Cover Boy - L'ultima rivoluzione |
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Un film di Carmine Amoroso.
Con Eduard Gabia, Luca Lionello, Chiara Caselli, Francesco Dominedò, Gabriel Spahiu.
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Drammatico,
durata 97 min.
- Italia 2006.
- Cinecittà Luce
uscita venerdì 21 marzo 2008.
MYMONETRO
Cover Boy - L'ultima rivoluzione
valutazione media:
2,98
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Lontano orizzonte del Danubiodi gianleo67Feedback: 61482 | altri commenti e recensioni di gianleo67 |
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martedì 5 febbraio 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ioan, giovane rumeno con la passione per la meccanica ha perso da piccolo il padre, ucciso da un cecchino durante la caduta di Ceauşescu. Coinvolto da un amico, si ritrova su di un treno diretto a Roma e senza una prospettiva lavorativa precisa. Quando l'amico viene fermato alla frontiera, prosegue da solo il suo viaggio per ritrovarsi spaesato e con pochi spiccioli in una città straniera dove cerca di arraggiarsi per vivere dignitosamente. Film realizzato con parsimonia di mezzi e buone idee narrative, l'opera di Carmine Amoroso sviluppa un ragionamento ontologico ed etico sulle ragioni dell'emarginazione sociale senza eccedere nella dietrologia politica e culturale che anima troppa critica simil-progressista e senza cedere più di tanto al facile stereotipo da melodramma di fiction, pur nei limiti di una rappresentazione di genere che racconta una storia e dei personaggi con le codifiche proprie dell'artificio romanzesco. La narrazione di un personaggio esemplare che è animato dai buoni propositi di un'educazione borghese e che si trova 'catapultato' nella modernità di una società occidentale (una Roma periferica di occupazioni precarie e derelitti che 'abitano' ai margini del tessuto sociale) che tende all'espulsione piu' che all'integrazione, delinea il confine tra le legittime aspirazioni al benessere sociale ed economico e quelle tra le molteplici occasioni di sfruttamento materiale e morale, codificando la cifra del film tra impegno civile e una riconoscibile vocazione intimista. Senza pretenziosità o risibili ambizioni festivaliere è il film di un autore piu' avvezzo alla scrittura che alla macchina da presa e tuttavia capace di imprimere un ritmo ed un registro coerenti ad una narrazione che alterna momenti di pudica passionalità umana (una storia di amicizia virile che nasconde una repressa pulsione omosessuale) e i siparietti semiseri della commedia di costume (una Littizzetto imbrigliata nel ruolo di acidina padrona di casa e velleitaria attrice bruciata). La critica sociale e culturale si estende nel finale anche allo sfavillante mondo dello show biz e della moda dove la civiltà dell'immagine segna il passo di una cinica modernità pronta a fagocitare persone e ideali per sacrificarli al Dio del denaro e del successo ad ogni costo, la brutalità immorale di una rozza e primitiva idea di marketing ('Wear the War' è uno slogan tanto semplice e geniale quanto abominevole). Bravi i protagonisti maschili che cercano di restituire la dignità di uno sguardo pulito e gentile ad un mondo di umiliazioni e sopraffazioni anche se la regia indugia a volte troppo nel banalizzarne istanze e comportamenti o accentuandone gli aspetti patetici o l'ingenuo idelismo (la storia del 'sogno nel cassetto' è uno stanco e logoro espediente drammaturgico che abbozza un linguaggio di facile presa emotiva sullo spettatore). Finale intimista e tragico che travalica la realtà per smarrirsi nel miraggio dolce e remoto di una Danubio al tramonto:' di là nel posto più bello del mondo'. Curiosa elegia 'de noantri'.
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