo sciroppo di mele».
Cosa pensate della scenogra. fie di Dante Ferretti?
Depp: «Mi volevo portare via tutti i suoi set, ha realizzato un'opera d'arte maestosa».
Che intesa c'è fra di voi?
Burton: «La stessa che avevano Fellini e Mastroianni, o che hanno De Niro e Scorsese. Con Johnny ci capiamo al volo. E ci vogliamo bene. A volte mi sembra che le nostre menti siano collegate attraverso qualche file elettrico invisibile che ogni tanto fa scintille Lui non ha paura d: niente, la prova è che s: fida ciecamente di me»
Depp: «Da giovani abbiamo vissuto esperienze simili. Ci piacciono le medesime astrusità, tipo i clown, Dean Martino Vincent Price nei film di Roger Corman».
Vivete entrambi in Europa Una coincidenza?
Burton: «A Los Angeles, dove son( nato e cresciuto, mi sono sempre sentito uno straniero. Ora in Europa mi sento meno forestiero. Mi pia. ce Londra perché mi sembra che h gente sia più eccentrica. Le stramberie mi fanno sentire a casa ».
Depp: «In Francia, dove sono approdato per amore (per Vanesse Paradis), ho riscoperto la gioia pei le cose semplici e il senso della cui tura profonda. A parte le difficoltà iniziali nell'arte del tagliare il formaggio per il verso giusto, in Francia mi sono sentito subito me stesso, molto più che negli Stati Uniti» Da Il Venerdì di Repubblica, 18 gennaio 2008

di Silvia Bizio, 18 gennaio 2008