Giuseppe Moscati

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Un film di Giacomo Campiotti. Con Beppe Fiorello, Ettore Bassi, Kasia Smutniak, Emanuela Grimalda, Antonella Stefanucci.
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Formato Serie TV, Drammatico, , numero episodi: 2. - Italia 2007. MYMONETRO Giuseppe Moscati * * * 1/2 - valutazione media: 3,71 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

"O morte, sarò la tua morte" Valutazione 4 stelle su cinque

di RONGIU


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sabato 2 ottobre 2010

Sono del parere che nessun film biografico, o come si dice in gergo bio-pic, per quanto perfetto nella tecnica, nei contenuti e nell’estetica, può raccontare l’intera vita di una persona senza lasciare “vuoti biografici” più o meno importanti. Questo limite, diventa un punto di forza, se regista ed entourage, incuriosiscono lo spettatore, “condizionandolo” al punto tale che lo stesso, non pago ed affamato di notizie,  pone in essere “strategie informative alternative”. Mi permetto di aggiungere che, se questo avviene, anche in un solo spettatore, l’obiettivo è raggiunto. Il bio-pic,è allora, da considerarsi accettabile, adeguato, appagante, positivo, completo, convincente, soddisfacene e così via.  
In una gara cronometrica, unico e supremo giudice oggettivo è il “cronometro”. Il tempo, da esso misurato, è incontestabile.
Nella valutazione di un film, invece, la “diadepubblico/critica non ha valore oggettivo.
Se poi considero il cinema, come strumento di crescita della persona. Mi trovo di fronte a qualche cosa di veramente complesso.
La comunicazione cinematografica, per essere tale ha bisogno: di una persona che con il suo lavoro, la sua opera, vuole comunicare qualche cosa, e di una persona che questa opera, ha voglia di vederla, di ascoltarla e forse di farla propria.
Questa “diade” comunicativa cinematografica per essere utilizzata come strumento di crescita, deve trasmettere un messaggio che all’ascoltatore deve giungere in modo chiaro, raccontandogli verità storicamente esatte.
Il pedagogista Campiotti, regista del film sulla vita di Moscati, ci propone una trama non  esaustiva e, per la verità, non ha tale iniziale pretesa. E’ riuscito, però, a far scattare, nel non appagato fruitore, in questo caso io, la voglia di “interferire” nella sua strategia comunicativa.
In che modo? “Proponendo”, una piccola ma approfondita appendice, composta da documenti certi e sceneggiatura autografa,(scritti del Moscati). In tal modo, la diade comunicativa cinematografica sarà perfetta ed esente da patologie.
La figura di questo illustre medico, laico, merita maggiore spessore. Il suo lavoro è stato composito ed estenuante. Nelle sue funzioni di Maestro, clinico, anatomopatologo, ricercatore, collaboratore per riviste scientifiche, consigliere, cittadino attivo contro qualsiasi tipo di ingiustizia sociale, benefattore,…  non ha mai badato al  TEMPO.
Dicevo poc’anzi che il centometrista ha il  “cronometro” come unico e supremo giudice oggettivo. Il tempo, da esso misurato, è incontestabile. Il “cronometro” del prof. Moscati è indiscutibilmente “L’UOMO”. L’uomo, con le sue sofferenze, con i suoi “DUBBI”, è per il Moscati il cronometro della sua professionalità, dell’abnegazione, dell’AMORE. Scienza è fede hanno trovato nel Moscati la massima espressività. Procediamo con calma.
 

