gmm
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domenica 19 novembre 2006
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fur
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Di Diane Arbus c'è ben poco qui, ma non è un male. Il film è principalmente una storia d'amore. Una bellissima e struggente storia d'amore. Il film comincia con una panoramica sulla vita di Diane (mi raccomando si pronuncia Dee-ann), cosa fa, cosa vede, cosa pensa. Principalmente cosa pensa. I suoi pensieri si accavallano, e non sono bei pensieri. Sono pensieri angoscianti. E' angosciata dalle sue paure, dai suoi genitori, dalla vita che non le piace; ma ancor di più è terrorizzata dal piacere che prova nelle sue paure. La continua ricerca di ciò che le piace, è esattamente ciò che le fa paura, e questo per lei è spiazzante. Questo è un elemento che non va sottovalutato, poichè fa capire che cosa frullava nella testa della vecchia Diane.
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Di Diane Arbus c'è ben poco qui, ma non è un male. Il film è principalmente una storia d'amore. Una bellissima e struggente storia d'amore. Il film comincia con una panoramica sulla vita di Diane (mi raccomando si pronuncia Dee-ann), cosa fa, cosa vede, cosa pensa. Principalmente cosa pensa. I suoi pensieri si accavallano, e non sono bei pensieri. Sono pensieri angoscianti. E' angosciata dalle sue paure, dai suoi genitori, dalla vita che non le piace; ma ancor di più è terrorizzata dal piacere che prova nelle sue paure. La continua ricerca di ciò che le piace, è esattamente ciò che le fa paura, e questo per lei è spiazzante. Questo è un elemento che non va sottovalutato, poichè fa capire che cosa frullava nella testa della vecchia Diane. Dicevo che è una bella storia d'amore, l'uno scopre l'altro con delicatezza e con passione. L'uno incontra l'altro in maniera diretta, esplicita e dolce. E questa storia d'amore non poteva che finire con il dolore. La storia è tutt'altro che banale, e coglie un punto fondamentale che un pò tutti tocca: ma noi, accettiamo e basta le nostre paure, oppure le amiamo? Perchè siamo sempre affascinati da quello che ci terrorizza? Non è forse questa una forma d'amore? In questo film, Diane cerca di scoprirlo. Ormai le sta stretta la sua vita, e fin troppo a lungo ha represso quella vocina che le diceva di esplorare e di amare ciò che la impaurisce, perchè nella sua natura. E la natura non si può sopprimere. La sua notura è stata bloccata dai genitori, dalla famiglia, dalla società. Lei è in bilico con se stessa. Non vuole più essere normale, ma non riesce ancora a diventare una diversa. Solo alla fine troverà il modo. La regia mi è piaciuta moltissimo, bellissime inquadrature (forse troppi primi piani della protagonista), e scene che stuzzicano la fantasia dello spettatore. Nicole Kidman da una delle sue prove migliori, e Robert Downey Jr (rinato a nuova vita) è intensissimo. E' un film non strano, ma bensì innovativo. Ha una sensibilità molto fine, quasi intoccabile, ma ai più attenti non sarà di certo sfuggita. A molti piacerà, a molti di più non piacerà. Io faccio parte della prima categoria, di sicuro non uno dei film migliori che abbia visto, ma certo è che va visto. Per una bellissima colonna sonora, per una delle storie d'amore più toccanti e riuscite che ho mai visto, per una regia "nuova" e per quei due meravigliosi e stupendi protagonisti.
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leonardo sagnibene
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lunedì 23 ottobre 2006
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il viaggio di diane
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Straordinaria interpretazione della Kidman , capace di dare da sola profondità storica e spazio-temporale a tutto il film, rievocando con i sapienti primi piani del regista Steven Shainberg lo sguardo malinconico e fuggitivo della fotografa neworkese, in una perfetta ricostruzione degli ambienti della società americana del tempo.
