Vero come la finzione |
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Un film di Marc Forster.
Con Will Ferrell, Maggie Gyllenhaal, Dustin Hoffman, Queen Latifah, Emma Thompson.
continua»
Titolo originale Stranger Than Fiction.
Commedia,
Ratings: Kids+13,
durata 113 min.
- USA 2006.
- Sony Pictures Italia
uscita venerdì 2 febbraio 2007.
MYMONETRO
Vero come la finzione ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Una riflessione sull'ineluttabilità della morte
di Gianni LuciniFeedback: 29149 | altri commenti e recensioni di Gianni Lucini |
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domenica 6 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
E se la nostra vita dipendesse dalla fantasia di una fragile scrittrice in preda a un improvviso blocco creativo? In fondo l’idea che la nostra vita sia nelle mani di qualcuno come le Parche della mitologia greca che abbia potere di tagliarne il filo accompagna da sempre la storia dell’uomo. In genere si tratta di un’entità, non necessariamente divina, lontana dalla vita di tutti i giorni e separata dall’umanità. In Vero come la finzione la padrona della vita di un anonimo ispettore del fisco con la fissa dei numeri è una scrittrice la cui creatività ha incrociato la vita. E le forbici capaci di reciderne per sempre il filo sono i tasti di una macchina da scrivere, cioè uno strumento ormai fuori dal tempo e dalla realtà, il cui ticchettìo appare violento, desueto e angosciante in un’epoca caratterizzata dall’asettico rumore delle tastiere o dal silenzio del “touch screen”. Il titolo originale Stranger than fiction è una citazione di Mark Twain: «La verità è più strana della finzione... perché la finzione deve attenersi a una serie di possibilità mentre la verità no…». La sceneggiatura del film, che rappresenta l’esordio nel mondo del cinema del commediografo Zach Helm, si muove con leggerezza in una storia dai contorni surreali. Il ricorso agli effetti speciali, essenziale e non ridondante, è sempre funzionale alle esigenze della narrazione filmica, non si sovrappone mai e si tiene ben lontano dalla ricerca dello stupore fine a se stesso. Pur essendo stato girato a Chicago Vero come la finzione non si lega ad ambientazioni riconoscibili. È una città innominata e indistinguibile quella che fa da sfondo alle vicende dei protagonisti nella quale i luoghi e le atmosfere mutano con il mutare delle emozioni raccontate. Esemplare, in questo senso, è la scena nella quale la scrittrice Kay Eiffel, in preda al blocco creativo si aggira nella sua stanza vuota, senza alcun colore e, quasi a cercare spunti, guarda fuori dalle ampie vetrate che si aprono su una nebbia indistinta e amorfa come la sua vena artistica. Non mancano poi citazioni sparse disseminate qua e là nella storia e mai fuori luogo come il film Il senso della vita dei Monty Phyton, cui il protagonista assiste nel tentativo di accettare l’idea di morire. Anche la scelta delle canzoni della colonna sonora è estremamente curata e contiene alcune interessanti strizzate d’occhio alla scena “indie” con gruppi come gli M83, i Califone e gli Spoon.
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