Rischio tutto nella vita e nel mio night (dove si spogliano Asia e Stefania...)
di Federica Lamberti Zanardi Il Venerdì di Repubblica
L'attore americano famoso per i suoi ruoli forti, è il protagonista di «Go Go Tales» di Abel Ferrara. Nel film è un proprietario di un locale notturno la Argento e la Rocca fanno lo streaptease...
Ray Ruby, il mio personaggio in Go Go Tales è un sognatore. Ed è come io vedo Abel Ferrara. Lo conosco da tanti anni e questo mi sembra il suo film più personale». Willen Defoe ha un sorriso largo e caldo, che contrasta con gli scrosci di pioggia del temporale estivo che sta affogando Roma. Sulla veranda delI'albergo vicino alla stazione Termini dove lo abbiamo incontrato, l'attore americano, 52 anni. parla del suo rapporto con uno dei registi più eccentrici del momento, dei tanti film che hanno girato e di come la sua vita sia cambiato da quando, tre anni fa, ha sposato la giovane regista italiana Gianna Colagrande, con la quale si divide tra Roma e New York.
Con quel suo viso tagliato con l'accetta cui, secondo molti, deve la sua fortuna, ha incarnato il male assoluto (Il Gobin di Spider-Man e il bene assoluto (il Gesù di L'ultima tentazione di Cristo, di Martin Scorsese). In Go Go Tales, invece, ha il sorriso beffardo deI giocatore d'azzardo, di un funambolo della della vita che, con mille espedienti, salva tuti dal disastro: se stesso le sue ballerine, il suo night. Una commedia irreverente, quella di Abel Ferrara, girata a Cinecittà dove è stata ricostruita New York con molti attori italiani: Stefania Rocca, Asia Argento, Riccardo Scamarcio. Una corsa contro il tempo che si svolge in una sola notte, all'interno del club Paradise: spoglierallisre che vogliono scioperare perché non vengono pagate, il locale che riceve lo sfratto, un biglietto della lotteria (vincente) andato perduto.
Abel Ferrara, parlando del protagonista del film, ha detto che è un uomo che combatte contro tutto e tutti. Anche lei, Dafoe, è un «uomo contro»? «No, nella mia vita sono stato troppo fortunato per dire che ho dovuto lottare contro il mondo. Certo, a volte mi arrabbio, ma spazientirmi mi serve come molla per realizzare ciò che voglio». Però, per raggiungere il successo nel teatro e nel cinema, deve aver un po' combattuto: viene da una famiglia numerosa (otto figli) della provincia americana, dove nessuno lavorava nello spettacolo.
«Non mi è sembrato difficile, sa. Ma più qualcosa è complicato da ottenere, più ne apprezzo il risultato. Sono un combattente e un ottimista».
Lei ha detto che il personaggio di Go Go Tales è un sognatore che somiglia a Ferrara.
«Abel è un uomo totalmente egoista e assolutamente generoso. Ogni volta che vuole fare un film, deve cominciare tutto da capo: cercare i produttori, i soldi, qualcuno che gli dia fiducia. E per fare questo si spende senza sosta come, appunto, Ray Ruby, che fa qualsiasi cosa per salvare il suo locale».
È vero che la scena dove Asia Argento bacia in bocca un rottweiler è stata improvvisata sul momento?
«La maggior parte delle scene di questo film sono state inventate giorno per giorno. La sceneggiatura non è mai stata rispettata. Abel ci lasciava molto liberi di creare».
Lei ha lavorato con grandi registi come Scorsese, Cimino, Minghella, Sam Raimi. Qual è stato il ruolo più difficile?
«I ruoli che sullo schermo, a film ultimato, sembrano i più difficili, non sempre lo sono. Tutto dipende dal rapporto che instauri con il regista Se sono troppo rilassato, non rendo bene. Mi sento più sicuro con registi e in ruoli complicati. Quando le domande sono chiare e forti, do il meglio di me. Un personaggio come quello di L'ultima tentazione di Cristo, ad esempio, è stata una sfida, ma mi è sembrato facilissimo».
Non c'è mai stata una volta in cui, rivedendosi sullo schermo, ha pensato «potevo fare meglio»?
«Sempre e mai. Ho imparato che un personaggio ha una vita propria e ogni spettatore lo "interpreta" a modo suo. Quello che a me può sembrare orrendo per altri è fantastico. Mi affido al pubblico e guardo avanti. Non mi fisso sugli errori».
Nemmeno su quelli della vita?
«Nemmeno. Nella vita si cambia e bisogna accettarlo. Vede, io e mia moglie Giada viviamo fra Roma e New York, ma io sono più felice e spensierato quando sono qui in Italia. E sa perché?».
No, dica.
«Qui vivo giorno per giorno, momento per momento. Non sento in ogni luogo il peso della memoria. A New York mi sento meno libero perché ci sono più ricordi, più fantasmi».
Perché c'è la sua ex moglie, Elizabeth LeCompte, la regista teatrale dalla quale ha avuto il suo unico figlio?
«Adoro mio figlio. Ma con Elizabeth non eravamo sposati».
Be', è lo stesso, no?
«No. C'è una differenza».
Quale?
«Non lo so con precisione, ma c'è. Con Giada ho sentito il bisogno di sposarmi, prima non lo avvertivo. Così è socialmente più chiara la natura del mio rapporto sentimentale. E quando le cose sono chiare, vivo meglio».
Forse prima non aveva bisogno di chiarezza.
«Gliel'ho detto: si cambia»
Anche a cinquant'anni? Anche in amore?
Sì, ma bisogna incontrare la persona speciale che ti rende consapevole del cambiamento. Non stavo cercando Giada. Mi è "successa"».
Un colpo di fulmine?
«Qualcosa di simile. Ci siamo incontrati quando sono andato a vedere il suo primo film, ci siamo piaciuti e abbiamo mescolato le nostre vite e le nostre culture. È un processo ancora in corso».
A proposito dell'Italia, cosa pensa del nostro Paese?
«Mi piace molto, ma sto ancora scoprendo molte cose e non saprei dare un giudizio. Per esempio, la vostra politica...».
Prego...
«Non ci capisco niente».
Nemmeno noi italiani, se è per questo.
«Spesso leggo i giornali per imparare un po' l'italiano, ma le prime sei pagine di politica le salto. Troppo complicato. Devo dire che noi americani siamo rimasti stupiti che abbiate rieletto Silvio Berlusconi».
E, invece, delle prossime elezioni americane cosa pensa?
È importante interrompere il dominio dei repubblicani e far vincere un democratico».
Chi preferiva fra Obama e Hillary?
«Obama è più carismatico e ha fatto una campagna elettorale bellissima. Hillary è stata molto combattiva. Ma, forse è andata bene così: in America è più facile che venga eletto un nero che una donna».
Da Il Venerdì di Repubblica, 13 giugno 2008
di Federica Lamberti Zanardi, 13 giugno 2008