Tuttavia il film, non è una biografia della Arbus fotografa me è un viaggio descrittivo del come e perché Diane è diventata “la Arbus”.
Il passaggio nodale del film, è dato dalle domande incalzanti di un giornalista durante la presentazione del lavoro fotografico del marito: “e…lei Diane cosa fa? di cosa si occupa? Lei cosa fotografa? queste domande fanno emergere alla superficie espressiva il suo “malessere” di vivere chiusa in ruolo di moglie e di madre che non le appartiene più, a quei quesiti Diane non può o non sa rispondere, è visibilmente imbarazzata, e scappa via.
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Straordinaria interpretazione della Kidman , capace di dare da sola profondità storica e spazio-temporale a tutto il film, rievocando con i sapienti primi piani del regista Steven Shainberg lo sguardo malinconico e fuggitivo della fotografa neworkese, in una perfetta ricostruzione degli ambienti della società americana del tempo.
Tuttavia il film, non è una biografia della Arbus fotografa me è un viaggio descrittivo del come e perché Diane è diventata “la Arbus”.
Il passaggio nodale del film, è dato dalle domande incalzanti di un giornalista durante la presentazione del lavoro fotografico del marito: “e…lei Diane cosa fa? di cosa si occupa? Lei cosa fotografa? queste domande fanno emergere alla superficie espressiva il suo “malessere” di vivere chiusa in ruolo di moglie e di madre che non le appartiene più, a quei quesiti Diane non può o non sa rispondere, è visibilmente imbarazzata, e scappa via.
Quella fuga rappresenta la fuoriuscita della donna da uno stadio di incolpevole minorità, così Diane decide di uscire dallo spersonalizzante e controllato ruolo di moglie assistente del marito e comincia un viaggio interiore alla ricerca di sé stessa, e delle forme di espressione fotografica che le sono proprie.
È un viaggio che non la porterà lontano, il viaggio Diane comincia al piano di sopra e con l’interesse per un vicino di casa, affetto da una rara forma di ipertricosi, nei confronti del quale proverà un sentimento strano ed ambiguo di attrazione – repulsa, fino a sfociare in un sentimento autentico che la renderà liberà perché liberta, dai dettami e dalle regole e divieti della upper class americana della metà del ‘900 che la madre prima e la società poi le avevano imposto.
Lionel le aprirà il mondo dei “sobborghi” newyorkesi dei reietti e dei “mostri” nel senso fisico dell’espressione, ma Diane pur essendo affascinata dalla deformità sapeva guardare ed avvertire la normalità e la dignità di quei soggetti.
Aprirsi alla vita e avvertire un sorta di appartenenza nei confronti di quel mondo, tuttavia, la allontanerà inevitabilmente sempre più affetti della famiglia, perché la distanza tra la “borghese” normalità del primo piano e la “strana” diversità del secondo le si riveleranno incolmabili, ma Diane ha già scelto e va per la sua strada.
Nel preparazione al ritratto di Lionel c’è il senso stesso di quella che sarà poi la weltschaung della sua arte fotografica, infatti “depilare” il volto dell’uomo finisce per rendere in fotografia e far “vedere al mondo” quello che la donna vede già con gli occhi della mente, ovvero la sua “normalità”.
Infatti la fotografa ha sempre rifiutato di essere considerata la “fotografa dei mostri” “ il nostro aspetto esteriore – scriveva in un appunto poco prima del suicidio nel 1971 – è un segnale al mondo perché ci pensi in una certa maniera, ma c’è una differenza fra ciò che vorresti che il mondo vedesse di te e ciò che non puoi fare a meno che veda. E questo è quello che io definisco il gap fra intenzione e risultato”.
Leonardo Sagnibene
leonardosagnibene@virgilio.it
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dr.apocalypse
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sabato 21 ottobre 2006
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una straordinaria storia d'amore !!
