marco
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lunedì 5 marzo 2007
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troppa testa, troppo poco cuore
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Un omaggio dichiarato al cinema classico, sbandierato fin dai titoli di testa. Una fotografia in bianco e nero ricreata appositamente con strumenti ottici del periodo, per essere il più fedele possibile allo stile noir anni quaranta; una colonna sonora potente e piuttosto accativvante; una recitazione pre-stanislavskiana e quindi priva di una totale immedesimazione tra attore e personaggio. The good german vuole essere sofisticato, citazionista e soprattutto una dichiarazione d’amore fin troppo manifesta verso un tipo di cinema che non c’è più, ma cade nell’errore di voler essere più realistico del re. La sensazione che si evince dall’inizio alla fine però è quella di un lavoro che al di là questa manifesta passione e voglia di omaggiare abbia ben poco da dire; si riduce ad un Bignami che richiama alla memoria film culto come Casablanca e Il terzo uomo, ma è lontano anni luce dall’avere quella personalità e il carisma di questi ultimi, sia dal punto di vista strettamente cinematografico-narrativo che da quello recitativo.
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Un omaggio dichiarato al cinema classico, sbandierato fin dai titoli di testa. Una fotografia in bianco e nero ricreata appositamente con strumenti ottici del periodo, per essere il più fedele possibile allo stile noir anni quaranta; una colonna sonora potente e piuttosto accativvante; una recitazione pre-stanislavskiana e quindi priva di una totale immedesimazione tra attore e personaggio. The good german vuole essere sofisticato, citazionista e soprattutto una dichiarazione d’amore fin troppo manifesta verso un tipo di cinema che non c’è più, ma cade nell’errore di voler essere più realistico del re. La sensazione che si evince dall’inizio alla fine però è quella di un lavoro che al di là questa manifesta passione e voglia di omaggiare abbia ben poco da dire; si riduce ad un Bignami che richiama alla memoria film culto come Casablanca e Il terzo uomo, ma è lontano anni luce dall’avere quella personalità e il carisma di questi ultimi, sia dal punto di vista strettamente cinematografico-narrativo che da quello recitativo. (tutti gli attori sembrano pesci fuor d’acqua, con Clooney e la Blanchett che si limitano ad imitare Bogart e la Dietrich) Il tutto si riduce ad un’esercizio di stile fine a sé stesso, sicuramente affascinante, quanto meno sulla carta, ma al tempo stesso freddo e impersonale. E’ davvero difficile appassionarsi alla vicenda narrata, entrare in empatia con i suoi personaggi, ricordare qualche scena in particolare a meno che questa non si rifaccia in modo più o meno velato al passato. (la conclusione in perfetto stile Casablanca su tutti) Troppo cerebrale per non rischiare un’immediato oblio post-visione. Nota positiva per la splendida colonna sonora di Thomas Newman; nota negativa per il pessimo doppiaggio della Blanchett, a tratti imbarazzante.
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roby
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sabato 10 marzo 2007
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buona sperimentazione.
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Questo film è un buon risultato di sperimentazione; l'uso del bianco e nero dei film degli anni Quaranta è piuttosto accettabile e credibile, le inquadrature non tutte sono ovviamente ricreate come all'epoca (altrimenti il film sarebbe risultato, credo, troppo pesante da seguire) ma Soderbergh è riuscito abilmente a mescolarle, senza che nulla alla fine stonasse, creando un film dalla struttura omogenea e dal sapore classico. Certo, alcune scene ricordano forse in maniera eccessiva film del calibro di "Casablanca" (tipo la scena finale dei due amanti sotto la pioggia dinanzi all'aereo in partenza)ma, tutto sommato, ha una storia interessante, anche se non originale, e godibile. Buona la parte di Clooney e intrigante la Blanchett, poco adatto alla parte invece Tobey Maguire.
