a
|
martedì 20 dicembre 2005
|
miseria e nobilita'
|
|
|
|
“L’enfant” è l’ultima opera di Luc e Jean-Pierre Dardenne, ma potrebbe essere la seconda o la terza: la ripetitività della loro filmografia è proporzionale alla profondità di sguardo con cui affrontano un'unica tematica, la faticosa dialettica fra etica ed emarginazione sociale. L’essenzialità dell’argomentazione scaturisce dal rapporto esclusivo fra macchina da presa e personaggio: la prima pedina, accerchia, non lascia scampo al secondo, e, nel corso della storia, diventa l’interlocutore nascosto della sua vocazione al martirio, della perdizione e della riabilitazione finale. Il lungometraggio si concentra su un calvario individuale, ne illumina i particolari fisici e materiali più sgradevoli, ne è documento impassibile, lasciando solo nella conclusione trapelare un punto di vista privilegiato rispetto al mondo incolto e sprovveduto raccontato, uno spiraglio di luce appena intravisto, un traguardo di salute morale a cui arrivano a marce forzate tutti i diseredati figli delle pellicole dei Dardenne, un punto d’arrivo dove finalmente coincidono rettitudine e riscatto per l’umanità tutta compresa quella relegata dalla società nel baratro della miseria e del vuoto di valori.
[+]
“L’enfant” è l’ultima opera di Luc e Jean-Pierre Dardenne, ma potrebbe essere la seconda o la terza: la ripetitività della loro filmografia è proporzionale alla profondità di sguardo con cui affrontano un'unica tematica, la faticosa dialettica fra etica ed emarginazione sociale. L’essenzialità dell’argomentazione scaturisce dal rapporto esclusivo fra macchina da presa e personaggio: la prima pedina, accerchia, non lascia scampo al secondo, e, nel corso della storia, diventa l’interlocutore nascosto della sua vocazione al martirio, della perdizione e della riabilitazione finale. Il lungometraggio si concentra su un calvario individuale, ne illumina i particolari fisici e materiali più sgradevoli, ne è documento impassibile, lasciando solo nella conclusione trapelare un punto di vista privilegiato rispetto al mondo incolto e sprovveduto raccontato, uno spiraglio di luce appena intravisto, un traguardo di salute morale a cui arrivano a marce forzate tutti i diseredati figli delle pellicole dei Dardenne, un punto d’arrivo dove finalmente coincidono rettitudine e riscatto per l’umanità tutta compresa quella relegata dalla società nel baratro della miseria e del vuoto di valori. L’esemplarità delle vicende non si traduce mai in una tipizzazione schematica: Rosetta, Bruno, Sonia, sono fatti di lacrime e sangue, e con i loro sguardi, l’espressione dei volti, l’ afasia, l’ assenza di pensiero, sono un’incarnazione viva delle storture dei meccanismi stritolanti del nostro sistema di vita. I Dardenne non si sostituiscono a politici e sociologi nell’azzardare diagnosi sulla malattia e nel suggerire terapie, ma osservano la realtà e vedono creature inconsapevoli sottoposte quotidianamente a tortura e vanno a cercare il paradosso di un’anima, dell’amore, della bontà e dell’altruismo generoso proprio dove sembra non essercene ombra, fra i teppisti di piccolo calibro come Bruno. “L’enfant” finisce per essere una parabola, non fa molta differenza se religiosa o laica: la città degli uomini spoglia l’uomo della sua umanità, la città di dio, nel suo animo, gli consente di riscoprirla, tramite l’amore per sé e per gli altri. E la sacralità dell’individuo una volta nato, al di là e nonostante tutto, è la vera lezione del cinema dei fratelli belgi, un neonato in lacrime fasciato di azzurro, sballottato fra baracche e dormitori pubblici, in vendita, ne è simbolo lampante nella sua fragilità: consapevolezza del valore metafisico della propria esistenza, lo definiva Snell, commentando “Le supplici” di Eschilo, e, visto che siamo nel cuore dell’Europa, da questo punto di vista la pellicola è un campanello d’allarme per le società evolute. I Dardenne però non abbandonano il loro protagonista nell’abisso della ferinità e dell’insignificanza, gli danno il privilegio di un risveglio e di una coscienza: egli non ha padre, la madre lo lascia fuori dalla porta di casa, ed è lui a scoprire la responsabilità di essere padre e marito e il proprio inestimabile valore di persona nei legami affettivi con altre persone. Ma la tensione morale si respira ad ogni scena del film: si prenda l’interminabile sequenza del bambino ladro immerso nel fiume gelato, la si guarda inorriditi, e alla riprovazione per chi delinque o per le disuguaglianze che lo costringono, subentra un profondo senso di pietà per noi tutti, borseggiati e borseggiatori. Se Dio da qualche padre esiste, esso esiste soprattutto nel perdono e nel pianto.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a a »
[ - ] lascia un commento a a »
|
|
d'accordo? |
|
hripsimè
|
sabato 7 gennaio 2006
|
l'enfant
|
|
|
|
Una telecamera sottolinea due adolescenti in movimento per un'anonima quanto grigia città. Un perpetuo moto, una telecamera che segue muovendosi anch'essa, come a cercare di non perdere neanche un gesto appena abbozzato, questi nostri protagonisti.
