Gian Luigi Rondi
Il Tempo
Negli anni Sessanta la Repubblica Popolare di Cina pensava a un conflitto armato con l’Unione Sovietica. In previsione, ritenne opportuno spostare le fabbriche più importanti di Pechino e di Shanghai in più protette regioni occidentali, spostandovi insieme, naturalmente, tutti gli operai con le loro famiglie. Le conseguenze, per gli adulti, furono di uno sradicamento totale, mentre i loro figli, o perché ancora bambini o perché addirittura nati lì, si adeguarono perfettamente a quella situazione, legandosi, spesso anche intimamente, a quelle nuove cornici e a chi da sempre vi abitava, non tardando a scontrarsi con i genitori, sempre ansiosi di ritornare da dove erano partiti, mentre loro l’idea di quel ritorno la sentivano come una minaccia. [...]
di Gian Luigi Rondi, articolo completo (2612 caratteri spazi inclusi) su Il Tempo 8 dicembre 2005