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Questo film è un buon risultato di sperimentazione; l'uso del bianco e nero dei film degli anni Quaranta è piuttosto accettabile e credibile, le inquadrature non tutte sono ovviamente ricreate come all'epoca (altrimenti il film sarebbe risultato, credo, troppo pesante da seguire) ma Soderbergh è riuscito abilmente a mescolarle, senza che nulla alla fine stonasse, creando un film dalla struttura omogenea e dal sapore classico. Certo, alcune scene ricordano forse in maniera eccessiva film del calibro di "Casablanca" (tipo la scena finale dei due amanti sotto la pioggia dinanzi all'aereo in partenza)ma, tutto sommato, ha una storia interessante, anche se non originale, e godibile. Buona la parte di Clooney e intrigante la Blanchett, poco adatto alla parte invece Tobey Maguire. A proposito del sapore classico, c'è da fare un distinguo; "Intrigo a Berlino" è fatto utilizzando un bianco e nero che induca lo spettatore ad immergersi nel "film classico di quegli anni" e in questo è un buon film. Diverso ovviamente dal bianco e nero di "Schindler's list", dove la pellicola e le inquadrature rendono il film classico, reale, dell'epoca e, allo stesso tempo, senza età.
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gabriele87
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domenica 4 marzo 2007
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film opportunamente classico
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Un film noir girato in bianco e nero nel 2006 secondo tecniche classiche e mai fuori moda. Luci e ombre, dialoghi e controcampi sono la forza del film; non un effetto speciale, solo inquadrature classiche di grande stile. Il film chiaramente si rivolge ad un pubblico elitario, sensibile a certe scelte e capace di apprezzarle. Un film che fa rivivere egregiamente grandi e gravi atmosfere del novecento. La scelta di usare la pellicola in bianco e nero (certamente rara nel 2006), unita a tecniche di ripresa classiche risulta davvero molto appropriata dato il genere del film e l'ambientazione.
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clio
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sabato 2 giugno 2007
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postdam e i suoi segreti
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Lo stile e la tecnica, la fotografia e il montaggio, le musiche esageratamente drammatiche, le cupe inquadrature, la recitazione d’epoca, il bianco e nero e persino il tremolio della macchina da presa, fanno da cornice alla nostalgica sperimentazione cinematografica di Soderbergh, perfettamente condotta con la disinvoltura e la preparazione storica che solo un autentico maestro del cinema riuscirebbe ad eseguire così magistralmente.
La pellicola rappresenta un’oasi nel deserto dei film virtuali e sterili di oggi, è un ritorno al neorealismo condotto con eccellente effetto estetico, un omaggio a Casablanca senza mai uscire dai binari della coerenza narrativa impostata.
Alla vigilia dell’incontro di Postdam, dal quale prenderà vita il nuovo assetto internazionale all’indomani della seconda guerra mondiale, Berlino diventa un crocevia di intrighi.
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Lo stile e la tecnica, la fotografia e il montaggio, le musiche esageratamente drammatiche, le cupe inquadrature, la recitazione d’epoca, il bianco e nero e persino il tremolio della macchina da presa, fanno da cornice alla nostalgica sperimentazione cinematografica di Soderbergh, perfettamente condotta con la disinvoltura e la preparazione storica che solo un autentico maestro del cinema riuscirebbe ad eseguire così magistralmente.
La pellicola rappresenta un’oasi nel deserto dei film virtuali e sterili di oggi, è un ritorno al neorealismo condotto con eccellente effetto estetico, un omaggio a Casablanca senza mai uscire dai binari della coerenza narrativa impostata.
Alla vigilia dell’incontro di Postdam, dal quale prenderà vita il nuovo assetto internazionale all’indomani della seconda guerra mondiale, Berlino diventa un crocevia di intrighi.
Protagonista indiscusso è Clooney, interprete della più affascinante e classica figura della storia del cinema, il giornalista, che nella Germania anno zero più che reporter americano appare il cronista della sua vita. Ad occupare i suoi pensieri è Lena, sua ex amante e ormai famosa prostituta negli alti quartieri berlinesi. La loro vicenda personale farà da sfondo a un’indagine che li porterà a conoscenza di pericolosi intrighi internazionali.
Il confine tra il bene e il male non è mai delineato e l’ambiguità dei personaggi riflette quella del governo Truman alla vigilia della guerra fredda e l’ipocrisia delle nazioni che sedute al tavolo della pace fanno di tutto per impossessarsi delle fatali tecnologie belliche degli sconfitti.
L’operazione cinefila, ardua e a tratti un po’ ambigua, segna un ritorno al cinema elitario, prendendo le distanze da quello che oggi è diventato soltanto intrattenimento popolare.