Due ragazzi si ritrovano ad essere genitori, senza aver veramente pensato alle enormi responsabilità che il gesto richiede. Ed è proprio con la nascita del piccolo che si creano le differenze, fra una ragazza/donna che scopre l'istinto materno ed un ragazzo/padre preda degli eventi cui non riesce a conferire il giusto valore.
Interessantissima la rete di legami che incatena questi nostri protagonisti "dannati". Il ragazzo che non sente istinti paterni verso il nascituro decide di redimersi quando il suo piccolo collega di furti viene arrestato.
[+]
Una telecamera sottolinea due adolescenti in movimento per un'anonima quanto grigia città. Un perpetuo moto, una telecamera che segue muovendosi anch'essa, come a cercare di non perdere neanche un gesto appena abbozzato, questi nostri protagonisti.
Due ragazzi si ritrovano ad essere genitori, senza aver veramente pensato alle enormi responsabilità che il gesto richiede. Ed è proprio con la nascita del piccolo che si creano le differenze, fra una ragazza/donna che scopre l'istinto materno ed un ragazzo/padre preda degli eventi cui non riesce a conferire il giusto valore.
Interessantissima la rete di legami che incatena questi nostri protagonisti "dannati". Il ragazzo che non sente istinti paterni verso il nascituro decide di redimersi quando il suo piccolo collega di furti viene arrestato. Sta qui il fulcro della storia, che segue le orme del ragazzo, un incredibile Jérémie Renier, protagonista principale della storia. E' lui la figura cardine, ben scolpita e profondamente umana. Tutto si snoda da lui, che coi suoi pensieri ci comunica qualcosa di estremamente scioccante, impossibile da rendere con le parole. Un viso tranquillo e remissivo e proprio per questo assolutamente adatto a raccontarci l'andamento di questo moto apatico verso una nebbia che ci impedisce di vedere l'oltre. Con tutti gli attori che tentano di comunicarci qualcosa è lui che esce vincente con il suo silenzio ed il suo disinteresse a farsi personaggio.
Ma forse la vera protagonista della storia è la telecamera, che con assoluta assenza di giudizio si limita a rendere i fatti nudi e crudi. Non è un documentario ma potrebbe.
L'assenza quasi totale di musica rende ancora più significative le poche melodie inserite nel testo, come una musica classica che la madre tenta di mettere in macchina per far addormentare il figlio e che il padre subitamente spegne. Finchè tutto non diventa un gioco, fra un continuo accendere e spegnere la radio. Seppure con una base che molto coincide col documentario, questo film percorre un filone di segni che indicano un sottotesto, forse ciò che i protagonisti non vogliono dirci.
Il finale è un momento magico, forte e significativo, con due visi privi del cerone che permea i perfetti personaggi del cinema e che ci mostrano una nudità dell'amore per questo tanto più commovente. E' quasi imbarazzante vedere questi due giovani che piangono accarezzandosi il viso e che con assoluta onestà ci fanno capire che sono soli nel loro dolore, escludendoci con quell'abbraccio, quasi ricordandoci che siamo solo degli spettatori, voyeurs paganti in una scena privata.
