Roberto Nepoti
La Repubblica
Premio della Giuria a Cannes, un film sullo sfondo di un pezzo mal conosciuto della recente storia cinese. La diciannovenne Qing Hong è nata e vive nella provincia di Guizhou, regione povera della Cina dove, negli anni 60, il governo aveva decentrato le fabbriche per costituire una “terza linea di difesa” in caso di guerra con l’Unione Sovietica. Ora i suoi genitori, ex-rivoluzionari delusi, sognano il ritorno a Shanghai. Il che, per la fanciulla, significa rinunciare ai luoghi dell’infanzia e agli amici con cui è cresciuta; ad aggiungere sofferenza agli addii, si somma la rottura sentimentale obbligata col suo primo amore, che non piace a papà.
Se il film precedente del cineasta, Le biciclette di Pechino, era post-neo realista, questo rientra nella tradizione del melodramma per il continuo “crescendo” con cui articola gli eventi. Wang Xiaoshuai possiede in abbondanza il talento della narrazione filmica, come dimostra l’abilità nello sfruttare i “tagli” temporali e il fuori-campo per far crescere la tensione e la partecipazione emotiva dello spettatore. La fotografia è bella e le luci, particolarmente curate, immergono i personaggi in un’indefinibile atmosfera di malinconia. Non ultimo merito, il regista dirige gli attori con sobrietà, rendendo credibili e coinvolgenti i personaggi. A partire da Gao Yuanvauan, che a casa sua è una modella di successo ma, nella parte dell’infelice eroina, non era per niente un prodotto della globalizzazione.
Da La Repubblica, 9 dicembre 2005
di Roberto Nepoti, 9 dicembre 2005