Parole d'amore

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Un film di Scott McGehee, David Siegel (II). Con Richard Gere, Juliette Binoche, Flora Cross, Max Minghella, Kate Bosworth.
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Titolo originale Bee Season. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 104 min. - USA 2005. uscita venerdì 23 dicembre 2005. MYMONETRO Parole d'amore * * - - - valutazione media: 2,38 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Claudia Morgoglione

La Repubblica

La confezione è tipicamente natalizia: un film che - nella traduzione italiana - si intitola Parole d'amore, interpretato da due divi affascinanti e romantici come Richard Gere e Juliette Binoche. Non si tratta, però, di una commedia sentimentale, o di un filmone strappalacrime su una love story: la storia, infatti, è quella di una famiglia che va in pezzi. In un melodramma a tinte forti che esplora temi come il misticismo e la follia, i rapporti difficili genitori-figli e la difficoltà di sopravvivere ai sogni infranti.
Insomma, una strenna diversa dal solito. Adatta a chi, nelle feste, cerca qualcosa di diverso sia dalle commedie all'italiana (vedi Pieraccioni o Neri Parenti), sia dall'invasione di kolossal fantasy, capitanati da King Kong e dalla Cronache di Narnia. E che però non vuole nemmeno pellicole troppo indipendenti, preferendo attori di sicuro richiamo. E in effetti Parole d'amore - diretto a quattro mani da Scott McGehee e David Siegel - soddisfa tutti questi requisiti. Anche perché sembra costruito apposta sul carisma dei due divi protagonisti: bello, tosto e fin troppo invadente lui; più lunatica e sottotono lei. Nella finzione, marito e moglie. Gere è Saul, ebreo, professore di religione dagli slanci mistici, ossessionato dalla cucina e dalla (presunta) perfezione della sua famiglia. Binoche è Miriam, cattolica convertita, sfuggente, spesso assente da casa per misteriosi motivi. E poi ci sono i due figli: l'adolescente Aaron (Max Minghella), ansioso delle attenzioni del padre ma insofferente alla sua voglia di controllo totale; e l'undicenne Eliza (Flora Cross), che cattura improvvisamente l'attenzione del genitore vincendo le selezioni per i campionati di spelling. Cioè le gare in cui i giovani partecipanti devono scansionare in maniera corretta, lettera per lettera, le parole più complicate.
Una disciplina, questa, difficile da comprendere, per noi italiani. Ma che in America, vista la pronuncia irregolare propria della lingua inglese, è seguitissima: basta pensare che i campionati nazionali di spelling, riservati ai ragazzini, registrano una media di dieci milioni di iscritti. Con la finale trasmessa anche in diretta tv, sulla rete Espn.
Nel film, dunque, la piccola Eliza scopre di essere un asso della disciplina: vince le selezioni provinciali, poi quelle regionali, e si prepara a partecipare alla finale nazionale. Accompagnata da un padre entusiasta della sua bravura, perso com'è nelle sue ansie di perfezione: per lui, ebreo mistico, la figlia - con la sua capacità di giocare con le lettere e le parole - ha la capacità, più unica che rara, di farsi ascoltare dal Signore, "di arrivare all'orecchio di Dio".
Perso in questa sorta di rivincita, tra riscatto personale e afflati religiosi, Saul non si rende conto che la sua famiglia sta andando in pezzi. E che moglie e figlio maggiore stanno prendendo strade senza dubbio diverse dalla sua: percorsi che hanno a che fare con la follia, con l'evasione dalla realtà, con la voglia di trovare un luogo spirituale diverso. Di più non diremo, per non svelare troppo la trama. Aggiungendo solo che toccherà alla piccola, dolce e sempre triste Eliza tentare di rimettere insieme i pezzi.
Questa è la storia - tratta dal romanzo La stagione delle Api di Myla Goldberg (in Italia è edito da Fazi), che negli Usa ha avuto molto successo. E che ha affascinato anche un divo veterano come Richard Gere: "Mi interessano sempre - ha spiegato, commentando il suo entusiasmo per il film - le storie che esplorano la complessità della vita e le zone grigie in cui viviamo". E poi c'è l'aspetto mistico della vicenda, certamente vicino a una persona, che, come lui, da anni si dedica alla causa del buddismo: "E' vero - ha ammesso - i caratteri e le situazioni di Parole d'amore sembravano molto reali, alla luce della mia esperienza umana".
Ma, al di là del misticismo, il film è anche un classico melodramma su segreti e bugie familiari. Col personaggio della Binoche custode di una vita parallela che viene svelata solo nella seconda parte della storia: un comportamento "doppio" a cui l'attrice ci ha spesso abituati, nella sua carriera ricca di interpretazioni a tinte forti. Anche se il sorriso disarmante che sfoggia in alcune sequenze ricorda più il suo "lato Chocolat".
Da Repubblica.it, 13 dicembre 2005


di Claudia Morgoglione, 13 dicembre 2005

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