paolo ciarpaglini
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venerdì 31 agosto 2007
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sconclusionato.
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Le premesse c'erano tutte: un buon cast, impreziosito dalla superba Julian Moore, che aimhè muore subito. Sono rimasto di sasso nel vederla uscire così velocemente di scena. Allora mi sono chiesto: tre nomination agli oscar saranno certamente dovuti al 'resto'. Macchè. Fra auto a dir poco buffonescamente camuffate per renderle futuribili, ed un cas... incredibile, si inizia a comprendere qualcosa a metà film. Girato in modo orribile, non ci si rende conto davanti a cosa ci troviamo. Se un disaster movie, un dark movie, una commedia frivola, o qualcosa d'altro. Un plauso alla grande interpretazione di Michael Caine, l'unico oscar che sarebbe stato proponibile dare. Il risultato è affidato a Clive Owen, che manca totalmente di magnetismo e regge a malapena tutto il peso della pellicola.
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Le premesse c'erano tutte: un buon cast, impreziosito dalla superba Julian Moore, che aimhè muore subito. Sono rimasto di sasso nel vederla uscire così velocemente di scena. Allora mi sono chiesto: tre nomination agli oscar saranno certamente dovuti al 'resto'. Macchè. Fra auto a dir poco buffonescamente camuffate per renderle futuribili, ed un cas... incredibile, si inizia a comprendere qualcosa a metà film. Girato in modo orribile, non ci si rende conto davanti a cosa ci troviamo. Se un disaster movie, un dark movie, una commedia frivola, o qualcosa d'altro. Un plauso alla grande interpretazione di Michael Caine, l'unico oscar che sarebbe stato proponibile dare. Il risultato è affidato a Clive Owen, che manca totalmente di magnetismo e regge a malapena tutto il peso della pellicola. Frà tutta quella confusione che sembra scaturita da un film disaster degli anni '70, e sullo sfondo comunque di una patina giustamente plumbea, ci sono solo due scene degne di nota: la prima è assistere ad un vero parto (per chì non se ne fosse accorto). La seconda è invece un messaggio, l'unico messaggio che esce imperioso, edificante. Mi riferisco alla scena dove la donna con il bimbo appena partorito fugge assieme ad Owen, in mezzo a soldati, ai ribelli, insomma al finimondo. Ecco quell'attimo vale da solo il biglietto d'ingresso. Sembra che l'umanità si arresti per un istante nel suo incedere stupido, arrogante, ingiusto. Un messaggio immenso, anche se espresso registicamente ormai troppo tardi per raddrizzare le sorti di un film che dice poco o niente. Primo perchè il 2027 è troppo vicino per proporre una sterilità a livello globale (ed il problema per cui in Occidente si nasce di meno và ricercato in ben altri ragioni di 'ordine contingente, monetario o no?. Dateci la possibilità (i quattrini) invece che spillarci, e dissanguare le famiglie e poi vedremo!!!!!!!!!!!!. Un buon Chiwetel Ejiofor, tutto il resto è aprossimativo e privo di spessore.
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romeo79
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sabato 18 novembre 2006
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2027 odissea in inghilterra
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L'uomo è sull'orlo dell'estinzione: inquinamento,esperimenti di genetica, surriscaldamento globale...chi può dirlo.Fatto sta che da 18 anni non nascono più bambini.Nemmeno uno.Uno stillicidio sadico,un lento decimarsi gravato dalla consapevolezza che non c'è salvezza, non c'è nè ci sarà nessun futuro.E in un ottica del genere il presente non ha più senso di esistere.Il presente è orrore, odio razziale, guerriglia urbana; è fatto di palazzi fatiscenti, di auto sfasciate a bordo strada, di assoluta perdità di identità culturale e nazionale.Nulla più esiste,tutto si mescola in una vertigine di follia pre-morte.Vivere senza poter tramandare i propri geni è la somma punizione per un genere umano ormai "degenerato".
