Scelto dall’autore Jang Jin per trasporre in pellicola la sua sceneggiatura, l’esordiente Park si dimostra in grado di dar vita ad un adattamento stupefacente, ricchissimo dal punto di vista visivo, e fortemente evocativo. Con l’aiuto della sceneggiatura, delle scenografie, di una computer-graphics usata in funzione creativa e mai invasiva, della stupende melodie di Hisaishi, il regista costruisce un film carico di scene memorabili, dall’atmosfera sognante e “fuori dal tempo”, bellissimo da vedere, ma anche profondamente commovente (in particolar modo nel finale).
Uno straordinario film pacifista, che si tiene alla larga da qualunque melensaggine, nonché da qualche retorica predicatoria, e rende palese l’assurdità e insensatezza di ogni conflitto. Indubbiamente in questo ricorda i migliori anime di Miyazaki, ed anche nel suo placido incedere, nella sua toccante semplicità, oltreché nell’elogio dello spirito di fratellanza capace di andare oltre qualunque divisione, e nella descrizione di un senso della meraviglia quasi infantile per le cose del mondo (esplicitato nel personaggio di Yeo-il, che non a caso apre e chiude il film), la natura incontaminata e il diverso da sé, visto, tanto dagli abitanti del villaggio quanto, per l’appunto, dalla “pazza” Yeo-il, senza forzature ideologiche, senza pregiudizi, non come un nemico, ma con occhi benevoli, come possibile amico, fratello. Come in Miyazaki, l’irrompere del “mondo esterno”, il mondo degli “adulti”, con la sua violenza e crudeltà, non può che spezzare l’idillio.
Ma, al fondo, v’è una concezione per la quale ogni uomo non sarebbe per nulla naturalmente portato al male, alla violenza, al disprezzo degli altri; e, attraverso il contatto con questo altro da sé, attraverso il rapporto, la condivisione, lo scambio, sarebbe capace di liberarsi da ogni pregiudizio ed irrazionale paura, da ogni indotto sentimento di parte (il soldato semplice Taek-ki si renderà persino conto di non sapere neppure con esatezza perché sta combattendo), di superiorità, e di vivere in armonia, con reciproco rispetto (come riescono a fare, non senza iniziali difficoltà, i sei “intrusi”).
Un messaggio potente, che in sé, ovviamente, porta anche il sentimento di una possibile riunificazione tra Nord e Sud della penisola coreana, ma, volendo allargare il discorso, anche tra tutti i popoli della terra. Una visione senza dubbio utopistica, ma comunque suggestiva. Forse ingenua, forse infantile, ma proprio per questo universale (perché è l’infanzia il periodo della scoperta, in cui si è ancora disposti a interagire e non dividere).
Una visione espressa in una forma ammaliante, da un film esteticamente meraviglioso, che probabilmente vuole richiamare, con la sua fotografia dai colori sgargianti, i paesaggi lussureggianti e gli infuocati tramonti di sapore quasi pittorico, le parentesi comiche e surreali, i film d’animazione più inventivi e fantasiosi (come, per l'appunto, quelli ad opera di Miyazaki). Irresistibili, difatti, diversi inserti, tra aperture fin poetiche (la “pioggia di popcorn”) e parentesi geniali ed esilaranti (vedi la lotta contro il cinghiale, filmata in modo sorprendente, tutta in ralenti).
Ottime le interpretazioni ed emozionanti le già citate melodie di Hisaishi che contribuiscono, ribadendo, a rinforzare la sensazione, come notato da più parti, di trovarsi di fronte ad un inatteso ma più che benvenuto “film dello Studio Ghibli con attori in carne e ossa”. Non per niente, il regista si è dichiarato più volte un grande fan delle opere di Miyazaki, ha affermato di aver scritto alcune scene ascoltando le passate colonne sonore del grande Hisaishi, ed è riuscito, per l’appunto, a convincere quest’ultimo a scegliere come suo primo film coreano da musicare proprio questo stupendo e sorprendente Welcome to Dongmakgol, una piccola, grande gemma, sicuramente tra gli esordi più promettenti di sempre.
Che però, come di consueto, ha avuto diffusione quasi nulla al di fuori del proprio paese d’origine (dove, invece, ha ottenuto un grande successo), e, scelto come rappresentante della Corea del Sud agli Oscar 2005, non si è neppure conquistato la nomination, non passando il processo di selezione. E questo nonostante la buona accoglienza alle proiezioni per i soci dell’Academy. Ovviamente, tra gli altri paesi, è rimasto inedito anche in Italia.
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