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La divina Nicole Kidman ci riprova: dopo aver portato sullo schermo Virginia Wolf (in "The Hours", premio Oscar) veste i panni della leggendaria e conturbante fotografa Diane Arbus, uno dei miti americani del 900, morta suicida (come la Wolf) nel 1971.
Un biopic molto particolare questo FUR, visto che è una "rivisitazione" della vita della Arbus, una visione "fantastica", tra fiaba e realtà, dei mesi che portarono la Arbus dall'essere una semplice, annoiata depressa, repressa e oppressa moglie/assistente di un banale fotografo, oltrechè figlia di ricchi pelliciai, alla fotografa dei FREAKS, dei mostri della quotidianità che nessuno osava guardare. Il motivo per cui la Arbus decise di dare una tale virata alla sua vita nessuno lo conosce, e qui nasce il colpo di genio del film: un bel giorno arriva sopra l'appartamento degli Arbus uno "strano" nuovo inquilino, Lionel, completamente ricoperto di una pelliccia (fur!) naturale, che riuscirà a far "rivivere" Diane, attraverso la normalità delle proprie perversioni, anche sessuali, represse da SEMPRE da una famiglia maledettamente perbenista, che sfocieranno nell'interesse verso quelle persone costrette a vivere agli argini della società, perchè terrificanti, ovvero nani, giganti, siamesi, albini, gemelli, barboni, prostitute, morti, nudisti, tutti ripresi dal suo obiettivo.
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La divina Nicole Kidman ci riprova: dopo aver portato sullo schermo Virginia Wolf (in "The Hours", premio Oscar) veste i panni della leggendaria e conturbante fotografa Diane Arbus, uno dei miti americani del 900, morta suicida (come la Wolf) nel 1971.
Un biopic molto particolare questo FUR, visto che è una "rivisitazione" della vita della Arbus, una visione "fantastica", tra fiaba e realtà, dei mesi che portarono la Arbus dall'essere una semplice, annoiata depressa, repressa e oppressa moglie/assistente di un banale fotografo, oltrechè figlia di ricchi pelliciai, alla fotografa dei FREAKS, dei mostri della quotidianità che nessuno osava guardare. Il motivo per cui la Arbus decise di dare una tale virata alla sua vita nessuno lo conosce, e qui nasce il colpo di genio del film: un bel giorno arriva sopra l'appartamento degli Arbus uno "strano" nuovo inquilino, Lionel, completamente ricoperto di una pelliccia (fur!) naturale, che riuscirà a far "rivivere" Diane, attraverso la normalità delle proprie perversioni, anche sessuali, represse da SEMPRE da una famiglia maledettamente perbenista, che sfocieranno nell'interesse verso quelle persone costrette a vivere agli argini della società, perchè terrificanti, ovvero nani, giganti, siamesi, albini, gemelli, barboni, prostitute, morti, nudisti, tutti ripresi dal suo obiettivo.
Il film è girato in maniera MAGISTRALE dal sempre più promettente Steven Shainberg (regista del delizioso "Secretary") capace ancora una volta di cogliere e rappresentare le perversioni di un universo, quello femminile, spesso al cinema trascurato. I primi 40 minuti vengono rappresentati come se stessimo guardando un giallo o un thriller, c'è pathos e tensione ad ogni scena, il tutto coadiuvato da un OTTIMA colonna sonora. Con il passare dei minuti però la visione prende strade diverse, trasformandosi in una STRAORDINARIA storia d'amore tra una Bestia e una Bella, così diversi e così simili tra loro.
Oltre alla SEMPRE convincente Nicole Kidman (ormai non so più cosa dire a suo riguardo!) STUPISCE Robert Downey Junior (finalmente uscito dal tunnel della tossicodipendenza!) capace, anche se ricoperto di peli per 3/4 di film, di trasmettere passione, attrattività e sensualità attraverso i soli movimenti del corpo e degli occhi, semplicemente ECCEZIONALE!