  • Moscati studente liceale.
Tra i tanti illustri alunni del "Vittorio Emanuele II", si ricordano: Salvatore Di Giacomo poeta, Nicola Zingarelli filologo, Giovanni Porzio grande avvocato e uomo politico, Francesco D'Ovidio critico e filologo, Antonino Anile, anatomista e scrittore.
Giuseppe Moscati studia in questo liceo per otto anni, dalla prima ginnasiale alla terza liceale, dall'anno scolastico 1889-90 al 1896-97, anno in cui consegue la licenza liceale con i più brillanti successi.
Ne fa fede l'estratto dai registri generali, compilato dal preside Mario Guetta, anch'egli ex-alunno del glorioso liceo. Da esso apprendiamo che, nell'anno scolastico 1896-97, l'alunno Giuseppe Moscati supera gli esami di maturità con i seguenti voti:
Italiano scritto: 8, orale 10;
Latino   scritto: 8, orale 10;
Greco:   scritto 9, orale 10;
Matematica:   8;
Filosofia:        9;
Fisica e Chimica: 9;
Storia naturale:     9.
Seguono le firme leggibili dei professori: Caroselli, Brambilla, Mercalli. Si tratta di professori di valore e di gran severità: Mercalli, il famoso vulcanologo, Caroselli insigne cultore di lettere classiche.
  • L’impegno ospedaliero.
I successi in ospedale non dovevano riguardare la sua persona, ma unicamente gli ammalati, per i quali egli si impegnava e lavorava. E' questo il senso di una lettera del 26 luglio 1919, indirizzata al Senatore G. D'Andrea, Presidente degli Ospedali Riuniti di Napoli.
"Da ragazzo guardavo con interesse all'Ospedale degli Incurabili, che mio padre mi additava da lontano dalla terrazza di casa, ispirandomi sentimenti di pietà per il dolore senza nome, lenito in quelle mura. Un salutare smarrimento mi prendeva e cominciavo a pensare alla caducità di tutte le cose, e le illusioni passavano, come cadevano i fiori degli aranceti che mi circondavano. Allora compreso tutto negli iniziati studi letterari, non sospettavo e non sognavo che, un giorno, in quell'edificio bianco, alle cui vetrate si distinguevano appena, come bianchi fantasmi, gli infermi ospitati, io avrei ricoperto il supremo grado clinico." Procurerò, con l'aiuto di Dio, con le mie minime forze, di corrispondere alla fiducia in me riposta, e di collaborare alla ricostruzione economica dei vecchi ospedali napoletani, tanto benemeriti della carità e della cultura, ed oggi tanto miseri."
 
 Da una lettera al Dottor Onofrio Nastri di Amalfi (SA)-8 marzo 1925:
"Il medico si trova poi in una posizione di privilegio, perchè si trova tanto spesso a cospetto di anime che, malgrado i loro passati errori, stanno lì lì per capitolare e far ritorno ai principii ereditati dagli avi, stanno lì ansiose di trovare un conforto, assillate dal dolore. Beato quel medico che sa comprendere il mistero di questi cuori e infiammarli di nuovo".
 
  • 10 febbraio 1924 Gentile Giovanni impedisce l’insegnamento negli ospedali.
Quando il 10 febbraio 1924 Giovanni Gentile emanò il decreto che clinicizzava gli ospedali impedendovi l’insegnamento libero, Moscati espose in una vibrante protesta gl’inconvenienti di tale disposizione, che avrebbe solo creato “un’oligarchia clinica ufficiale, a cui dovrebbe inchinarsi il pensiero medico di una serie di generazioni”. Ribadì tra l’altro: “Ora il decreto governativo sulla clinicizzazione degli ospedali, trattando Napoli alla stessa stregua di altre città, cittaduzze minori, ordinando che i professori ufficiali di clinica invadano gli ospedali, scacciandone il personale medico, autonomo, reclutato per concorso, spegne la scuola fiorente, libera (quella che rese possibile la formazione di D. Cotugno, del Claretti, di Antonio Cardarelli e altri più antichi e più recenti), e monopolizza nei soli professori ufficiali la palestra clinica. E’ lo stesso che chiudere tutte le biblioteche agli studiosi, tranne che ai professori del carisma dell’ufficialità”.
 
  • L’insegnamento per Giuseppe Moscati
Da una lettera del Prof. Moscati al Prof. Francesco Pentimalli:

"Ho creduto che tutti i giovani meritevoli, avviatisi [...] alla via della medicina nobilissima, avessero il diritto a perfezionarsi, leggendo in un libro che non fu stampato in caratteri neri su bianco, ma che ha per copertura i letti ospedalieri e le sale di laboratorio, e per contenuto la dolorante carne degli uomini e il materiale scientifico, libro che deve esser letto con infinito amore e grande sacrificio per il prossimo. Ho pensato che fosse debito di coscienza istruire i giovani, aborrendo dall'andazzo di tenere misteriosa gelosamente il frutto della propria esperienza, ma rivelarlo a loro".
 