CLIO PEDONE
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samanta
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martedì 4 giugno 2024
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il campo di sterminio e i razzi
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Uscito nel 2006 è stato realizzato in B/N, la regia è di Steven Soderbergh regista con un buon curriculum cinematografico che ha diretto alcuni film abili e di successo (Sesso, bugie e videotape, Erin Brockovich, Ocean's 2001, 2004, 2007, Effetti collaterali).
Un giornalista e capitano dell'esercito USA Jake Geismer (George Clooney), arriva nel luglio 1945 a Berlino divisa in zone occupate dalle potenze vincitrici (USA, Urss, UK, e in seguito Francia) in vista della conferenza di Postdam alla quale parteciperano i leader alleati (Stalin, Truman, Churchill), e che deciderà le sorti dell'Europa. Attorno a Geismer si svolge un intrigo politico con risvolti sentimentali, Geismer che prima della guerra aveva vissuto a Berlino incontra Lena (Cate Blanchett) sua ex amante, una donna braccata e che risulterebbe vedova di Emil Brandt ex maggiore SS morto 3 mesi prima , ha attualmente una relazione con un soldato USA Patrick Tully (Tobey Maguire) autista di Geismer uomo ambiguo e dedito a loschi traffici che viene trovato ucciso.
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Uscito nel 2006 è stato realizzato in B/N, la regia è di Steven Soderbergh regista con un buon curriculum cinematografico che ha diretto alcuni film abili e di successo (Sesso, bugie e videotape, Erin Brockovich, Ocean's 2001, 2004, 2007, Effetti collaterali).
Un giornalista e capitano dell'esercito USA Jake Geismer (George Clooney), arriva nel luglio 1945 a Berlino divisa in zone occupate dalle potenze vincitrici (USA, Urss, UK, e in seguito Francia) in vista della conferenza di Postdam alla quale parteciperano i leader alleati (Stalin, Truman, Churchill), e che deciderà le sorti dell'Europa. Attorno a Geismer si svolge un intrigo politico con risvolti sentimentali, Geismer che prima della guerra aveva vissuto a Berlino incontra Lena (Cate Blanchett) sua ex amante, una donna braccata e che risulterebbe vedova di Emil Brandt ex maggiore SS morto 3 mesi prima , ha attualmente una relazione con un soldato USA Patrick Tully (Tobey Maguire) autista di Geismer uomo ambiguo e dedito a loschi traffici che viene trovato ucciso.Nello svolgersi della storia risulta che Brandt (Christian Oliver) è vivo, durante la guerra era segretario dello scienziatop Franz Bettman inventore dei razzi V 1 e 2 realizzati nel campo di concentramento DORA in cui venero uccisi migliaia di ebrei, Brand aveva tenuto dei diari che sono utili per gli americani che hanno preso Bettman per utilizzarlo e non vogliono che si scopra che ha utilizzato ebrei per le sue ricerche. Brandt viene assassinato dai sicari del servizio segreto americano, ma Geismer che ha i suoi diari e che è ancora innamorata di Lena, li usa come merce di scambio per avere un permesso che permetta alla ragazza di uscire dalla zona di occupazione sovietica per andare in quella inglese e rifugiarsi con l'aereo in Occidente.
Soderbergh ha voluto ricreare l'atmosfera dei classici noir degli anni '40 e '50, utilizzando la fotografia in bianco/nero. Ma non solo, il film è stato in originale girato con fotografia a colori perché le pellicole sono più veloci, poi con vari processi è stato ridotto ed eliminato il colore, per di più sono stati utilizzati obiettivi quadrangolari ormai da decenni non più utilizati, però sorge spontaneo è riuscito nello scopo proposto? Da un punto di vista della critica no, perché ha avuto recensioni per lo più negative, ma anche commercialmente è stato un flop dal momento che ha fronte di un budget di 32 milioni di $ ha incassato solamente 6 milioni. In realtà si può ammirare la tecnica del regista, ma il noir classico era un'altra cosa non non solo per una sceneggiaura debole ed incongruente anche a prescindere da alcune scene di sesso (anche se non osé) allora non erano concepite vigente il codice Hays, ma soprattutto perché quell'ambientazione ambigua, i personaggi misteriosi che appaiono e non si comprende chi siano, qui non sono ben delineati, la storia sa troppo di artificiale, manca quella tensione tipica del genere noir classico, la storia non avvince. Alcuni critici hanno affermato che il regista si è ispirato a Casablanca: è vero ma unicamente per la scena finale, in effetti Soderbergh si è ispirato ad un film, ma questo è il capolavoro diretto da Carol Reed: Il terzo uomo, ambientato nella Vienna dell'immediato dopoguerra, anch'essa occupata e divisa dalle 4 potenze vincitrici, con la protagonista (una splendida Alida Valli) che cerca di fuggire dal settore sovietico con protagonisti un Orson Welles in gran forma e Joseph Cotten, un cast nettamente superiore a quello di questo film, specie la protagonista Cate Blanchett appare un pò dimessa certamente non al livello di Alida Valli (ma neppure di Ingrid Bergman di Casablanca). In conclusione malgrado la buona volontà e la capacità tecnica è stato realizzata una storia discreta ma modesta, forse a colori, con un pò più di azione sarebbe stato meglio.