Nel compenso un film visionario, una fiaba d'altri tempi, grottesca e surreale, per la ricostruzione di una vita realmente vissuta, da una donna capace di affrontare le proprie paure e perversioni guardandole negli occhi, prima, trasportandole su pellicola, poi, per dare occasione anche a noi, spettatori, di sconfiggerle una volta per tutte.
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leonora
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domenica 15 luglio 2007
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continuazione di leonora
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Commovente la scena dell'oceano in cui i due protagonisti si dicono addio per sempre, quasi un "Mare Dentro" di Alejandro Amenàbar pur con tute le differenze che intercorrono tra i due film.
Diane ci insegna che una vita non vissuta nella sua pienezza non è vita,che bisogna andare oltre le apparenze, messaggi che liberano il cuore, la mente e fanno respirare a fondo.
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alenike
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sabato 30 maggio 2009
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visione distorta della arbus
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Sebbene la pellicola e la fotografia dimostrino una certa abilità nel rendere il film interessante e "misterioso" , la versione della vita della Arbus è decisamente distorta.
Nel libro di Patricia Bosworth al quale pretende di ispirarsi questo film, il personaggio di Lionel non compare e Diane non è affatto una persona delicata e fragile, bensì una donna contraddittoria ma profondamente ambiziosa e ,sebbene non si sia mai definita tale, femminista.
Fino ai 38anni è moglie e madre tenera e affettuosa(sebbene adultera..)ma spinta dal marito comincia a fotografare da sola e nonostante le difficoltà economiche Allan le lascia svolgere questa libertà per niente redditizia consapevole del genio della moglie.
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Sebbene la pellicola e la fotografia dimostrino una certa abilità nel rendere il film interessante e "misterioso" , la versione della vita della Arbus è decisamente distorta.
Nel libro di Patricia Bosworth al quale pretende di ispirarsi questo film, il personaggio di Lionel non compare e Diane non è affatto una persona delicata e fragile, bensì una donna contraddittoria ma profondamente ambiziosa e ,sebbene non si sia mai definita tale, femminista.
Fino ai 38anni è moglie e madre tenera e affettuosa(sebbene adultera..)ma spinta dal marito comincia a fotografare da sola e nonostante le difficoltà economiche Allan le lascia svolgere questa libertà per niente redditizia consapevole del genio della moglie.
Quando il matrimonio va a rotoli Diane comincia a seguire corsi di fotografi famosi come la Model e impara a vedere la realtà e a sperimentare la paura di fotografare quei luoghi e quelle persone che le erano stati taciuti fino ad allora... comincia ad andare in giro in bici fino a tarda sera per conoscere personaggi da fotografare, uomini del circo, travestiti, prostitute ...
E' una critica sociale e personale, è un sentito appoggio all'ambiguità che rende uguali uomini e donne davanti all'obbiettivo..
Questo film sembra più una versione da foto romanzo sviluppata in stile "il favoloso mondo di Amelie"che non un serio progetto di documentare la rivoluzione del lavoro fotografico della Arbus..
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francesco2
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lunedì 31 ottobre 2011
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la vida es sueño? può esserlo un film
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Film un pò bistrattato al festival di Roma 2006, il primo in assoluto. Shainberg quasi ma raggiunge picchi, ma il suo filmetto un pò estetizzante propone anche spunti di riflessione. Vediamo quali.
Una delle cose che si potrebbe (rac)cogliere, potenzialmente esposta (O lasciata intendere) in modo neanche banalissimo, è la confusione tra la sfera reale e quella onirica, che (Almeno) in certi casi si determina nella vita degli artisti. Nulla di nuovo, vuoi di suo, vuoi perché possiamo avere già visto film magari non certo indispensabili, come "Angel". Ma se osserviamo ciò che avviene nella casa di Diane e della famiglia gli ospiti, se per certi versi sembrano usciti da "Lontano dal paradiso", film ponte tra due momenti storici, per altri appaiono figure pressoché oniriche, quasi personaggi più che persone nella stranezza dei propri sguardi e movimenti.
