Io non sono qui

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Un film di Todd Haynes. Con Christian Bale, Cate Blanchett, Marcus Carl Franklin, Richard Gere, Heath Ledger.
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Titolo originale I'm Not There. Musicale, durata 135 min. - USA 2007. - Bim Distribuzione uscita venerdì 7 settembre 2007. MYMONETRO Io non sono qui * * * 1/2 - valutazione media: 3,64 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Un film-caos per Bob Dylan "Con lui risveglio l'America"

di Natalia Aspesi La Repubblica

"Io non sono qui" fa parte di quella categoria di film ammirevoli che hanno tutte le virtù per vincere un festival, per entusiasmare cinefili del tipo più visionario, e per far fuggire strepitando il pubblico definito normale, che pretende di sapere cosa stia mai succedendo sullo schermo, chi siano i personaggi che lo occupano, come cominci e come finisca la storia. Però il film risuona della musica e dei versi strepitosi di "Like a rolling stone", di "Mr. Tambourine man" e di qualche altra decina di canzoni di Bob Dylan, interpretate da lui o da altri. E si può quindi immaginare che i suoi giovani ammiratori non baderanno al sublime cinecaos che solo specialisti insieme musicali e filmici riusciranno a decifrare, e ancora più incantati resteranno gli attuali sessantenni che ai tempi di "The times they are a-changin" non solo avevano tanti capelli ma erano sicuri che una canzone sarebbe bastata a cambiare il mondo.
Todd Haynes è il regista raffinato di "Lontano dal paradiso" e di "Velvet Goldmine" ambientato nella Londra anni Settanta del glam rock, e resta oscura la ragione per cui abbia voluto raccontare un personaggio, Bob Dylan, che a 66 anni non smette il suo tour infinito di concerti e che, malgrado i documentari e le biografie a lui dedicati, continua a essere sconosciuto, non solo per la sua smania di segretezza (quante mogli, quanti figli, chi fu amante e chi no, mah!), ma anche per la sua abitudine a fornire sempre diverse versioni di sé.
Dice il regista: «La mia è una speranza: ricordando gli anni trionfali di Dylan, i Sessanta, con la guerra del Vietnam contro cui i giovani americani si opponevano, spero che si spezzi la rassegnazione attuale dell'era Bush, che si ritrovino i contenuti veri di una società libera, giusta e democratica». Ma perché Dylan? «Perché è la personificazione del pluralismo americano, con tutto il suo bagaglio di conflitti, trasgressioni e tradizioni».
Ambiguo, enigmatico, indecifrabile, affetto da personalità multipla? Detto fatto, Haynes ha evitato l'impossibile (anche dal punto di vista legale) biografia, e incasinando eventi, anni e canzoni, ha diviso Dylan (contentissimo, è il solo progetto su di lui che ha approvato) in sei personalità e quindi sei attori.
Dylan bambina che strimpella la sua chitarra è un negretto, ma non si chieda perché. Dylan poeta si fa rappresentare con una certa audacia da Arthur Rimbaud, Dylan cantante folk (Christian Bale) presta le sue canzoni alle marce per i diritti civili però elogiando in un discorso l'assassino di Jack Kennedy; spinto da una compagna, (Julianne Moore) si converte al cristianesimo, predica cantando poi ritorna all'ebraismo.
Dylan marito e padre indifferente (Heath Ledger) lascia sempre sola la moglie Charlotte Gainsbourg mentre infuria la guerra in Vietnam. Dylan rock star, è il '66, Haynes se lo ricorda così strano che lo fa interpretare da una donna, la geniale Cate Blanchett, cui gli spiritosi vorrebbero fosse assegnato o il premio per la miglior interpretazione maschile o un nuovissimo premio bisex. Dylan attore e compositore ("Knockin'on heaven's door"), in "Pat Garrett e Billy the Kid" di Sam Peckinpah, e a sacrificarsi, conciatissimo nei ruolo del vecchio Billy, è Richard Gere.
Ultime parole di Dylan-the Kid, per dare un senso all'ardito, spettacolare nonsense: «Posso cambiare nell'arco di una stessa giornata. Quando mi sveglio sono una persona e quando vado a dormire so con certezza di essere qualcun'altro. Per la maggior parte del tempo non so chi sono». Figuriamoci noi sperduti spettatori.
Da La Repubblica, 5 settembre 2007

di Natalia Aspesi, 5 settembre 2007

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