Il film presenta innumerevoli prospettive da cui analizzare la storia, il ragazzo, la telecamera e la città. Una città grigia, come velata da un vento che possiamo quasi palpare, da uno smog che possiamo sentire penetrarci nelle narici. Anche le scene, seppur rare, di interni mantengono questo filone, a ricordarci la mediocrità, altro elemento portante del film
[-]
|
|
[+] lascia un commento a hripsimè »
[ - ] lascia un commento a hripsimè »
|
|
d'accordo? |
|
paride86
|
domenica 14 giugno 2009
|
asciutto e drammatico
|
|
|
|
Bruno è uno sbandato immaturo, un "enfant", come suggerisce il titolo. Insieme alla sua ragazza vive di espedienti ai margini della società. La nascita del figlio porterà molti cambiamenti e lo condurrà verso un'assunzione di responsabilità (almeno così sembra suggerire il finale).
Lo stile dei fratelli Dardenne è come al solito spiazzante: alla drammaticità dei contenuti corrisponde una forma tanto asciutta quanto realistica.
"L'enfant" è un film verista, proprio come "Rosetta" e "Il Figlio", ed è stato premiato a Cannes, che da un po' di tempo sembra preferire questo modo di fare cinema. Io ci tengo a rimarcare il fatto che il cinema è anche magia, perciò l'assenza di musiche, di stratagemmi narrativi e registici mi fa sempre un po' effetto.
[+]
Bruno è uno sbandato immaturo, un "enfant", come suggerisce il titolo. Insieme alla sua ragazza vive di espedienti ai margini della società. La nascita del figlio porterà molti cambiamenti e lo condurrà verso un'assunzione di responsabilità (almeno così sembra suggerire il finale).
Lo stile dei fratelli Dardenne è come al solito spiazzante: alla drammaticità dei contenuti corrisponde una forma tanto asciutta quanto realistica.
"L'enfant" è un film verista, proprio come "Rosetta" e "Il Figlio", ed è stato premiato a Cannes, che da un po' di tempo sembra preferire questo modo di fare cinema. Io ci tengo a rimarcare il fatto che il cinema è anche magia, perciò l'assenza di musiche, di stratagemmi narrativi e registici mi fa sempre un po' effetto.
Per quanto riguarda il resto non si può negare che questo sia davvero un buon film, forse il migliore dei fratelli Dardenne.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paride86 »
[ - ] lascia un commento a paride86 »
|
|
d'accordo? |
|
theophilus
|
lunedì 9 dicembre 2013
|
quasi niente da dichiarare
|
|
|
|
L’ENFANT
Per chi avesse preliminarmente visto al cinematografo il breve trailer di L’enfant, sarebbe poi quasi superfluo andarsi a vedere l’intero film, vincitore della Palma d’oro a Cannes 2005.
La storia si sintetizza, infatti, in pochi punti salienti e non si presta ad approfondite analisi come, invece, era accaduto per precedenti pellicole dei fratelli Dardenne, quali Rosetta o Le fils. L’intreccio scorre piuttosto fluidamente. Questo, però, non appare un pregio, non è tanto indice di chiarezza e agilità, quanto, invece, sintomo di un approccio un po’ distaccato, di un difetto d’ispirazione a cui i due registi belgi suppliscono con il loro mestiere.
[+]
L’ENFANT
Per chi avesse preliminarmente visto al cinematografo il breve trailer di L’enfant, sarebbe poi quasi superfluo andarsi a vedere l’intero film, vincitore della Palma d’oro a Cannes 2005.
La storia si sintetizza, infatti, in pochi punti salienti e non si presta ad approfondite analisi come, invece, era accaduto per precedenti pellicole dei fratelli Dardenne, quali Rosetta o Le fils. L’intreccio scorre piuttosto fluidamente. Questo, però, non appare un pregio, non è tanto indice di chiarezza e agilità, quanto, invece, sintomo di un approccio un po’ distaccato, di un difetto d’ispirazione a cui i due registi belgi suppliscono con il loro mestiere.
L’enfant è la storia di un balordo che non tenta neppure di trovarsi un lavoro perché è roba da coglioni. Campa di sotterfugi e furtarelli in cui coinvolge anche alcuni adolescenti. Quando la sua ragazza partorisce un bambino, a sua insaputa Bruno lo vende in adozione. Poi, in seguito alla disperata e furiosa reazione di lei, ricompra il figlio. Ma, dovendo dare una forte aggiunta di denaro, finisce preda di malavitosi più grossi di lui.
In alcune scene, il sentimento dei protagonisti scorre con una levità mista a tensione che cela l’insidia di qualcosa di negativo che stia per accadere: ci pare risaputo e, comunque, proposto fiaccamente. Il film termina coll’immagine dei due giovani in lacrime, all’interno di un luogo di detenzione dove lui è rinchiuso, in una chiara assenza di qualsiasi prospettiva e speranza futura.