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Film un pò bistrattato al festival di Roma 2006, il primo in assoluto. Shainberg quasi ma raggiunge picchi, ma il suo filmetto un pò estetizzante propone anche spunti di riflessione. Vediamo quali.
Una delle cose che si potrebbe (rac)cogliere, potenzialmente esposta (O lasciata intendere) in modo neanche banalissimo, è la confusione tra la sfera reale e quella onirica, che (Almeno) in certi casi si determina nella vita degli artisti. Nulla di nuovo, vuoi di suo, vuoi perché possiamo avere già visto film magari non certo indispensabili, come "Angel". Ma se osserviamo ciò che avviene nella casa di Diane e della famiglia gli ospiti, se per certi versi sembrano usciti da "Lontano dal paradiso", film ponte tra due momenti storici, per altri appaiono figure pressoché oniriche, quasi personaggi più che persone nella stranezza dei propri sguardi e movimenti. Si pensi, inoltre, al procedimento con il quale viene descritto l'approccio tra la donna e Lionel. Certe trovate, come oggetti di cui, forse, non sapremo mai come fossero finiti in quella stanza, possono apparire concessioni facili acerto cinema pseudo-autoriale; in realtà, però, li si potrebbe anche intendere come una presenza "irreale" che, in maniera non dirompente, scuote la protagonista, o almeno provoca una curiosità verso ciò che avvien enl suo palazzo.
Ove Diane cerca di conoscere la REALTA', per quanto bizzarra, il "mondo dei sogni" la sorprende: anche quando cerca di guardare nel vetro, che dovrebbe TRASPARIRE e quindi riflettere il "vero", davanti ai
suoi occhi si (ri)propone la fantasia, quest'uomo dagli occhi strani(zzati?) che la guarda dallo spioncino, affermndoa di possedere numerosi animali nella propria abitazione.
Certo la "fantasia" ed il "sogno" del film, come dimostrerà il finale o una delle ultimissime scene, sono una storia raccontata con più (relativa) eleganza che non approfondimento psicologico, e se si evitano sostanzialmente patetismi di sorta, nel rapporto tra
la borghese ed il "diverso", manca un'autentica caratterizzazione dei personaggi, fatta parziale eccezione per la protagonista: l'unico tocco di originalità (peraltro davvero plausibile?), è il curioso (o forse inesistente) rapporto tra il marito e Lionel: dapprima incoraggia il rapporto con Diane, successivamente non può che ostacolarlo.
Forse il vero lato interessante diq uesto filmetto sono i suoi "luoghi". Case eleganti, certo, ma anche e soprattutto palazzi misteriosi che nascondono realtà sconosciute. Avete notato, del resto, come più di una volta venga (pro)posta la domanda "Mi racconti un segreto?"; e come, alla fine, la domanda rimanga ma con un'impostazione diversa? Andiamo, per fortuna, abbastanza oltre il solito pistolotto (anti)borghse in un film di "Scoperta". Dove senza moralismi si denuda l'eleganza dell'ambiente di Diane, che scopre il mistero. Non quello trascendente, ma quelli piccoli, e grandi, che stanno così vicino a noi.
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anna aurora
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martedì 4 settembre 2007
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un altro modo di vedere le cose
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Potremmo definirlo un film freak, parola che viene nominata più volte nel corso del racconto. parola che ineffetti riesce a sintetizzare l'argomento. però non lo faremo, poichè il titolo indica tutt'altro. è un ritratto immaginario della fotografa diane arbus, vissuta dal 1923 al 1997, che ha contribuito ad una svolta nel mondo fotografico americano di quegli anni. e lo ha fatto, grazie a quei diversi che lei ha voluto cercare, scoprire, mettendo a nudo i suoi lati più nascosti. perchè in fondo l'inusuale è come tutti noi, se non più enigmatico all'apparenza. fra scatti fotografici che permettono di vedere le cose in un altro modo, fra segreti: un amico bizzarro al piano di sopra, paradossi, trasgressioni, riusciamo ad esplorare il subconscio e il carattere psicologico di diane, che attratta da un forte bisogno del diverso, finisce per diventarne conplice con una grande passione.