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L'uomo è sull'orlo dell'estinzione: inquinamento,esperimenti di genetica, surriscaldamento globale...chi può dirlo.Fatto sta che da 18 anni non nascono più bambini.Nemmeno uno.Uno stillicidio sadico,un lento decimarsi gravato dalla consapevolezza che non c'è salvezza, non c'è nè ci sarà nessun futuro.E in un ottica del genere il presente non ha più senso di esistere.Il presente è orrore, odio razziale, guerriglia urbana; è fatto di palazzi fatiscenti, di auto sfasciate a bordo strada, di assoluta perdità di identità culturale e nazionale.Nulla più esiste,tutto si mescola in una vertigine di follia pre-morte.Vivere senza poter tramandare i propri geni è la somma punizione per un genere umano ormai "degenerato".
Tutte le capitali mondiali sono in subbuglio, date alle fiamme e sventrate dai disordini.
Slavi, russi, arabi, rumeni, tedeschi sbarcano in Inghilterra, che ancora si regge malamente in piedi, per cercare di vivere in pace la loro agonia, ma vengono rinchiusi in ghetti, seviziati e spesso uccisi in virtù di un presunto quanto assente ordine sociale.
Spocchiosi dirigenti politici vezzosamente si circondano di opere d'arte nelle loro fortezze, tracannando vino rosso e rimandando o meglio rimuovendo ogni considerazione sulla propria misera condizione di esseri umani sterili, mentre fuori la "peste" dell'odio imperversa.
Qualcuno (Michael Caine) si rinchiude in un cottage nel bosco ai confini del mondo ad attendere la fine di tutto fumando marijuana alla "fragola" al suono di Ruby Tuesday.Ognuno insomma è in attesa di andarsere, e per chi avesse fretta il governo mette a disposizione dei pratici kit per suicidi,per crepare in modo rapido e indolore.
Gruppi di sovversivi tra cui Julian(Julianne Moore)si battono contro le autorità fasciste,apparentemente in favore delle comunità di immigrati,in realtà accecati dalle loro stesse idee e dalla mera rivendicazione di merito,al punto da perdere di vista il senso e la reale potenzialità della loro "scoperta",il miracolo della vita che nonostante tutto esplode con tutta la sua forza.
E' una giovane e sprovveduta ragazza di colore, Kee, che insiegabilmente porta dentro di se il seme della rinascita,la prima bambina maibata da 18 anni.
Su questo sfondo si muove Theo (Clive Owen), solido come una roccia, quadrato come marmo, alcolista inaridito e squarciato dalla perdita di un figlio e, nel corso del film, della ex-moglie.A lui toccherà abbracciare la croce e sacrificarsi per l'umana rinascita, sarà lui a dover correre a piedi nudi nel fango, nel ghetto dantesco nel cuore di Londra, un'immensa Babele sul punto di collassare.Tra palazzi bombardati,dovrà schivare proiettili, beccarsene uno nello stomaco, assistere alla morte dei suoi cari,e infine alla sua per poter sentire e far sentire di nuovo il vagito dimenticato di un bambino.
Spietato, cinico, disilluso, l'"occhio" di Cuaròn ci accompagna in presa quasi diretta come un coraggioso freelance per 144 minuti buoni, per lasciarci senza fiato, sfiniti per il troppo correre,infreddoliti e assordati, ma di sicuro scossi.Tutto è cosi dannatamente reale e verosimile, che si ha l'impressione che sia accaduto per davvero,o stia accadendo giorno per giorno.Abbiamo già visto tutto al telegiornale, le stesse scene, gli stessi scoppi, le stesse urla.Un attimo di pausa, di poesia nel momento in cui la neonata viene mostrata ai soldati, poi tutto ricomincia, per non finire mai più.
Chissà cosa ci riserverà la barca del "Domani".Speriamo non sia troppo tardi.
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nuanda
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lunedì 7 maggio 2007
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antico e nuovo testamento in children of men?
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...Dio punisce l'umanità (violenta, inquinatrice, priva di carità verso il prossimo) con una sorta di "Piaga d'Egitto": l'infertilità.
Tra scene apocalittiche ambientate in un'Inghilterra del futuro prossimo, balcanizzata e iraqizzata, governata con metodi nazisti, il regista - o se si preferisce, Dio - offre infine un'oppotunità di riscatto all'Uomo. Almeno per un istante, alla vista di una neonata (miracolosamente nata da una Madonna nera e protetta da un "S.Giuseppe" - padre putativo - ex rivoluzionario) l'umanità (soldati e profughi, rivoltosi e disperati) mostra meraviglia e commozione, nell'infuriare di una cruentissma battaglia.
