Non è un paese per vecchi |
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Un film di Ethan Coen, Joel Coen.
Con Tommy Lee Jones, Javier Bardem, Josh Brolin, Woody Harrelson, Kelly MacDonald.
continua»
Titolo originale No Country for Old Men.
Thriller,
durata 122 min.
- USA 2007.
- Universal Pictures
uscita venerdì 22 febbraio 2008.
MYMONETRO
Non è un paese per vecchi
valutazione media:
3,37
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'Antonioni fiammingodi catilinaFeedback: 1439 | altri commenti e recensioni di catilina |
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sabato 30 gennaio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il deserto e il suo silenzio ingombra da subito lo schermo di "No Country For Old Men". La voce vissuta dello sceriffo Bell accompagna le fotografie del Texas che scorrono sublimi. Sembra una mostra di Caspar David Friedrich in versione yankee. Il capolavoro dei Coen è un thriller multiforme, composto di tre storie che la trama lega fra loro. La fissità di pensiero e azione dei tre protagonisti rende vano ogni tentativo di contatto, che in fatti il beffardo montaggio alternato non mai realizzerà, se non via telefono ovvero tra morto e vivo. Llewelyn Moss è un operaio cui piace cacciare, e quando capita sul luogo di una strana resa dei conti fra narcotrafficanti, decide di intraprendere un viaggio disperato, che certo lo condurrà alla morte. L'occasione di Llewelyn non è di cambiare identità; sono due milioni di dollari, più un mitra e una pistola, e tanti chili di cocaina lasciati su la scena della strage. La voce di Ed Tom Bell quando fa da narratore, suona abbattuta, preannunzia la vanità di ogni sforzo che lo sceriffo compirà per attuare la legge o almeno per salvare Llewelyn. La volontà di far qualcosa per sentirsi uomo è quello stesso impulso che Michelangelo Antonioni aveva impresso al suo David Locke, e che i Coen riprendono dal regista italiano per creare quei desolati Llewelyn e Bell. Anton Chigurh condivide con gl'altri la disperazione di un personaggio che la trama non riesce a cambiare. E' diverso tuttavia, classico nel senso che è un folle. La sua è volontà di ammazzare, con ogni tecnica, fosse pure un'ingombrante bombola d'ossigeno collegata a una pistola da macello. Nel deserto texano che sconfina in Messico, la musica non serve, suonano già quanto basta i sussurri del silenzio. E quando la scena si sposta in luoghi civilizzati, sono sempre i rumori a risonare, a far degli oggetti un motivo poetico, particolari impressi su la pellicola con fiamminga cura. Per tutto ciò regge il pretesto poetico di un silente deserto che ha invaso l'animo di chi vorrebbe agire. In verità è la fissazione dell'immagine la cifra poetica della pellicola dei Coen. Se la storia e la trama hanno una verosimiglianza assicurata dalla tradizione filmica stessa, intere scene e personaggi si rivelano privi di senso. La più thrillante scena della pellicola è quella che si svolge nelle stanze del Regal Motel, dove Llewelyn, i messicani e Anton si trovano vicini. Quanto a rigore razionale la scena in questione è un monstrum cinematografico: è in realtà impossibile che le azioni si siano svolte in quel modo. Non diversamente Carson Wells è privo di storia, e la profonda conoscenza di Anton di cui va fiero, lo fa inciampare in misera fine, che poi non è chiaro come un tale sprovveduto possa vantarsi di conoscere a fondo il killer più pazzo della storia del cinema. La verosimiglianza poetica è dai Coen fatta a pezzi, e la continuità della storia è ricostruita per via dei particolari descritti e sentiti, e di un senso percepibile che non sia basato su la coerenza tra immagine e azione. Tutto funziona alla grande, dopo il totale cortocircuito di ogni meccanismo filmico. Sono sublimi fotografie, come le undici che aprono la scena, che si succedono ventiquattro al secondo per tutta la pellicola. E quell' auto che appare d'un tratto, e ti fa saltare sul divano, ti fa credere che è solo il solito deficiente che è passato col rosso. Ed è in vece molto di più, è il grande cinema dei giorni nostri.
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