Non basta la redenzione tardiva di Bruno - egli si costituisce per scagionare un ragazzino arrestato dalla polizia – ad illuminare o ad alzare il livello del film. I cineasti si limitano ad osservare dall’esterno una situazione sociale, senza una concreta partecipazione emotiva. E non è che la storia parli da sola, sono i fratelli Dardenne che hanno poco da dire.
Enzo Vignoli
31 dicembre 2005.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a theophilus »
[ - ] lascia un commento a theophilus »
|
|
d'accordo? |
|
luca scial�
|
venerdì 10 gennaio 2014
|
ultimo e miglior film dogma dei dardenne
|
|
|
|
Bruno e Sonia sono giovanissimi, si vogliono bene e vivono alla giornata. Ma nella loro vita subentra il piccolo Jimmy, un dono che solo lei sa apprezzare. Che invece Bruno, che vive di furti, vede solo come una delle tante possibili fonti di guadagno. Al punto che lo vende. Ma la reazione di Sonia, che finisce scioccata in ospedale e lo denuncia, lo fa tornare sui suoi passi. Da allora il loro rapporto non sarà più lo stesso.
Ultimo film "Dogma" dei fratelli Dardenne e probabilmente anche il loro migliore sotto quel codice. Oltre alla consueta naturalezza propria di quello stile, qui troviamo una maggiore maturazione registica, oltre a un minore forzato uso della telecamera a spalla.
[+]
Bruno e Sonia sono giovanissimi, si vogliono bene e vivono alla giornata. Ma nella loro vita subentra il piccolo Jimmy, un dono che solo lei sa apprezzare. Che invece Bruno, che vive di furti, vede solo come una delle tante possibili fonti di guadagno. Al punto che lo vende. Ma la reazione di Sonia, che finisce scioccata in ospedale e lo denuncia, lo fa tornare sui suoi passi. Da allora il loro rapporto non sarà più lo stesso.
Ultimo film "Dogma" dei fratelli Dardenne e probabilmente anche il loro migliore sotto quel codice. Oltre alla consueta naturalezza propria di quello stile, qui troviamo una maggiore maturazione registica, oltre a un minore forzato uso della telecamera a spalla. Il quale, in alcuni film, non solo loro, risulta perfino fastidioso per lo spettatore. Per la falsariga della sfortuna e della disperazione che nel finale sfocia nel pianto, ricorda molto Rosetta.
Vincitore della Palma d'oro a Cannes e del nostro David di Donatello.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a luca scial� »
[ - ] lascia un commento a luca scial� »
|
|
d'accordo? |
|
filippo catani
|
mercoledì 12 novembre 2014
|
una storia tragica
|
|
|
|
Bruno e Sonia sono due giovani ragazzi che hanno appena avuto un bambino. Il problema è che Bruno vive di espedienti tra cui il furto e la ricettazione. Un giorno al ragazzo viene prospettata una forte somma di denaro per vendere il proprio figlio a una coppia che non vuole passare attraverso le lungaggini delle adozioni legali.
Novanta minuti di cinema asciutto ambientato nei bassifondi. Una storia se vogliamo di pura autodistruzione che non può portare a nulla di buono. Bruno e Sonia sono due ragazzi che vogliono ancora godersi la vita ma se la ragazza al momento dell'arrivo del figlio ha deciso di prendere con coscienza il ruolo di madre, così non sarà per Bruno.
[+]
Bruno e Sonia sono due giovani ragazzi che hanno appena avuto un bambino. Il problema è che Bruno vive di espedienti tra cui il furto e la ricettazione. Un giorno al ragazzo viene prospettata una forte somma di denaro per vendere il proprio figlio a una coppia che non vuole passare attraverso le lungaggini delle adozioni legali.