...Allora l'Umanità è salva: la Madonna nera e la sua bambina si salveranno, raccolte dalla nave-arca: "Tomorrow".
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...Dio punisce l'umanità (violenta, inquinatrice, priva di carità verso il prossimo) con una sorta di "Piaga d'Egitto": l'infertilità.
Tra scene apocalittiche ambientate in un'Inghilterra del futuro prossimo, balcanizzata e iraqizzata, governata con metodi nazisti, il regista - o se si preferisce, Dio - offre infine un'oppotunità di riscatto all'Uomo. Almeno per un istante, alla vista di una neonata (miracolosamente nata da una Madonna nera e protetta da un "S.Giuseppe" - padre putativo - ex rivoluzionario) l'umanità (soldati e profughi, rivoltosi e disperati) mostra meraviglia e commozione, nell'infuriare di una cruentissma battaglia.
...Allora l'Umanità è salva: la Madonna nera e la sua bambina si salveranno, raccolte dalla nave-arca: "Tomorrow".
S'intravede quasi la speranza di un nuovo Patto fra Dio e l'Uomo che ci liberi
Film sospeso fra racconto biblico ( e speranza, e fede cristiana?)e poesia. Notevole.
Ottima, e comunque abbastanza originale, questa "trattazione" di un tema già rappresentato nell'ambito della Science Fiction c.d. "sociologica".
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writer58
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giovedì 19 aprile 2012
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this is the end...
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2027. Da 18 anni l’umanità è condannata alla sterilità, dal 2009 non nascono più i bambini. Il più giovane abitante del pianeta – un ragazzo di 18 anni, figlio di due proletari di Buenos Aires- viene ucciso in una rissa, all’uscita di un locale. Il mondo intero ne piange la fine come se, insieme a lui, fosse scomparsa la speranza di un futuro. Così inizia "I figli degli uomini" (children of men), il terzo film del regista messicano Alfonso Cuarón, tratto dall’omonimo romanzo di P.D. James
Il mondo del 2027 assomiglia a quello di oggi: inquinamento e devastazione ambientale, terrorismo islamico e di gruppi militanti, schermi televisivi e dispositivi satellitari persino negli autobus londinesi, gigantesche sacche di povertà e di emarginazione, ma soprattutto una feroce lotta all’immigrazione clandestina.
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2027. Da 18 anni l’umanità è condannata alla sterilità, dal 2009 non nascono più i bambini. Il più giovane abitante del pianeta – un ragazzo di 18 anni, figlio di due proletari di Buenos Aires- viene ucciso in una rissa, all’uscita di un locale. Il mondo intero ne piange la fine come se, insieme a lui, fosse scomparsa la speranza di un futuro. Così inizia "I figli degli uomini" (children of men), il terzo film del regista messicano Alfonso Cuarón, tratto dall’omonimo romanzo di P.D. James
Il mondo del 2027 assomiglia a quello di oggi: inquinamento e devastazione ambientale, terrorismo islamico e di gruppi militanti, schermi televisivi e dispositivi satellitari persino negli autobus londinesi, gigantesche sacche di povertà e di emarginazione, ma soprattutto una feroce lotta all’immigrazione clandestina. Gli immigrati vengono rinchiusi in gabbie, sorvegliati da poliziotti armati, sono ammassati in centri di espulsione, giustiziati in modo sommario, una pubblicità martellante ricorda che è “reato dare da mangiare, bere, ospitare, proteggere i clandestini”.
La Londra del 2027 ricorda, per certi versi, le atmosfere di Blade Runner: gli stessi megaschermi, l’identico clima plumbeo e livido, la stessa disumanizzazione brulicante e anonima. La massa sterminata di derelitti che viene cacciata dai confini del Regno Unito simboleggia la fine del sogno dell’integrazione multirazziale e insieme la ferocia di una società destinata all'estinzione.
Dentro questo scenario fosco, da autunno del mondo, il protagonista Theo ( l’ottimo Clive Owen) viene rapito da un gruppo terrorista che sostiene i diritti degli immigrati e costretto a richiedere a un suo amico del governo un “permesso di transito” per una giovane donna di colore di origine africana.
