Paranormal Activity

Film deludente e noioso, che copia l'idea di Blair Witch Project e riesce a banalizzarla e applicarla a una storia (storia?) debole e piena di buchi, alcuni davvero imbarazzanti. Mi dispiace molto leggere decine di recensioni che si concentrano sul budget basso, sugli attori pagati poco e sull'inesperienza del regista. Tutti questi elementi sarebbero rilevanti se questo fosse un film bello, spaventoso, intelligente o quantomeno innovativo. Invece ha successo in Italia solo perché ha avuto successo in America, dove a sua volta è andato bene grazie a un marketing molto furbo e all'endorsement di Steven Spielberg (Steven, che pacco che hai rifilato ai cinefili di tutto il mondo). Gli attori non sono male, immagino che parte della - comunque pochissima - tensione si perda nel doppiaggio, ma non bastano a rendere il film decente. La sceneggiatura è ripetitiva e banale, forse in cerca di realismo, visto che l'americano medio che vive nei sobborghi di San Diego non è particolarmente articolato. Ma di realismo si può anche morire (come di noia), e l'incapacità di affrontare la situazione dei 2 protagonisti Micah e Katie è quasi fastidiosa. [Spoiler Alert - da qui in poi parlerò della trama e del finale, chi non vuole rovinarsi la "sorpresa" non prosegua nella lettura] Un film dell'orrore si giudica anche sulla base della relazione: domande che si fa il pubblico/credibilità della soluzione adottata. Ovvero, il film deve dare delle risposte vagamente razionali a domande tipo "Perché apri quella porta? Perché non scappi dalla casa infestata? Perché attiri la collera del demone/presenza?". Questo film adotta delle soluzioni a queste domande che sono imbarazzanti, anche per qualcuno che si berrebbe ogni sorta di comportamento irrazionale pur di saltare sulla poltrona (cosa che, segnalo, NON SUCCEDE mai, se non nella scena finale). Ad esempio: ormai sappiamo che c’è una presenza: chiamiamo un sensitivo per aiutarci. Il sensitivo, sorpresa, non si occupa di demoni, ma solo di fantasmi "buoni" (l’obbligo di specializzarsi ormai colpisce tutti). Egli fornisce dunque il numero di un demonologo, che però non verrà chiamato se non più avanti, quando la coppia si sente in pericolo di morte. Il demonologo, sorpresa, è “fuori città” e non si sa quando torna. A quel punto, invece di cercare un altro demonologo in California o nel resto della ben collegata America, richiamano il sensitivo, che scappa via goffamente e senza aiutarli e gli suggerisce, di nuovo, di chiamare un demonologo. Ma questo è solo un esempio degli innumerevoli pezzi di storia buttati lì, in modo quasi casuale, e che il regista neanche tenta di portare a compimento (altri: i disegni sulla tavola; il sito internet che parla di un caso identico, apparso per magia e dimenticato subito dopo; la foto bruciacchiata; l’amica che viene a fare le collanine; la croce di legno che non si sa da dove appare ecc ecc). Ma la parte finale è veramente da lancio di pomodori: dopo un paio di “activities” (finalmente) rilevanti, Micah carica la macchina, tutto è pronto per scappare, il terrore (dovrebbe essere) alle stelle, e Katie con due parole blocca la partenza e dice che andrà tutto bene. Micah, che fino a quel momento non le ha mai dato retta su nulla, ferma tutto e si mette placidamente a dormire. Gli ultimi fotogrammi sembrano i video burla di YouTube in cui dopo un minuto di scene rilassanti (o effetti ottici) appare una facciona mostruosa che urla e fa saltare sulla sedia lo spettatore ignaro. Bù!