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valerio ciaco
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martedì 21 agosto 2007
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un doloroso bianco e nero per un noir classico
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In un raffinato e doloroso bianco e nero il regista Soderbergh ci descrive una Berlino post bellica (siamo nel 1945) quasi del tutto distrutta e spogliata dagli alleati. L’ ex capitale nazista fa da sfondo, con i suoi edifici in maceria, ad un particolarissimo noir bellico che cita spesso e volentieri Casablanca e dove al posto delle spie troviamo amanti ritornati dal passato, giudici giustizialisti, militari che cercano di accaparrarsi i principali cervelli nazisti, e nemici, difficili da riconoscere, perchè non sono più quelli ti sparano addosso.
Come ogni noir che si rispetti non può mancare la voce narrante fuori campo che questa volta si divide in tre parti per essere interpretata dai tre protagonisti che dividono il film in sezioni.
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In un raffinato e doloroso bianco e nero il regista Soderbergh ci descrive una Berlino post bellica (siamo nel 1945) quasi del tutto distrutta e spogliata dagli alleati. L’ ex capitale nazista fa da sfondo, con i suoi edifici in maceria, ad un particolarissimo noir bellico che cita spesso e volentieri Casablanca e dove al posto delle spie troviamo amanti ritornati dal passato, giudici giustizialisti, militari che cercano di accaparrarsi i principali cervelli nazisti, e nemici, difficili da riconoscere, perchè non sono più quelli ti sparano addosso.
Come ogni noir che si rispetti non può mancare la voce narrante fuori campo che questa volta si divide in tre parti per essere interpretata dai tre protagonisti che dividono il film in sezioni. Il primo a comparire sulla scena è Maguire (Spiderman) che interpreta l’autista del giornalista militare Clooney giunto a Berlino per la conferenza di pace di Postdam, ed ivi tornato per rivedere un vecchio amore. L’autista cerca in ogni modo di far espatriare la sua nuova fiamma (Blanchett), tedesca sospettata di nazismo ormai ridotta a fare la prostituta. Il caso vuole che questi scopra che la donna tanto innocente non è. La seconda sezione segue invece le vicende dello stesso Clooney ex amante proprio della Blanchett. Proprio questa è la parte più bella del film, con frequenti riferimenti ai classici film hollywoodiani del ‘40 e del ’50 (la scena della fogne ricorda molto da vicino “Il terzo uomo” con Orson Welles), con un Clooney triste ed addolorato un po’ per una Berlino che non riesce a riconoscere, un po’ per la vita ormai cambiata della sua amata, ed un po’ anche perché col dipanarsi della matassa capisce che non l’aveva mai conosciuta bene. La terza sezione chiude la vicenda seguendo gli ultimi passi della Blanchett fino ad un finale a metà tra l’ Hitchcockiano “L’uomo che sapeva troppo” ed il “Casablanca” di Bogart. Indimenticabile l’inseguimento durante la parata militare come anche la scena dell’aeroporto girata sotto una pioggia battente.