Stretto tra i gruppi fondamentalisti, la polizia e le tribù di teppisti che imperversano nel sud dell’Inghilterra, il protagonista scopre ben presto la sconvolgente verità: la donna è incinta, il futuro del mondo è affidato, come nei suoi esordi, a una donna nera. Insieme cercheranno di fuggire verso un problematico approdo, mentre intorno a loro la rivolta e gli scontri tra polizia e insorti tocca un parossismo di violenza e assume le caratteristiche di una guerra civile.
“E' stata una scelta molto cosciente: volevamo che l'unica donna al mondo a potere concepire un bambino fosse nera, di estrazione umile e africana”, ha affermato il regista in una intervista.
"I figli degli uomini" mi è parso un apologo ben costruito sull’ “inverno prossimo venturo”. Il linguaggio cinematografico è secco ed essenziale e la sceneggiatura appare serrata e avvincente.
Insieme a Iñarritu (Amores Perros, 21 grammi, Babel), Cuarón rappresenta un esponente di primo piano del nuovo cinema messicano, un cinema capace di interpretare in modo non convenzionale le angosce del presente, al di fuori degli schemi dell’industria di Hollywood.
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cineofilo92
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domenica 26 agosto 2007
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la fine del mondo, la fine dell'uomo
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Ancora una volta il cinema si tinge di scenari post atomici e guerra globale. Con sprezzo e coraggio, Alfonso Cuaròn ha affrontato un tema abusato mantenendolo però a livelli alti, condendolo con la giusta dose di ironia, violenza, desolazione. é uno dei pochi film di adesso che non si impantana nei suoi stessi obiettivi, è assolutamente convincente. Le intrerpetazioni sono credibili.
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sc
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sabato 13 ottobre 2007
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attuale
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Bellissimo questo "I Figli degli uomini". Evocando tutte le angosce degli Inglesi, il fascismo (che pure non hanno mai avuto), il razzismo , il pericolo di estinzione della razza umana, il messicano Cuaròn realizza un film di fantascienza durissimo e reale. Il cinico e disincantato Clive Owen si trova suo malgrado, novello San Giuseppe, a salvare la sua improbabile Maria e il figlio che porta in grembo. Si muoverà in un'Inghilterra allo sbando, che pur resiste con metodi brutali alla decadenza, tra terrorismo, apartheid, violenza , natalità zero. L'unico difetto di questo film probabilmente è la troppa attualità. Un mondo che se ne frega di Guantanamo, dei problemi etici legati alle nuove tecnologie, che condanna l'immigrazione, ignora i problemi dovuti alla natalità ormai negativa in occidente,delle guerre esportatrici di democrazia, dove ancora oggi,all'indomani del nobel ambientalista a Gore c'è chi nega a gran voce il nostro declino, questo film apparirà stupido,falso.
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Bellissimo questo "I Figli degli uomini". Evocando tutte le angosce degli Inglesi, il fascismo (che pure non hanno mai avuto), il razzismo , il pericolo di estinzione della razza umana, il messicano Cuaròn realizza un film di fantascienza durissimo e reale. Il cinico e disincantato Clive Owen si trova suo malgrado, novello San Giuseppe, a salvare la sua improbabile Maria e il figlio che porta in grembo. Si muoverà in un'Inghilterra allo sbando, che pur resiste con metodi brutali alla decadenza, tra terrorismo, apartheid, violenza , natalità zero. L'unico difetto di questo film probabilmente è la troppa attualità. Un mondo che se ne frega di Guantanamo, dei problemi etici legati alle nuove tecnologie, che condanna l'immigrazione, ignora i problemi dovuti alla natalità ormai negativa in occidente,delle guerre esportatrici di democrazia, dove ancora oggi,all'indomani del nobel ambientalista a Gore c'è chi nega a gran voce il nostro declino, questo film apparirà stupido,falso. Per gli altri è un capolavoro,arricchito da grandi attori (a parte forse la Claire-Hope Ashitey) e da alcuni momenti di cinema memorabili come la carrellata nella battaglia,evocante la guerra nei Balcani e sbalorditiva nella realizzazione.
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lg
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martedì 7 agosto 2007
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un dramma non così fantasioso
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l'angoscia comicia ad assalire lo spettatore sin dai primi minuti, la speranza si insinua timida alla vista del nero grembo materno, il pathos incalza fino al pianto liberatorio della formidabile creatura... l'uomo può tirare un sospiro di sollievo.
