I figli degli uomini

Fate figli, sennò finisce male

Il cinema adora la fine del mondo: alieni di un altro pianeta che vincono ogni possibile guerra dei due mondi, oceani che lo sommergono e se la cavano solo certe fatalone con la coda di pesce, la bomba atomica che lo fa saltare in aria, dopo di che, meno male, ci resta il pianeta delle scimmie. Però il regista messicano Alfonso Cuaròn, meno primitivo e più crudele, preferisce che il mondo non muoia di botto, ma che, lentamente, si esaurisca giorno dopo giorno: causa di tanto orrore? Per ragioni imprecisate, forse le armi chimiche, forse l'inquinamento, forse la mucca pazza o la pecora Dolly, l'umanità che sembrava tanto ghiotta di figliare, è diventata sterile; è il 2027 e da 18 anni, in I figli dell'uomo (in concorso), non nascono più bambini, e se qualcuno prende il film per una lunatica profezia, gli conviene darsi da fare da subito, visto che lo spaventoso inaridimento genitale dovrebbe iniziare, dai calcoli cuaroniani, nel 2009, qui dietro l'angolo, in concomitanza, se ci sarà ancora, con la 66° Mostra del cinema.
Fantascienza del presente, come la definisce l'autore, l'angosciosa storia nasce da un fortunato romanzo del 1993, della giallista pari d'Inghilterra P.D. James, che forse infastidita dai piccini dei vicini, se ne serve come una clava contro gli attuali genitori troppo permissivi: «Se dall'infanzia tratti i bambini come dei, è possibile che da adulti si comportino come diavoli». Cuaròn stravolge il romanzo secondo la sua etica latina, no-global e cattolica, facendo però grande uso di diavoli, cioè di uomini spietati, violenti, senza speranza, miserabili di aspetto ma forniti di armi ultimo modello che sventagliano su chiunque. Chi si fregasse le mani per la presenza dell'asimmetrico sex-symbol Clive Owen, resterà deluso: qui è infatti un professore di filosofia tutto infangato e depresso, un eroe passivo cui non passa per la testa di far la fatica di salvare il mondo, e che trovandosi sempre immischiato in scontri spaventosi tra polizia e ribelli e immigrati e bande e zingari e terroristi, non ha mai il tempo di baciare qualche scampata alla morte, ammesso che ne incontri una non repellente. La incontra, ed è la lunare Julianne Moore, sua ex moglie ora a capo di una banda di rivoluzionari, ma le squarciano la gola prima ancora che ci abbia fatto un pensierino. Forse doveva girare un altro film e l'hanno subito eliminata. Siamo in una Inghilterra dilaniata dal terrore della fine, tra una Londra dagli immacolati, sontuosi uffici (alle pareti Guernica di Picasso) dove regna un ordine tiranno, spaventose campagne piene di bande armate, e agghiaccianti città semidistrutte dove altri mascalzoni si fanno fuori senza che sia ne cessano sapere perché. Se non la smettono di ammazzarsi tutti quanti, è chiaro che l'umanità si esaurirà prima del previsto.
Alfonso Cuaròn è diventato cult perché ha fatto scopare allegramente due diciassettenni (anche con la reciproca mamma) nell'ormai famoso Y tu mama tambien, e ha divertito gli innocenti con Harry Potter e Il prigioniero di Azkaban; in più, con baffi e barbetta nera appena ingrigiti, è considerato di massima cineavvenenza. Dice: «I produttori chiedevano di privilegiare la solita fantascienza, con mezzi e armi da guerra di fantasia, io invece volevo rappresentare la minaccia del presente, che potrebbe preparare all'annientamento del futuro». E infatti: nei colori sempre melmosi, molto da cattivo tempo inglese, scene di rastrellamenti crudeli come nelle immagini dalla Palestina, gente ammassata nelle gabbie come a Guantanamo, eserciti in assetto di guerra che sparano all'impazzata come nelle immagini dall'Iraq, profughi abbandonati a se stessi come nelle foto dal Libano, immigrati bastonati col calcio del fucile e presi per i capelli senza ragione, come capita di vedere nei telegiornali. «È come se tutti fossero diventati clandestini nel proprio paese e tutti si braccassero, l'umanità spazzata via come una moltitudine di scarafaggi. Però ho immaginato di far venire quei relitti umani dalla Scandinavia, dai Paesi Bassi, da luoghi oggi privilegiati ma che in un futuro potrebbero subire lo stesso destino dei paesi poveri da cui partono gli immigrati di questi anni».
Per fortuna il non eroe Owen viene illuminato da un evento divino, che fa di lui un nuovo San Giuseppe: il gruppo di ribelli detto dei Pesci lo incarica di salvare il loro eccezionale tesoro di inestimabile valore: una giovane ragazza col pancione, la prima femmina che dopo 18 anni senza più nascite, sta per partorire: un miracolo senza spiegazioni, una Madonna che non solo è nera e non sa se c'è un padre, ma che anche partorirà una femmina. Tanto per cambiare, a salvare il mondo ci pensino le donne, giovani, di colore e sole. Quiz per i più svelti: chi si cela sotto gli spettinati lunghi capelli bianchi, un eccesso di rughe e borse, travestito da cadente hippie che coltiva marijuana nella capanna in mezzo alla foresta? Non ci si può credere, ma è Michael Caine, uno degli ex più eleganti e maliziosi seduttori dei cinema inglese.
Da La Repubblica, 4 settembre 2006


di Natalia Aspesi, 4 settembre 2006