Robots

Claudia Morgoglione

Da Metropolis a Guerre stellari, da A.I. a Terminator, il cinema è stato sempre affascinato dal lato "umano" delle macchine. Ma nessun androide finora avvistato sul grande schermo può essere paragonato ai protagonisti di Robots, il kolossal d'animazione targato 20th Century Fox in arrivo nelle nostre sale: una folla di creature metalliche coloratissime, buffe, disarmanti, dall'aspetto un po' retrò. Simili, per intenderci, a quei vecchi elettrodomestici che vanno a ruba nei negozi o nelle fiere di modernariato.
Insomma un universo fantasioso quanto basta per catturare il pubblico giovanissimo, come d'obbligo in una pellicola animata. Ma che - proprio come nei film appena usciti della Dreamworks, Shrek 2 e Shark tale - vuole piacere anche agli adulti, confidando sulle trovate visive e sulla sceneggiatura brillante. Un'operazione che, anche nel caso di Robots, fa capo a un marchio di qualità garantito: la casa di produzione e il regista del film, Chris Wedge, sono gli stessi dell'Era glaciale, grande successo in tutto il mondo. E di cui adesso di sta preparando un seguito: in originale, in titolo è Ice age 2: the Meltdown, e arriverà nelle sale il prossimo anno.
Nell'attesa, sbarca nei nostri cinema una folla di macchine pensanti davvero particolari, che si muovono in un universo interamente popolato da esseri metallici. Tra cui il protagonista della vicenda, Rodney Copperbottom, robot di famiglia abbastanza povera, figlio di un lavapiatti di ristorante, e cresciuto con pezzi di ricambio usati. Deciso a diventare inventore, il nostro eroe, ancora giovane, emigra dalla sua cittadina alla grande e tentacolare Robot City, in cerca di fortuna. Solo che qui scoprirà che al posto del "protettore" degli inventori, Bigweld, c'è il cattivo Ratchet, deciso a rottamare definitivamente tutte le macchine vecchie. E sarà proprio Rodney, insieme alla bella Cappy e a un gruppo di colleghi da strada, a combattere perché tornino giustizia, creatività e tolleranza.
In originale, la voce del personaggio principale è quella di un divo di primo piano come Ewan McGregor; in Italia, invece, la scelta è caduta su una star musical-televisiva amata dai giovanissimi, Dj Francesco. Figlio d'arte (suo padre è Roby Facchinetti dei Pooh), reduce dall'Isola dei famosi 2 e dall'ultimo Sanremo, il cantante racconta così la sua avventura nel mondo di Robots: "Quando sono tornato dall'Isola mi hanno detto che c'era un cartone animato da doppiare - spiega - Mi sono chiesto come fosse possibile, visto che sono dislessico, parlo milanese e ho una serie di accenti strani. Alla Fox mi hanno detto che somigliavo fisicamente al protagonista, e, effettivamente, è vero. Abbiamo fatto una prova e ho potuto tirare fuori tutti i versi strani che so fare e che mia madre e i miei insegnanti mi hanno sempre rimproverato. E' andata bene".
Ma la vera sfida, nel film, l'hanno affrontata non tanto i doppiatori, quanto i realizzatori. Alle prese con una scenografia ricca di particolari e di colori, e con una vera e propria folla di personaggi da animare e da rendere, in qualche modo, "umani". Una difficoltà confermata dal co-regista Carlos Saldanha: "Con L'era glaciale - racconta - avevamo ampie zone bianche sullo sfondo e solo tre personaggi principali; in Robots abbiamo creato una città vasta e a più livelli, e molti più protagonisti".
Impresa riuscita? Al pubblico italiano l'ardua sentenza. Ma intanto c'è da registrare il fatto che, nelle prime due settimane di programmazione, il film ha già conquistato gli spettatori americani.
Da La Repubblica, 22 marzo 2005


di Claudia Morgoglione, 22 marzo 2005