Un noir moderno con un forte sguardo al passato e che risalta ancora di più per l’ennesima prova di un bravo Clooney e di una bellissima, anche nella disgrazia e nella sofferenza, Blanchett. Inoltre il regista non disdegna non solo di soffermarsi su un argomento scottante come l’ apertura di un tacito conflitto con l’ Unione Sovietica già nel ’45, ma anche di evidenziare il difficile lavoro dei giudici visto che i principali criminali di guerra venivano assolti perché servivano troppo alle nazioni vincenti per farli condannare. A pagare come al solito sono solo i più deboli, mentre le pedine importanti, qualsiasi nefandezza commettano, trovano sempre una scappatoia. Almeno si spera che come dirà la Blanchett “Berlino è sempre dentro di te anche quando te ne vai”, come un profondo ed indelebile senso di colpa. Ecco il motivo del titolo originale “Il buon Tedesco”, buono perché c’erano anche tedeschi buoni ma buono soprattutto perché basta scriverlo su un foglio.
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gianni
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lunedì 27 agosto 2007
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ce n'era bisogno?
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Non si sentiva proprio il bisogno di un film che riprendesse, in modo così piatto, atmosfere e vicende già presenti in un cult come "Casablanca" e in un grande film come "Il terzo uomo".
Si tratta semplicemente di una pellicola in cui Soderbergh ci tiene a dire allo spettatore: "Guardate quanto sono bravo!"
Il che, fra l'altro, non è neanche sempre vero, dal momento che la fotografia (che è dello stesso regista sotto pseudonimo)non è per nulla memorabile. Il bianco e nero è a volte poco definito (e non credo sia una scelta del regista), abbondano sequenze troppo scure ed altre troppo luminose, e così via.
Per l'edizione italiana c'è in più anche il problema del doppiaggio: Cate Blanchett, che già non è molto in parte, ha la sfortuna di un doppiaggio che sfiora, e spesso supera ampiamente, il ridicolo.
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no_data
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martedì 29 luglio 2014
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ma casablanca è un'altra cosa
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Il film è un tentativo interessante, ma un esperimento riuscito solo a metà. Sin dai titoli d'apertura, Soderbergh ci porta indietro nel tempo, ad un altro modo di fare cinema, un altro modo di raccontare le storie. O almeno ci prova. Perché le avventure di George Clooney-Jake e Cate Blanchett-Lena non riescono a coinvolegre completamente. Gli ingredienti ci sono tutti: il bianco e nero, la guerra, un amore tormentato ed impossibile. Però, c'è un però. I continui riferimenti e rimandi a Casablanca alla lunga nuocciono al film, togliendo un pò di quell'originalità di cui forse avrebbe avuto bisogno: la fotografia, la storia e alcune scene (da quelle del bar, a quella finale, fino ai riferimenti al "vestito blu" della protagonista) vorrebbero rimandare al grande capolavoro di Curtiz, ma Casablanca è un'altra cosa!! Mentre il film del 1942 è un'opera assoluta nella sua completezza, per non dire perfezione, qui emergono invece tutte le lacune e le debolezze di un'opera incompiuta.
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Il film è un tentativo interessante, ma un esperimento riuscito solo a metà. Sin dai titoli d'apertura, Soderbergh ci porta indietro nel tempo, ad un altro modo di fare cinema, un altro modo di raccontare le storie. O almeno ci prova. Perché le avventure di George Clooney-Jake e Cate Blanchett-Lena non riescono a coinvolegre completamente. Gli ingredienti ci sono tutti: il bianco e nero, la guerra, un amore tormentato ed impossibile. Però, c'è un però. I continui riferimenti e rimandi a Casablanca alla lunga nuocciono al film, togliendo un pò di quell'originalità di cui forse avrebbe avuto bisogno: la fotografia, la storia e alcune scene (da quelle del bar, a quella finale, fino ai riferimenti al "vestito blu" della protagonista) vorrebbero rimandare al grande capolavoro di Curtiz, ma Casablanca è un'altra cosa!! Mentre il film del 1942 è un'opera assoluta nella sua completezza, per non dire perfezione, qui emergono invece tutte le lacune e le debolezze di un'opera incompiuta. Se si guarda il film come "staccato" da tutti i riferimenti che vuole proporre, non è male e mostra alcuni momenti interessanti. Gli attori se la cavano, da Clooney che potrebbe essere stato tranquillamente una stella dell'epoca d'oro hollywoodiana, a Cate Blanchett magnifica in ogni sua apparizione. Ma anche i personaggi che interpretano mancano di quello spessore e di quel senso "epico" che cartterizzavano, invece, le grandi figure dei film del passato. Un film bello per alcuni aspetti, ma che delude sotto altri ma che, nel complesso, vale la pena di guardare.
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