Ma è davvero finita qui?...
Pellicola toccante e coinvolgente, ricca di tensioni emotive: attendevo però con ansia un finale molto più incoraggiante... che purtroppo non c'è stato: la speranza del mondo prenderà il largo?
[+] la speranza c'è
(di aliscia '89)
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kondor17
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lunedì 15 giugno 2015
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il ritorno della sacra famiglia
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Non amo molto Cuaron. È molto bravo nell'uso della macchina da presa, ma ha un che di lezioso nel suo fare che rende i suoi film esteticamente perfetti quanto spesso vacui e inconcludenti. Questo invece la storia ce l'ha, anche se qua e la si perde. Difficile pensare ad una improvvisa perdita della fertilità di tutte le donne del pianeta contemporaneamente, tra pochi anni e senza un agente patogeno o un fattore scatenante. Ancor più improbabile pensare che in così breve lasso tracollino tutti gli stati esclusa la Gran Bretagna, diventando così meta di fiumi di migranti e profughi da tutto il mondo. Cuaron non spiega nulla. Ti dice solo: Siamo nel 2027, tra 12 anni scarsi, gli inglesi sopravvivono e prosperano, le donne non fanno più figli, i profughi reclusi e uccisi da loschi guardiani in grandi sobborghi, i ribelli armati fino ai denti.
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Non amo molto Cuaron. È molto bravo nell'uso della macchina da presa, ma ha un che di lezioso nel suo fare che rende i suoi film esteticamente perfetti quanto spesso vacui e inconcludenti. Questo invece la storia ce l'ha, anche se qua e la si perde. Difficile pensare ad una improvvisa perdita della fertilità di tutte le donne del pianeta contemporaneamente, tra pochi anni e senza un agente patogeno o un fattore scatenante. Ancor più improbabile pensare che in così breve lasso tracollino tutti gli stati esclusa la Gran Bretagna, diventando così meta di fiumi di migranti e profughi da tutto il mondo. Cuaron non spiega nulla. Ti dice solo: Siamo nel 2027, tra 12 anni scarsi, gli inglesi sopravvivono e prosperano, le donne non fanno più figli, i profughi reclusi e uccisi da loschi guardiani in grandi sobborghi, i ribelli armati fino ai denti. La fede: tutti attendono il ritorno di un messia, che poi è il figlio di un immigrata aiutata da Clive Owen, pargolo destinato a un fantomatico progetto umano. Nessuna spiegazione, nessun retroscena, nessuna premessa. Sei lì che guardi uno sci-fi distopico in un prossimo futuro e non vedi alcun nesso. Julianne Moore e Michael Caine, sempre bravi, spariscono presto dalla scena e inserirli nel cast tra i personaggi principali è un mezzo tranello per l ignaro spettatore. Rimane quindi la sacra famiglia, composta da Giuseppe - Clive, da una Madonna Nera e da una Messia, che in un road movie appassionante devono raggiungere tra mille difficoltà la terra promessa. Se solo curasse più l'intreccio, che regista sarebbe Cuaron! Peccato. Sufficienza tirata per un film bello a metà.
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riccardo
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venerdì 27 aprile 2007
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parabola politica
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Un antieroe disilluso, un medioevo prossimo venturo, una missione da portare a temine in mezzo a un'umanità varia e pericolosa, mancanza di fiducia nei confronti della politica: piacerà a chi è piaciuto 1997 - Fuga da New York. Durante la corsa verso la salvezza c'è anche una scena in cui i protagonisti passano in mezzo a un funerale kamikaze, in cui uomini armati portano e inneggiano al loro compagno.
Si può però evitare questo futuro con un nuovo umanesimo che si ricolleghi idealmente agli anni '60 (evocati da una certa atmosfera hippie e da una colonna sonora dell'epoca - King Crimson, John Lennon, Donovan).
I figli degli uomini potrebbe essere in effetti il manifesto di gruppi religiosi/ecologisti e potrebbe diventare nel tempo un piccolo cult.
