Niente da nascondere

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Un film di Michael Haneke. Con Juliette Binoche, Daniel Auteuil, Annie Girardot, Maurice Bénichou, Bernard Le Coq.
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Titolo originale Caché. Drammatico, durata 117 min. - Francia, Germania, Austria, Italia 2005. - Bim Distribuzione uscita venerdì 14 ottobre 2005. MYMONETRO Niente da nascondere * * * 1/2 - valutazione media: 3,57 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Natalia Aspesi

D di Repubblica

Nell’appartamento di un noto personaggio televisivo, lampade firmate, divani bianchi, pareti completamente foderate di libri, arriva un giorno una videocassetta: riproduce per un paio d’ore, a camera fissa, la facciata della sua casa, con l’andirivieni di auto e persone. Perché quell’oggetto anonimo, apparentemente innocuo, accompagnato dal disegno infantile di un bambino sanguinante, mette subito in allarme Georges Laurent (Daniel Auteuil)? Incomincia così Caché, tradotto in Niente da nascondere, il nuovo, come sempre crudele film dell'austriaco Michael Haneke, 61 anni, autore tra l’altro dello sconvolgente La pianista con un’esemplare Isabelle Huppert. Georges vive con la bella moglie Anne (Juliette Binoche), che lavora nel mondo editoriale, e il loro figlio 12enne Pierrot, dalla parte giusta del mondo e della società, a Parigi, nella borghesia affluente e intellettuale. Altri video arrivano, sempre più misteriosi, che ritraggono la famiglia all’interno della casa, nei suoi gesti quotidiani. La sensazione di essere costantemente spiato, tenuto sotto sorveglianza da uno sconosciuto, un nemico invisibile, risveglia in Georges sinistri ricordi dimenticati dell’infanzia, e fa emergere una sua nascosta violenza, una spietatezza che spaventano Anne e Pierrot, rendendoli sospettosi e confusi. Il film è condotto come un thriller carico di angoscia, in un’atmosfera di assillante, inspiegabile pericolo. Un ennesimo videotape conduce Georges in un quartiere dell’altra Parigi, quella desolata, nella misera casa di un algerino suo coetaneo: è Majid, i cui genitori lavoravano al servizio della famiglia di Georges negli anni della massima repressione francese in Algeria. Con tutta l’arroganza di chi crede, perché europeo, perché colto, perché benestante, di poter disprezzare un immigrato fallito, lo minaccia con quieta ferocia: “Terrorizza me e la mia famiglia e te ne pentirai”. E quando un pomeriggio Pierrot non torna a casa da scuola, suo padre fa arrestare Majid e suo figlio adolescente, certo che i persecutori siano loro. Il finale resta aperto, scontentando certo chi, appassionandosi alla amara e inquietante vicenda, vorrebbe invece una soluzione più chiara. Ma intanto il film ci ha ferito con la sua segreta desolazione, con l’accusa che il regista muove al nostro Occidente, oggi immerso nella paura della violenza del mondo altro che esso stesso ha provocato con la sua propria violenza, e che ha dimenticato, cancellato dalla sua coscienza. In questa storia le vittime sono altre dalla famiglia che si sente spiata, e il tema principale che inquieta lo spettatore è quello della responsabilità: non solo quella del passato della Francia verso l’Algeria, ma quella, oggi, dell’America e dell’Europa verso l’Iraq e altri luoghi infelici e dilaniati del mondo. Implicitamente, Haneke ci obbliga a riflettere sulle origini del terrorismo che avvelena l’Occidente, sulle nostre colpe lontane. E nell’odiosa figura del bravissimo Auteuil, nei suoi ricordi di una infanzia attraversata dalla sopraffazione sui più deboli, nel disprezzo e nella violenza con cui difende la sua superiorità sociale, nello spirito di vendetta contro un male da lui stesso provocato, il regista impone il difficile, angoscioso discorso della responsabilità individuale, quella parte di colpa verso lo stato del mondo che ognuno di noi ha e non vuole riconoscere. In una piccola parte, quella della vecchia madre malata di Georges, c'è una grande Annie Girardot, l’indimenticabile, sensuale Nadia di Rocco e i suoi fratelli, 45 anni fa.
Da D di Repubblica, 29 ottobre 2005


di Natalia Aspesi, 29 ottobre 2005

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