  • Giuseppe Moscati contro il nepotismo, l’indifferenza e l’egoismo dei sacerdoti della scienza.
Un'altra considerazione su questo tema dei rapporti tra scienza e fede è contenuta in una lettera al Dott. Antonio Guerricchio, di Matera, datata 22 luglio 1922:

"Mio caro Guerricchio, ho molto meditato sulla vostra carissima lettera. Mi sono sentito impari alla vostra gratitudine e ai vostri elogi. Ma soprattutto ho il mio passato; e di quanti giovani mi sono ricordato, promettenti, pieni di spirito di sacrificio e di virtù, pervasi da giusto entusiasmo, e che son dovuti arrivare dispersi, sopraffatti dal nepotismo, dalla indifferenza, dall'egoismo dei sacerdoti della scienza! [...]
 
  • Scienza e fede in Giuseppe Moscati.
Ma certamente non sarà così di voi[...]
Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo, in alcuni periodi; e solo pochissimi uomini son passati alla storia per la scienza; ma tutti potranno rimanere imperituri, simbolo dell'eternità della vita, in cui la morte non è che una tappa, una metamorfosi per un più alto ascenso, se si dedicheranno al bene. Io ho sempre vivo nel cuore il rammarico di sapervi lontano; e solo mi conforta che abbiate conservato in voi qualche cosa di me; non perché valga nulla, ma per quel contenuto spirituale, che mi sforzai di trattenere e diffondere intorno: compito sublime, ma tanto irragiungibile con le mie povere forze.
Io vi tengo presente, siatene sicuro..."  Vi bacio in Cristo! Vostro aff.mo Giuseppe Moscati

  • Giuseppe Moscati e le ingiustizie sociali
"Ama la verità, mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala, e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nei sacrificio".
 
  • Giuseppe Moscati e la malattia mortale di Enrico Caruso
C’è un sottile intreccio che lega il Santo alla morte di Enrico Caruso. Forse non tutti i Lettori sanno che, nell’ultima fase della vita, dopo varie e infruttuose peripezie mediche in America ed in Italia, egli consultò all’ultimo momento il Prof. Moscati, che ne diagnosticò esattamente la malattia, ormai troppo avanzata per poterlo strappare alla morte. Questa vicenda, che tanto interessò l’opinione pubblica e la stampa dell’epoca, fu rievocata trentacinque anni dopo dal Prof. Enrico Polichetti, allievo di Moscati al tempo in cui si svolsero i fatti, in una conferenza tenuta all’Istituto Armanni dell’Ospedale Incurabili di Napoli e pubblicata subito dopo con il titolo: Giuseppe Moscati e la malattia mortale di Enrico Caruso nella Riforma Medica, 70 (1956), pp. 485-491, la rivista di cui Moscati era stato per molti anni redattore. Riproduciamo integralmente questo testo sapendo di fare cosa gradita ai nostri Lettori, e non solo a quelli esperti in medicina: i particolari tecnici, infatti sono inseriti in una rievocazione che tratteggia, con ampiezza e commossa partecipazione, la personalità geniale del grande Maestro da parte di un allievo che l’aveva conosciuto ed ammirato da vicino”.  
 
