ANGEL
Angel – La vita, il romanzo, recita nelle nostre sale il titolo della più recente fatica di François Ozon. Forse eccessivamente didascalico, ma azzeccato, anche perché si possono rimescolare quei termini a dare un differente senso compiuto - “il romanzo della vita” –, cosa del tutto lecita e alla quale, anzi, lo svolgimento del film spinge naturalmente. Una vita romanzata, quella di Angel Deverell, l’esistenza di una scrittrice inglese filtrata nel romanzo, rappresentata nel romanzo. Un processo identitario in cui sogno, mitomania e autobiografismo si avvinghiano e si confondono. La scrittrice Elisabeth Taylor (1912 – 1975) inventa il personaggio della scrittrice Angel Deverell, da lei situata agl’inizi del ‘900, pare ispirandosi alla figura realmente esistita della scrittrice Marie Corelli (1855 – 1924).
Siamo in piena temperie tardo-romantica e i dati anagrafici ora riportati suffragano la plausibilità che la Taylor si sia servita della Corelli come modello della sua eroina. I tempi del film e quelli del romanzo da cui esso trae le mosse sono, però, lievemente sfasati rispetto ai tempi della Storia e ciò favorirà l’esito negativo della vicenda della protagonista. Infatti, vediamo la Deverell, ragazzina petulante e studentessa priva di ogni interesse per la scuola, proiettata nei primi anni del secolo scorso. L’improvviso e rapido rovescio di fortuna che le consentirà di realizzare il suo sogno, quello di plasmare la sua vita tramite la scrittura, si scontrerà con i troppo prossimi rivolgimenti civili e culturali che bruceranno il suo vagare allucinato e inconsistente.
Abbiamo ritrovato in Angel, ancora una volta, la fresca inventiva di Ozon, che riesce quasi sempre a stupire per la varietà con cui sa porsi dietro alla cinepresa e dentro ai soggetti delle sue storie. Siamo stati piacevolmente spiazzati più dall’inizio del film che non dal suo epilogo, segnato ed inevitabile per le ragioni di cui sopra. È sorprendente l’emozione che sa trasmettere la protagonista, in cui esplode in maniera vivida la gioia della creatività. Angel è nata per scrivere e la sua esistenza viene declamata sui passi della sua scrittura. Poco importa che, con ogni probabilità, la sua non sia letteratura di prim’ordine. Non c’è uno status o un dramma attorno ai quali l’autrice scavi trincee o innalzi baluardi insuperabili. Al contrario, si tocca con mano il riversarsi all’esterno dell’esultanza di un sogno che, paradossalmente, isola e differenzia Angel dagli altri, i quali, però, rimangono abbagliati dalla sua felicità e ne restano avvinti.
Quando la scrittrice, al culmine della sua celebrità, incontra Esmé, pittore bohèmien, oscuro e già proiettato verso i dettami dell’Espressionismo, ha inizio la sua parabola discendente. La sua sfrontata gioia di vivere non regge a quell’impatto, così come la complessità esistenziale dell’uomo paga un conto amaro all’estraneità da cui è circondato.
Siamo anche negli anni della Grande guerra e abbiamo letto in questa vicenda un possibile valore allegorico sul trapasso da un' epoca storica ad un’altra.
Segnaliamo l’ottima prova di Romola Garai nella parte di Angel.
Enzo Vignoli
16 ottobre 2007.
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