Può Woody Allen girare un film senza Woody Allen? O meglio senza la sua verve,la sua vis comica,i suo marchi di fabbrica. La storia esula da New York e dai sui convenzionali e collaudati isterismi,ma a starci attenti tutto ritorna, in questo caso tranne il destino. In che genere si inscrive il film? Psyco-thriller, noir, melodramma,opera lirica, pièce teatrale,romanzo epico (vedi l'eloquente richiamo a Dostoevskij)...no, niente da fare. L'opera si iscrive nel genere Woody Allen. Un genere sfuggente, evasivo, annidato in un angolo oscuro della psiche umana.
Nella prima parte del film,che a torto o a ragione può apparire anche noiosa, il film sembra esplicitamente svelare le sue carte, fare il suo gioco: può un individuo voltare le spalle al paradiso (del benessere, dell'appagamento, sociale, finanziario) per cedere il passo all'ardente, logorante, cieca passione? Al desiderio puro e immacolato? Forse. Parliamone. E questo è l'ouverture. Ed ecco che d'improvviso, inaspettatamente, tutto vira, volta pagina, inverte la rotta. Il secondo atto incarna l'anima,il cuore dell'opera. Tutto può succedere. Anche in uno stile estetico tanto compassato e austero come quello che l'istrionico Woody ha deciso di affibbiare al racconto.
Fermolestando che l'eclettismo c'è, è presente, pulsa, tambureggia. Numerosi infatti i punti di forza dell’opera: la caratterizzazione psicologica,i colpi di scena (folgorante l'assassinio della vicina e l'ultimo, raggelante turning point del dialogo tra i due sbirri ingenui), la recitazione duttile e farisea di Scarlett, una magnifica Londra, mai vista così nitida, le rasoiate sulla meccanicità sterile dell'upper class, le abituali punch lines di Woody? In questo caso no grazie, a parte la prima artificiosa premessa. Così come non mancano i punti deboli: la trama non è certo avvincente, desueta,il ritmo non è di sicuro serrato, alcuni amabili personaggi vengono misteriosamente meno in corsa d'opera (la madre e il fratello di Chloe), Jonathan R. Meyers sarà pure faunesco, ma la sua recitazione è monolitica, eppure il film rimane un gran bel film. Potete scommetterci la parcella dell'analista!
Il modo in cui l’opera fa ragionare sull'esistenza, la mia esistenza, la tua, sulla caducità del nostro agire e sulle variabili dell'incidenza del caso è straordinario,impareggiabile e invita e riflettere. E' plausibile l'assunto del film: possono il caso e il suo incedere influire sul corso degli eventi, sulle nostre labili vicende esistenziali, le nostre avventure umane più della nostra volontà, il nostro potenziale, le nostre capacità di mimesi e di adattamento? Pensaci. Pensaci bene. Il costante dualismo con l'Opera è illuminante. Anche nell'Opera amore e morte convergono, spesso con risultati tragici e nonsense. E poi c'è il teatro, ebbene si, anche qui. In questo lavoro così atipico. Ma nel teatro,si sa, ognuno paga le sue colpe, è condannato per i suoi reati, castigato per le proprie umane debolezze, i doppigiochi, e ipoteca il suo destino. Ineluttabile. Come Otello x la propria gelosia, o come gli epocali amanti di Verona, loro si, per la loro lacerante passione. Ma qui no. Questo è il cinema, baby! Qui tutto può essere ribaltato,stravolto, (ir-)razionalizzato.
Colpisce come il sempiterno pessimismo di fondo di Woody, costante nelle commedie, si stemperi in un beffardo e maligno ottimismo che proscioglie Chris dalle sue colpe nel dramma, permettendogli di salvare capra e cavoli. Qual è il messaggio in questo caso? Voi lo sapete? Io no. Ma il film resta cmq un gioiello.
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