Ratatouille

L'ultima paura del grande paese: cosa bolle in pentola?

Fast food rallenta. La nazione che ha teorizzata e globalizzato il pasta rapido a poco prezzo ha invertito la tendenza: libri inchiesta sugli effetti del cibo prodotto in catena di montaggio, documentari di denuncia e perfino I cartoon che invitano a uno Í stile di alimentazione più slow. Il ripensamento è figlio della necessità: negli Stati Uniti più di un terzo della popolazione, 127 milioni di persone, è sovrappeso e ci sono sessanta milioni di obesi, con conseguenti disfunzioni sanitarie ed economiche. I dati dell'Intemational association for the study of the obesity prevedono che nel 2010 metà dei bambini sarà sovrappeso (contro il terzo attuale), due terzi dei quali destinati a restarlo per sempre.
La spallata al sistema alimentare che poggia sulle grandi catene di hamburger-bevande gassate-patatine l'hanno data documentari come Super Size Me dell'americano Morgan Spurlock, un giovanotto che per un mese si è nutrito solo con i prodotti di McDonald's con gravi e immediati danni fisici. Dal film-documentario, uscito in Italia tre anni fa, è stato tratto anche un volume pubblicato in Italia da Fandango Non mangiate questo libro.
Ha compiuto invece il percorso inverso il libro-inchiesta di Eric Schlosser Fast Food Nation (Il Saggiatore, pp. 383, euro 8,80) diventato nel 2001 un simbolo della controcultura americana e ora portato al cinema da Richard Linklater. Linklater ha messo insieme un cast da kolossal - Bruce Willis, Ethan Hawke, Patricia Arquette, Greg Kinnear - per mostrare due fenomeni legati al fast food: il percorso umiliante dei clandestini messicani impiegati nella catena alimentare e la pessima lavorazione della carne da hamburger.
Quando il film è stato presentato al Festival di Cannes, nel 2006, le reazioni sono state disgusto e abbandoni della sala. L'indagine interna richiesta al capo marketing di una catena di fast food dopo che sono state trovate tracce di colibatteri fecali (sterco di mucca) nella carne si trasforma infatti in un viaggio infernale nell'allevamento della California del Sud da cui proviene l'80 per cento delle carni di cui si servono le catene statunitensi. Il manager scopre bovini assiepati nei recinti senza possibilità di movimento, mattatoi sporchi e stabilimenti pericolosi. Senza contare gli incidenti sul lavoro della manovalanza non specializzata.
La presenza delle feci nella carne, si scoprirà, è dovuta a una catena produttiva troppo veloce, con gli operai che non hanno Il tempo di separane gli intestini degli animali dal resto e gli escrementi si rovesciano direttamente sulla carne. A volte poi qualche «forzato» del fast food lascia nelle macchine un braccio, un dito. Ridurre i ritmi di lavorazione significherebbe guadagnare meno: «Che pretendi da carne pagata 40 centesimi e mezzo al chilo?» proclama Bruce Willis nel ruolo di intermediario tra la catena e i fornitori di carne. Spiega: «L'importante è cuocere bene la carne. E tutti dobbiamo prima o poi mangiarci la nostra dose di merda, no?». Willis chiama quindi in causa una fetta centrale dell'economia americana, sciorina la teoria base del fast food come mezzo democratico di diffusione alimentare: basso costo, distribuzione capillare, velocità nella produzione e nel consumo.
Già. Con il nuovo millennio, però, l'inversione di rotta sul tema fast food è arrivata proprio sul riesame del rapporto costi-benefici: solo nel 20001e spese sanitarie dovute ad alimentazione sbagliata sono state di 117 miliardi di dollari. Per questo alla fine anche il governo di George Bush, che ancora tre anni fa resisteva alle istanze dell'Organizzazione mondiale della sanità difendendo gli interessi dei gruppi alimentari legati storicamente all'area repubblicana, ha dovuto cedere.
Così nelle scuole sono state ritirate le macchinette con bevande gassate e nelle pagelle scolastiche si è introdotto, a beneficio dei genitori, oltre al voto il rapporto peso-età degli alunni. E il governo ha chiesto una limitazione del bombardamento pubblicitario in tv di prodotti alimentari rivolti principalmente al pubblico dei bambini.
È stata clamorosa la rottura per motivi salutar-commerciali tra McDonald's e Disney, che ha interrotto la co-sponsorizzazione, da un miliardo di dollari e cancellato le immagini dei suoi personaggi dalia confezioni di Nappy Meal. Nell'era che vede John Lasseter al controllo dei kolossal d'animazione Disney-Pixar, il nuovo gioiello digitale Ratatouille, cartoon che Variety definisce «dagli ingredienti perfetti» e che nel primo weekend in Usa ha incassato 47 milioni di dollari, è un cartone decisamente Slow Food. Già, perché Ratatouille (gioco di parole tra il nome del tradizionale piatto di verdure e la parola ratto) girato da Brad Bird (premio Oscar per Gli Incredibili) racconta di un topo francese che non ne vuole sapere del cibo avanzato che mangiano i suoi simili e vive nelle fogne sotto un famoso ristorante, dove però un cattivo usurpatore tradisce la cultura dello scomparso chef Gusteau.
In Ratatouille gli ambienti e i ritmi di lavoro sono quelli della cucina di un grande ristorante, perfino gli utensili sono riprodotti fedelmente. Un team della Pixar ha studiato nelle cucine francesi, ma si è affidata soprattutto allo chef franco-americano Thomas Keller. «Noi facciamo intrattenimento e non educazione» dice Lasseter. «Ma è vero che questo film potrebbe stimolare i bambini a sperimentare cibi diversi e più sani».
Da Il Venerdì di Repubblica, 13 Luglio 2007

di Arianna Finos, 13 Luglio 2007