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Un antieroe disilluso, un medioevo prossimo venturo, una missione da portare a temine in mezzo a un'umanità varia e pericolosa, mancanza di fiducia nei confronti della politica: piacerà a chi è piaciuto 1997 - Fuga da New York. Durante la corsa verso la salvezza c'è anche una scena in cui i protagonisti passano in mezzo a un funerale kamikaze, in cui uomini armati portano e inneggiano al loro compagno.
Si può però evitare questo futuro con un nuovo umanesimo che si ricolleghi idealmente agli anni '60 (evocati da una certa atmosfera hippie e da una colonna sonora dell'epoca - King Crimson, John Lennon, Donovan).
I figli degli uomini potrebbe essere in effetti il manifesto di gruppi religiosi/ecologisti e potrebbe diventare nel tempo un piccolo cult.
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elgatoloco
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sabato 13 agosto 2016
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film oltremodo importante, come"monito"
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"Children of Men"di Cuaròn, tratto da un romanzo di P.D.James, è film"apocalittico", ma in senso intelligente, ossia, letteralmente, capace di capire e comprendere, i"segni dei tempi". GIà dieci anni fa, certo un lustro dopo l'11.09.2001, ma molto prima del terrorismo internazionale diffuso, il film ne intuisce i pericoli, anche proprio in alcune scene tòpiche, che rendono in pieno il senso della cosa, in maniera adeguata, senza peraltro, come si suol dire, "calcare la mano"; al tempo stesso, però, il fim evidenzia, quasi riprendendo alcune felicissime formulazioni del pensiero politico(per fare un nome, penso a Laurent Dispot), come il terrorismo abbia il suo pendant(ma spesso anche origine, come pare proprio valga anche per l'IS alias Daesh)nel "terrorismo di Stato", qui molto ben evidenziato.
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"Children of Men"di Cuaròn, tratto da un romanzo di P.D.James, è film"apocalittico", ma in senso intelligente, ossia, letteralmente, capace di capire e comprendere, i"segni dei tempi". GIà dieci anni fa, certo un lustro dopo l'11.09.2001, ma molto prima del terrorismo internazionale diffuso, il film ne intuisce i pericoli, anche proprio in alcune scene tòpiche, che rendono in pieno il senso della cosa, in maniera adeguata, senza peraltro, come si suol dire, "calcare la mano"; al tempo stesso, però, il fim evidenzia, quasi riprendendo alcune felicissime formulazioni del pensiero politico(per fare un nome, penso a Laurent Dispot), come il terrorismo abbia il suo pendant(ma spesso anche origine, come pare proprio valga anche per l'IS alias Daesh)nel "terrorismo di Stato", qui molto ben evidenziato. Violenza indiscriminata da parte dei"Pesci"ma anche dello Stato, che si presenta come realtà concentrazionaria e sempre (o quasi)oppressiva. Da apprezzare praticamente tutto, nel film, dove anche certa enfasi, ossia insistenza tautologica, iterativa, relativa a qualche scena, non è mera"zeppa", ma il voler ribadire vari concetti cui qui si è in parte accennato. La sterilità indotta(cause plurime, poliverse, quasi certamente, ma in realtà non è qui il fulcro della riflessione della James e/o di Cuaròn)si lega alla condanna senza appello degli immigrati, specie se"clandestini". Interessante anche il legame, proposto, tra gli anni Venti del Nuovo Millennio(ambientazione nel 2027) e controcultura hippie, dove un insolito Michael Caine svela in parte proprie derivazioni culturali, oltre lo stereotipo del"gentleman very british", pur se di famiglia proletaria. Idem vale per Clive Owen, altrove e altrimenti paladino "buono"di film d'azione: anche qui è"the good man", ma in un contesto che dell'azione ha ben pochi tratti(per fortuna, in quanto non sarebbe per nulla adeguata)e comunque non risponde per nulla a un cliché. Più "in parte"(conoscendo anche alcune sue dichiarazioni pubbliche)è Julianne Moore, la"pasionaria"che viene uccisa prima di metà fil, circa. Un'opera da apprezzare e riscoprire. Peccato solo per"Ruby Tuesday"degli "Stones"riproposta non in versione originale, ma nella cover, da apprezzare senz'altro ma segnata dal pesante accento italiano dell'interprete, del pur bravissimo Franco Battiato. Ma è senz'altro questione di"copyright"... El Gato
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