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Potremmo definirlo un film freak, parola che viene nominata più volte nel corso del racconto. parola che ineffetti riesce a sintetizzare l'argomento. però non lo faremo, poichè il titolo indica tutt'altro. è un ritratto immaginario della fotografa diane arbus, vissuta dal 1923 al 1997, che ha contribuito ad una svolta nel mondo fotografico americano di quegli anni. e lo ha fatto, grazie a quei diversi che lei ha voluto cercare, scoprire, mettendo a nudo i suoi lati più nascosti. perchè in fondo l'inusuale è come tutti noi, se non più enigmatico all'apparenza. fra scatti fotografici che permettono di vedere le cose in un altro modo, fra segreti: un amico bizzarro al piano di sopra, paradossi, trasgressioni, riusciamo ad esplorare il subconscio e il carattere psicologico di diane, che attratta da un forte bisogno del diverso, finisce per diventarne conplice con una grande passione. accetta ciò che prima aveva spinto infondo alla sua mente, dimenticando... è un film attento ai particolari, musica che fa pensare, vuol vedere i lati nascosti, un'alternativa delle cose. un ritratto immaginario di una fotografa che appartiene forse a quel mondo che ritrae, poichè ne è attratta???? molto bello.
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[+] la arbus è morta suicida nel 71...
(di alenike)
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leonora
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domenica 15 luglio 2007
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fur: un ritratto non immaginario.....
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A mio parere uno dei film più belli degli ultimi anni, con tutta la tv (e il cinema) spazzatura che continuamente ci viene propinata. Opinione questa non solo contro i grand "colossal" americani ma anche contro i format televisivi da tale continente esportati.
Pellicola ben girata, una grande interpretazione della Kidman che passa camaleonticamente da un ruolo all'altro senza difficoltà di sorta.
Ma anche una bella storia, ben narrata, una regia attenta e una fotografia magnifica: la casa di Lionel, la sua ricercata "trasandatezza", i blu delle pareti della camera da letto,i muri scrostati che stridono non solo con la perfezione degli appartamenti sottostanti, ma simboleggiano allo stesso tempo uno stile di vita "diverso" , libero da dalle convenzioni e dalle falsità della vita "normale", un'esistenza basata sulla futilità e la menzogna.
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A mio parere uno dei film più belli degli ultimi anni, con tutta la tv (e il cinema) spazzatura che continuamente ci viene propinata. Opinione questa non solo contro i grand "colossal" americani ma anche contro i format televisivi da tale continente esportati.
Pellicola ben girata, una grande interpretazione della Kidman che passa camaleonticamente da un ruolo all'altro senza difficoltà di sorta.
Ma anche una bella storia, ben narrata, una regia attenta e una fotografia magnifica: la casa di Lionel, la sua ricercata "trasandatezza", i blu delle pareti della camera da letto,i muri scrostati che stridono non solo con la perfezione degli appartamenti sottostanti, ma simboleggiano allo stesso tempo uno stile di vita "diverso" , libero da dalle convenzioni e dalle falsità della vita "normale", un'esistenza basata sulla futilità e la menzogna.
Commovente la scena dell'oceano in cui i due protagonisti si dicono addio per sempre, quasi un "Mare Dentro" di Alejandro Amenàbar pur con tute le differenze che intercorrono tra i due film.
Diane ci insegna che una vita non vissuta nella sua pienezza non è vita,che bisogna andare oltre le apparenze, messaggi che liberano il cuore, la mente e fanno respirare a fondo.
Leonora Stangalini
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