Novanta minuti di cinema asciutto ambientato nei bassifondi. Una storia se vogliamo di pura autodistruzione che non può portare a nulla di buono. Bruno e Sonia sono due ragazzi che vogliono ancora godersi la vita ma se la ragazza al momento dell'arrivo del figlio ha deciso di prendere con coscienza il ruolo di madre, così non sarà per Bruno. Per lui il lavoro è per "gli imbecilli" e preferisce vivere di furtarelli assisstito da un giovanissimo meccanico. Un film che gronda disperazione dalla prima all'ultima scena dove i fratelli Dardenne mostrano senza filtri quella realtà del sottobosco cittadino che tutti noi conosciamo ma fingiamo di non vedere. Ci sarà una possibilità di redenzione per Bruno?. Film premiato a Cannes con la Palma d'oro che ha nella sceneggiatura e nell'ambientazione i punti forti ma anche nell'interpretazione dei due giovani protagonisti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo catani »
[ - ] lascia un commento a filippo catani »
|
|
d'accordo? |
|
howlingfantod
|
mercoledì 24 dicembre 2014
|
grottesco, iperreale, catarchico
|
|
|
|
Tratti fino al grottesco, surreale tale è l’iperealismo della scarnificazione dei dialoghi, la storia e la sceneggiatura per questo premiato film dei fratelli belgi che trattano come sempre di vite di emarginati, raccontando l’abiezione morale e dei sentimenti che la povertà e l’esclusione portano con sè . Come se i personaggi fossero agiti da qualcosa di più grande di loro, fuori da un qualsiasi intendimento umano che assomigli anche a un principio di responsabilità, appunto assurdi e grotteschi nelle loro azioni, eppure di una tenerezza che ce li fa amare a dispetto di tutto, come nel prototipo della banda del capo e del ragazzino che mette a segno il colpo e l’inseguimento che sembrano dei Bonnie e Clyde altrimenti non si spiega la grandiosità residuale di gesti inimmaginabilmente mostruosi come la vendita di un figlio di un padre all’insaputa della madre.
[+]
Tratti fino al grottesco, surreale tale è l’iperealismo della scarnificazione dei dialoghi, la storia e la sceneggiatura per questo premiato film dei fratelli belgi che trattano come sempre di vite di emarginati, raccontando l’abiezione morale e dei sentimenti che la povertà e l’esclusione portano con sè . Come se i personaggi fossero agiti da qualcosa di più grande di loro, fuori da un qualsiasi intendimento umano che assomigli anche a un principio di responsabilità, appunto assurdi e grotteschi nelle loro azioni, eppure di una tenerezza che ce li fa amare a dispetto di tutto, come nel prototipo della banda del capo e del ragazzino che mette a segno il colpo e l’inseguimento che sembrano dei Bonnie e Clyde altrimenti non si spiega la grandiosità residuale di gesti inimmaginabilmente mostruosi come la vendita di un figlio di un padre all’insaputa della madre. Non per noi comodi e seduti, c’è altro, lo sforzo dei Dardenne di farci vedere questo altro, la cornice che resta fuori del film e del visibile, tratti, dettagli, segnali, spiragli come il catarchico pianto finale che lascia come sempre aperta una porta alla speranza, alla redenzione dei sentimenti e dell’umanità. Che in così minimale contesto e iperrealistica invisibile storia si narri una tale grandezza è un miracolo che solo l’arte sa fare.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a howlingfantod »
[ - ] lascia un commento a howlingfantod »
|
|
d'accordo? |
|
guidobaldo maria riccardelli
|
giovedì 12 maggio 2016
|
sulla necessità dell'essere bambino
|
|
|
|
Toccando punti eticamente infimi, il giovane Bruno si riapproprierà della propria dignità, affrontando un percorso di maturazione necessario.
Storia di bambini: neonati, adolescenti, non-adulti; è proprio tramite quest'ultima litote che meglio può essere inquadrato Bruno: si pone come adulto, socialmente, facendo da superiore e padrone a ragazzi più giovani di lui, è padre e marito. Non ha però interiorizzato questa condizione: predilige il gioco, non ha superato ancora questa fase, di assumersi responsabilità non se ne parla, il pensiero che altri siano da lui condizionati non lo sfiora. Equipara una vita ad una refurtiva, dopotutto entrambe posseggono un valore monetario, possono essere remunuerative, e tanto basta.
[+]
Toccando punti eticamente infimi, il giovane Bruno si riapproprierà della propria dignità, affrontando un percorso di maturazione necessario.
Storia di bambini: neonati, adolescenti, non-adulti; è proprio tramite quest'ultima litote che meglio può essere inquadrato Bruno: si pone come adulto, socialmente, facendo da superiore e padrone a ragazzi più giovani di lui, è padre e marito. Non ha però interiorizzato questa condizione: predilige il gioco, non ha superato ancora questa fase, di assumersi responsabilità non se ne parla, il pensiero che altri siano da lui condizionati non lo sfiora. Equipara una vita ad una refurtiva, dopotutto entrambe posseggono un valore monetario, possono essere remunuerative, e tanto basta. Non si preoccupa delle conseguenze, nè contempla percorsi empatici, a lui del tutto estranei.