Quale Suo allievo mi consta quindi che il Prof. Giuseppe Moscati alla fine di luglio 1921, aveva visitato a Sorrento nell’Albergo Tramontano, per la prima volta, Enrico Caruso – già operato in America di pleurite purulenta senza guarire – e fatta diagnosi di ascesso subfrenico, rimasto indiagnosticato fino a quel momento, confermandolo con l’estrazione di pus mediante la puntura nello spazio sotto-diaframmatico. Ma Egli trovò ’infermo profondamente decaduto ed in uno stato settico enerale preoccupante, perciò poco o nulla si poteva più fare. Difatti Caruso iniziato il viaggio da Sorrento, il 1° agosto, aggravatosi, in attesa di trasferirsi a Roma, si fermò a Napoli, morendovi la mattina del 2 agosto 1921 nell’Albergo Vesuvio in Via Partenope. Tutto ciò aveva subito raccontato a noi discepoli il Maestro stesso, e nelle lezioni sull’argomento, negli anni successivi, talvolta ne faceva cenno a scopo di insegnamento!
Del resto il fatto, divenuto di dominio pubblico in città, a Napoli, era sulla bocca di tutti in Italia e all’Estero, anche oltre Oceano, data la notorietà del cantante e le accuse ai medici, principalmente stranieri. Conversandone con uno dei più distinti nostri anatomopatologi, in cattedra a Padova (il Prof. Mario Raso),a quel tempo in Brasile, quegli mi riferiva che pure colà si era tanto parlato della inattesa morte di Caruso e della brillante esatta diagnosi del Moscati, consultato troppo tardi, come aveva pure sentito confermare dal Prof. E. Berger, quando a Napoli ne aveva seguito il corso di Semeiotica Medica. Me ne hanno dato ora, fra gli altri condiscepoli, nuova autorevole testimonianza anche gli egregi colleghi Prof. Dott. Vincenzo Tramontano, Direttore dell’Istituto di Anatomia e Istologia Patologica degli Ospedali Riuniti di Napoli ed il Prof. Dott. Raffaele Piazza, Direttore del Consorzio Antitubercolare di Salerno, che io qui ringrazio pubblicamente. Anzi il Prof. Tramontano, a titolo di cronaca, mi ricordava perfino la modestia dell’onorario percepito dal Maestro, per il famoso consulto, per la puntura esploratrice, la spesa del viaggio a Sorrento e la visita successiva a Napoli, in complessive lire duemila. Non esiste quindi dubbio alcuno che Enrico Caruso sia morto di un ascesso subfrenico complicato da una pleurite purulenta, già operata in America, da uno stato settico generale e da conseguenti inevitabili degenerazioni amiloidi epatocardiorenali, dopo nove mesi di suppurazioni e di inutili cure. La precisione della diagnosi – dopo tante incertezze altrui – della localizzazione della raccolta,  della prognosi fatale, con l’indicazione, a solo scopo di tentativo per le condizioni decadute e la sepsi generalizzata, di un intervento chirurgico necessario, che non fu potuto eseguire, accrebbero vieppiù la popolarità e la reputazione, delle quali già godeva unanimemente il Moscati. Nell’ambiente ospedaliero, alla Sua Scuola uno dei capitoli meglio illustrati era l’ascesso  subfrenico – chè fra gli altri Suoi argomenti preferiti erano le pancreatiti emorragiche, l’ascesso gangrena del polmone, il cancro dello stomaco all’inizio, gli itteri, le cirrosi epatiche, le epatiti, il morbo di Banti, le malattie del sangue, del cuore e dei vasi etc. – di cui presentava almeno un caso all’anno, proveniente il più delle volte, dalla Sua varia clientela privata.
 
