L'amore ai tempi del colera

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Un film di Mike Newell. Con Javier Bardem, Giovanna Mezzogiorno, Benjamin Bratt, Catalina Sandino Moreno, Hector Elizondo.
continua»
Titolo originale Love in the Time of Cholera. Drammatico, durata 138 min. - USA 2007. - 01 Distribution uscita venerdì 21 dicembre 2007. MYMONETRO L'amore ai tempi del colera * * 1/2 - - valutazione media: 2,59 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Io Garcia Marques e l’Oscar che non voglio perché è roba da americani

di Silvia Bizio La Repubblica

Lo chiamano il Robert DeNiro di Spagna. E, come il dio americano, Javíer Bardem s'immerge a tal punto nei suoi ruoli da dimenticare se stesso. «Quando recito trovo la mia libertà espressiva nell'atto dell'abbandono: mi lascio possedere dal personaggio e ci vivo dentro» dice l'attore spagnolo, 38 anni, figlio d'arte, due volte candidato all'Oscar - nel 2000 per Prima che sia notte di Julian Schnabel e nel 2004 per Mare dentro di Alejandro Amenàbar.
Girando in Colombia L'amore ai tempi del colera, il film tratto dal romanzo di Gabriel Garcia Marquez in cui interpreta il romantico Fiorentino Ariza che fa la corte a Fermina Daza (Giovanna Mezzogiorno) per ben 53 anni prima di conquistarla, l'attore ha sperimentato più di una volta gli effetti della distrazione «estetica». «C'era una scena in cui camminando su e giù continuavo a dare testate a un ramo di pesco, tanto ero preso dal monologo interiore di Florentino» dice ridendo l'attore, che in questi giorni è a Los Angeles per il lancio tanto di L'amore ai tempi del colera che del thriller No Country for Old Men dei Fratelli Coen, in cui è un killer psicopatico, una figura sopra le righe, più un morto vivente che un essere umano. Non solo: ha da poco finito di girare a Barcellona il nuovo film di Woody Allen, Vickyna Bamelona, accanto alla sua collega Penelope Cruz (si vocifera anche di un flirt), insieme alla quale divenne famoso in Spagna con Prosciutto prosciutto di Bigas Luna (1992).
Parliamo innanzitutto di L'amore al tempi del colera. Com'è il suo Florentino?
«Un perseverante cronico. Femmina è sposata a un altro uomo, il benestante dottor Juvenal Urbino (Benjamin Bratt), ma Florentíno non demorde. In attesa che il suo sogno d'amore si realizzi, conquista oltre seicento donne. Ma lui non aspira solo al sesso, bensì a una sfera più alta di coscienza, come fosse alla ricerca di una dimensione divina. Florentino, a dispetto delle sue avventure, rimane in un certo senso vergine. Un conto è tradire, un altro è essere sleali. Questa è la parte più delicata della storia narrata da Garcia Marquez: Florentino è convinto di non aver mai ingannato Fermina, e a suo modo ha ragione».
Conosceva già il romanzo di Marquez?
«Lo lessi per la prima volta a 14 anni, incuriosito dal rapimento con cui mia sorella maggiore se l'era divorato. Ma poi ho riletto altre tre o quattro volte. E durante le Aprese dei film mi sono nuovamente sprofondato nella lettura. Marquez descrive Florentino nei minimi dettagli, quindi è stato facile capirne motivazioni, desideri, debolezze. Poi ho deciso che dovevo chiudere il libro e pensare solo al film».
E ne ha parlato con Màrquez?
«Solo per telefono. Mi ha detto che . vedeva Fiorentino come un cane randagio, uno che è stato bastonato troppe volte e intimorito dall'idea di prenderle di nuovo. Mi è sembrata un'immagine bellissima. Mi ha anche consigliato di non insistere nella fedeltà al suo libro, ma di prendermi tutte le libertà che volevo, anzi, di allontanarmi il più possibile dalla pagina scritta».
Forse perché sa bene quanto sia rischioso fare un film da un classico della letteratura...
«Concordo. Non ricordo un film all'altezza della sua fonte letteraria. È impossibile pareggiare i conti con un autore eccellente. Ma mi sono fidato del regista Mike Newell, che, pur rispettando il romanzo, si è inoltrato per sentieri originali».
Giovanna Mezzogiorno ha reso bene il personaggio della bella e sfuggente Fermina?
«Giovanna ha incarnato perfettamente il corpo e lo spirito di Fermina: è un'attrice, e una donna in genere, che emana un non so che di straordinario, qualcosa di misterioso e nascosto, con quella sua aria tra il fiero popolare e l'aristocratico. Fermina si nasconde dietro la sua peculiare bellezza, ha un seno piccolo, non manifesta travolgenti passioni, eppure attrae, con i suoi bellissimi occhi quieti e seducenti. Giovanna è stata una sorpresa: l'avevo vista solo in L'ultimo bacio».
Con No Country for Old Men lei è all'estremo opposto: interpreta un folle omicida. Cosa l'ha attratta in questo film?
«Da sempre sognavo di lavorare coi Coen. Tanti anni fa lo dissi alla mia agente e lei mi rise in faccia: i loro film sono tipicamente americani e quindi non adatti a un attore spagnolo. Quando Ethan e Joel hanno pensato a me per i ruolo dello "spettro" messicano al soldo del cartello della droga, si è avverato un sogno».
Come ha reagito quando l'hanno chiamata?
«Mi davo i pizzicotti perché non ci credevo. Ho letto il copione e ho pensato fosse folle, ma sono andato a New York per incontrarli. Quando li ho visti ho detto subito: non guido, non parlo bene inglese e odio la violenza, quindi non so se sono la persona giusta per questo film. E loro: è il motivo per cui ti vogliamo. Mi sono messo a ridere: voi siete due pazzi. Mi hanno risposto serissimi: per questo siamo i Coen!».
E si è sentito a suo agio nel ruolo del killer?
«Per niente. Ho interpretato un assassino solo una volta in un thriller in Spagna e non mi piace fare il "cattivo" nei film. In genere racconto uomini normali alle prese con problemi e conflitti, gente con grandi ambizioni e grande forza di volontà. Ma per i Coen avrei fatto di tutto. Anche un morto che parla. E ammazza».
Hollywood le fa la corte: si trasferirebbe a Los Angeles?
«Mai. Sono spagnolo fino in fondo e continuerò a vivere a casa mia. Vado dove mi portano i film che scelgo».
Quindi non le interessa diventare un divo hollywoodiano.
«Ho un unico desiderio: far bene il mio lavoro. Riguardo spesso i miei film, e sento che ho ancora parecchia strada da fare prima di potermi considerare un grande attore». Sogna un Oscar?
«In Spagna l'Oscar viene visto solo come una frivolissima sfilata di divi vestiti da pinguini e madamine scollate. E non intendo cambiare idea in proposito».
Da Il Venerdì di Repubblica, 14 dicembre 2007

di Silvia Bizio, 14 dicembre 2007

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