A causa delle sue follie, figlie dell'ignoranza, proverà sulla sua pelle la gravità e la difficile reversibilità di alcune azioni; sempre ad un passo dal baratro, riuscirà ad uscirne, grazie alla sua scaltrezza, pur con perdite ingenti, perdite alle quali abituarsi è complicato.
Messo davanti a situazioni e scelte più grandi di lui, non avrà, come la maggior parte dei coetanei, la possibilità di sbagliare, affrontando un percorso di maturazione forzato e violento.
Impraticabile una richiesta d'aiuto, ritroverà solo nel finale le lacrime, segno incontrovertibile di quella debolezza che mai ha potuto esprimere, che mai ha trovato sponda per esternarsi.
Tragico e delicato, non tocca (nè si avvicina) le vette d'eccellenza del precedente "Le fils", meglio scritto, diretto e recitato, ma si conferma opera importante e sostenuta, nel tipico stile dei fratelli Dardenne.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a guidobaldo maria riccardelli »
[ - ] lascia un commento a guidobaldo maria riccardelli »
|
|
d'accordo? |
|
raffaele palazzo
|
domenica 20 gennaio 2008
|
enfant
|
|
|
|
Belgio, giorni nostri. La storia di Bruno e Sonia, poco più che vent'enni ma già alle prese con le amarezze che la vita riserva a chi vive di espedienti. L'arrivo del piccolo Jimmy, il loro primo figlio, avrà la forza di guidare il giovane Bruno verso la luce in fondo al tunnel della precarietà?
L'Enfant è da annoverare tra I migliori film della stagione. Francese fino al midollo per opera dei Dardenne fino a questo punto tra i migliori registi francesi sulla piazza.
Il film è un dramma contemporaneo vissuto da una giovane coppia con Sonia che si ritrova ad aspettare un figlio e in una situazione economica disastrosa e con un marito, Bruno, quasi nullafacente che trova a stento I soldi per andare avanti sollevando ancora la problematica del precariato che non risparmia dure critiche contro il sistema politico e l'incertezze totali vissute da Bruno.
[+]
Belgio, giorni nostri. La storia di Bruno e Sonia, poco più che vent'enni ma già alle prese con le amarezze che la vita riserva a chi vive di espedienti. L'arrivo del piccolo Jimmy, il loro primo figlio, avrà la forza di guidare il giovane Bruno verso la luce in fondo al tunnel della precarietà?
L'Enfant è da annoverare tra I migliori film della stagione. Francese fino al midollo per opera dei Dardenne fino a questo punto tra i migliori registi francesi sulla piazza.
Il film è un dramma contemporaneo vissuto da una giovane coppia con Sonia che si ritrova ad aspettare un figlio e in una situazione economica disastrosa e con un marito, Bruno, quasi nullafacente che trova a stento I soldi per andare avanti sollevando ancora la problematica del precariato che non risparmia dure critiche contro il sistema politico e l'incertezze totali vissute da Bruno.
Girato in digitale prevalentemente con la macchina a spalla, il film potrebbe definirsi una lamata di quelle che solo I francesi ti sanno rifilare.
Bellissimo, delicato, forte e duro con dialoghi accesi e cinici che riflettono l'impossibilità di accettare sistemi e regole moderne sotto gli occhi di un padre bambino che forse non vorrebbe mai finire di giocare.
Scena memorabile da ricordare e quella in cui si inseguono nel prato giocando proprio come bambini e dimostrando di quanto si possa vivere in coppia fuori da un modello societario e moderno che vorrebbe la chiusura e la ristrettezza mentale delle persone ma non accettata da tutti.
Il tema della famiglia, dell'attesa e della paura di avere e dover far crescere un figlio quando I primi a non avere sicurezze e soldi sono I genitori. L'impossibilità quindi per molti di accettare la realtà a volte spietata che non si può amministrare ma che può regalare delle “sorprese” e un nuovo sguardo di speranza verso il futuro.
Ottimo il cast che vede Jeremie Renier tra I giovani promettenti del cinema francese insieme all'incontrastato Benoit Magimel e Deborah Francois.
Riflessivo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a raffaele palazzo »
[ - ] lascia un commento a raffaele palazzo »
|
|
d'accordo? |
|
|