  • L’Anatomia patologica di S. Giuseppe Moscati
Il recente ritrovamento di un registro delle autopsie eseguite da Moscati nel 1926-1927 presso l’Ospedale degli Incurabili ripropone alla nostra attenzione un aspetto ancora poco noto della sua complessa personalità umana e professionale. Dai dati desumibili dal registro delle autopsie, dalle testimonianze dirette e indirette dei suoi allievi e dagli stessi suoi scritti emerge in maniera evidente la concezione che Moscati aveva della Anatomia Patologica e della pratica autoptica come strumento di verifica, ricerca ed educazione professionale. La sua preparazione e abilità professionale in tale campo erano note a tutti i suoi allievi, tra cui il prof. Castronuovo che diceva di Lui: “improvvisandosi settore, divenne subito perfetto anche in questa importantissima branca”, mentre il prof. Quagliariello lo definiva “un vero maestro dell’esercizio delle autopsie”. La pratica autoptica era per Lui una continua scuola di umiltà, da cui sapeva trarre motivi di correzione e di perfezionamento, ben consapevole che nella medicina, “è possibile l’errore”, per cui avvertiva come indispensabile una verifica del suo stesso operato, tanto che diceva: “Ho l’abitudine di continui controlli: autopsie, biopsie…”.La sua umiltà lo portava a non ostentare un sia pur legittimo orgoglio quando, molto spesso, si verificava che il tavolo anatomico veniva a confermare una sua brillante intuizione diagnostica. In tal caso, attribuiva il merito alla fortuna: “Ho avuto la più folta scuola di clinica: l’ho consolidata con autopsie fortunate… le quali hanno confermato le diagnosi poste in iscuola”. L’autopsia rivestiva per Moscati anche un secondo significato come strumento insostituibile di formazione professionale per i medici ovvero, come diceva, la dimostrazione “migliore e tangibile che si potesse dare agli allievi per la loro istruzione professionale”. La pratica autoptica contribuì probabilmente ad accrescere il suo intuito diagnostico e a potenziare quella sua straordinaria capacità di pervenire ad una precisa configurazione fisica della malattia che, talora, Egli rappresentava con un disegno affinché l’ammalato comprendesse chiaramente la natura del suo male. Anche nei verbali di autopsia, si ritrovano talora disegni sulle principali lesioni riscontrate. L’anatomia Patologica era per Moscati anche il fondamento della clinica e della ricerca scientifica medica. Le sue pubblicazioni e i suoi studi inediti risentono certamente della esperienza autoptica sia nei temi scelti che nell’impostazione metodologica. Ma l’attività autoptica assumeva per Moscati anche un ulteriore significato del tutto peculiare. Nella sala settoria, infatti, sapeva trovare preziose occasioni apostoliche, per invitare i suoi allievi e i medici presenti a meditare sulla caducità delle cose umane in rapporto agli eterni valori dello Spirito. Questo modo di intendere l’anatomia patologica che si proietta in una visione dinamica, sia per quel che riguarda la patologia organica sia per la continua tensione verso il trascendente, è l’espressione più autentica del clinico Giuseppe Moscati, uomo di fede e di scienza. Il Prof. Raffaele Rossiello ha colto in pieno tale aspetto ripercorrendo un cammino, che anziché partire da episodi di vita del grande clinico santo, è iniziato dalla fredda ed arida lettura dei verbali autoptici stilati dal Moscati nell’esercizio della sua attività sanitaria. Il grande merito del Rossiello, a mio avviso, sta proprio in una lettura comparata che egli ha fatto delle descrizioni autoptiche con la vita e le opinioni dei colleghi che hanno conosciuto ed ammirato l’opera di Giuseppe Moscati. Quando pregai il collega Rossiello di considerare la possibilità di trascrivere e commentare i verbali autoptici, che avevo ottenuto dalla cortesia del collega Renato Guerrieri, ero convinto di aver affidato il materiale ad una persona che alla competenza in anatomia patologica accoppiava una notevole spiritualità. Pensavo in verità che il lavoro del collega Rossiello potesse mettere in luce aspetti particolari di questa attività aggiuntiva del Moscati il quale svolgeva
comunque come attività preminente quella di Primario medico. Non nascondo la mia sorpresa quando, invece potetti leggere il manoscritto del Rossiello nel quale rilevai che i commenti ai verbali si intrecciavano con episodi di vita, con frasi dell’epistolario, e con i giudizi di coloro i quali avevano conosciuto il Moscati. Dal lavoro del Rossiello ne è derivato quasi un aspetto inedito della vita del Maestro e del Santo che non parte più “dalla carne sofferente dell’uomo” ma dalla carne in via di decomposizione che però è in attesa della Resurrezione. Non credo di illudermi nel pensare che il collega Rossiello, come è già altre volte successo a me, è stato captato dalla personalità di Moscati e quindi, al di là delle intenzioni iniziali, si è fatto prendere la mano per scoprire i sempre nuovi risvolti umani e spirituali che si ricavano dalla lettura della sua vita e dei suoi manoscritti. Il collega Rossiello ha saputo leggere al di là dello scritto e tutto ciò è potuto avvenire perché in lui si è attuato quel tale connubio scienza-fede che con tanta forza Giuseppe Moscati andava sostenendo in un’epoca nella quale peraltro dominava la presunzione della religione della scienza. Il grazie a Rossiello non glielo dirò io ma lo stesso Moscati che a distanza di tanti anni dalla morte potrà bene affermare che la fede, quella vera, che non conosce finzioni, vincerà il mondo e che è quanto mai attuale la frase da lui fatta scolpire ai piedi della Croce della sala settoria dell’ospedale degli Incurabili di Napoli: “Ero mors tua o mors”.  Il Prof. Moscati ebbe l'idea di far collocare su di una parete della Sala, ma in alto, come a dominare tutto l'ambiente, un Crocifisso con un'iscrizione che non poteva essere più felice: "Ero mors tua, o mors." ("O morte, sarò la tua morte"), citazione del profeta Osea (Os 13,14). Le autopsie per Moscati erano lezioni di vita.

Chiedo scusa ai lettori se mi sono dilungato. Il lavoro dell'intero cast e queste piccole annotazioni consetono , mi auguro, una ricostruzione più fedele della vita di questo medico laico e Santo.

Good Ciak! 


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