30 giorni di buio è un film che prende spunto da un fumetto, come accade sempre più frequentemente nelle produzioni Usa. Si tratta dell’eterna lotta fra umani e vampiri, tema assai di moda negli ultimi anni.
Tutto accade a Barrow, Alaska, cittadina agli estremi limiti del mondo. Così agli estremi che ogni anno per un mese nemmeno il sole si fa vedere.
Ed è proprio mentre gli abitanti del luogo si accingono ad affrontare per l’ennesima volta questo fenomeno naturale che incominciano ad accadere fatti inquietanti. Il peggio deve ancora venire come preannuncia uno straniero appena giunto in città che altri non è se non la versione moderna del Renfield di Stoker. Naturalmente il peggio arriva presto sottoforma di vampiri anch’essi modernizzati ma che dei loro precursori cinematografici conservano l’immortalità, la forza invincibile, l’insaziabile appetito per le carni umane fresche e la vulnerabilità alla luce diurna.
Fra abitanti e invasori è lo scontro e questi ultimi faranno una strage dando poi la caccia ai pochi ultimi, tenaci e immancabili superstiti. Ognuno dei due gruppi ha un leader che li guida e nel primo troviamo tutto il campionario di materiale umano già protagonista delle più svariate pellicole. C’è il bel tenebroso che si sacrifica per gli altri, la bellona coraggiosa, il codardo, il reietto che si riprende il posto in società difendendo la patria, il giovane che si scopre adulto e pronto alla battaglia come un novello Telemaco. C’è la coppia scoppiata che nell’emergenza riscopre i sentimenti, c’è l’amore filiale di chi si espone al rischio supremo per il padre e chi, infettato dai vampiri, sceglie la fine dicendo di non poter vivere in eterno poiché così non rivedrebbe più i suoi cari estinti. Non manca chi è l’opposto di quello sembra, una bimba che dovrebbe essere indifesa ed invece è un mostro feroce.
Dall’altra parte i vampiri non hanno i nostri difetti e si muovono compatti e senza alcun errore come una perfetta macchina bellica. Parlano poco e in una lingua loro ma con quel poco comunicano che per secoli ci hanno imbrogliati facendoci credere di non esistere, citazione diabolica. Sostengono che non ci sia un Dio e non sopportano l’imperfezione infatti tutto ciò che può essere rotto deve essere rotto e tanto vale sia per gli uomini che per loro stessi se del caso.
Un tempo i vampiri si fermavano con un paletto nel cuore, sede dell’anima e dei sentimenti, o con un proiettile di nobile argento per i più fortunati. Qui invece si uccidono con una accetta tagliandogli la testa, sede del pensiero. Il male non viene più solo da anime corrotte o malate ma si è trasferito dal cuore al cervello e viene applicato scientemente e consapevolmente, è autocosciente di sé. E’ quindi peggiore del passato e per essere eliminato non basta più il paletto di frassino che rappresenta un rituale, una regola, una legge come lo sono le punizioni degli uomini per chi trasgredisce. A male peggiore peggior rimedio, bisogna adeguarsi ed inserire nel proprio codice la brutalità dell’accetta e della mutilazione. Queste trasformazioni sono forse un messaggio pessimistico sui nostri tempi?
L’idea era buona e l’ambientazione naturale eccellente ma questo film si limita ad esplorarne le possibilità senza scavare più a fondo e non aggiunge niente al genere. Diversi i rimandi (La cosa da un altro mondo, gli zombie di Romero) più o meno volontari e finale rapido e moscio. Non è dato sapere cosa ha lasciato questa esperienza nei superstiti né se nei mostri, capaci di parlare, vi sia un qualche pensiero che non sia famelico e autocelebrante. Ma forse le risposte arriveranno nei sequel, come da tradizione.
La differenza più sostanziale con i predecessori sta nel fatto che un tempo vampiri e affini apparivano come saltuarie casualità maligne e pertanto gestibili dal mondo che lasciavano inalterato ai titoli di coda mentre qui si adombra che potrebbe anche non essere più così. Rispetto invece alle tendenze delle ultime produzioni, anche seriali, qui manca del tutto il tentativo di integrazione e umanizzazione di questi esseri altri.
Rimane in ogni caso un esercizio che sarà apprezzato dai fan dell’horror pur senza uscire dai suoi confini.
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