Le voyage en Arménie

Un film di Robert Guédiguian. Con Ariane Ascaride, Gérard Meylan, Chorik Grigorian, Roman Avinian, Simon Abkarian Drammatico, durata 125 min. - Francia 2005. MYMONETRO Le voyage en Arménie * * * 1/2 - valutazione media: 3,60 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

«Vi racconto l'Armenia»

di Paolo D'Agostini La Repubblica

Non è al suo massimo, qui, Robert Guediguian, il regista dell'amarezza postindustriale, della coscienza operaia ferita, dell'orgoglio militante battuto e disperso, dei film Marius e Jeannette e La ville est tranquille. Però per la prima volta dopo parecchi film in Levoyage en Armonie questo cinquantatreenne marsigliese scava nelle sue origini armene. E il fatto ha un forte sapore di attualità poiché nel giorno inaugurale della nuova "Festa" questo film fa eco a due fatti importanti. Uno è l'approvazione al parlamento francese, cioè del paese che assieme al Nordamerica ospita la comunità più vasta della diaspora armena, della legge che punisce come un reato la negazione dei genocidio perpetrato nel 1915 dalla Turchia ottomana ai danni del popolo caucasico. L'altro è l'assegnazione del Nobel per la letteratura allo scrittore turco Ohran Pamuk che nel suo paese aveva infranto il tabù impronunciabile del «genocidio" e per questo era stato processato.
Non un film riuscito, dunque, ma un film che investe in modo molto sentito il nodo cruciale del rapporto con la propria identità e le proprie radici. Un anziano, malato, decide di abbandonare la Francia dove è sempre vissuto per far ritorno all'Armenia del proprio passato. Sua figlia, che è una donna molto solida, è un medico, è un'ex comunista, e concretamente crede soltanto al proprio lavoro e alle proprie conquiste, ne è sconvolta ma decide di inseguirlo, cercarlo, per convincerlo a tornare indietro per curarsi. È la scoperta di molte cose per lei. A cominciare da un paese che tra riscatto da una lunga e odiosa dominazione sovietica e occidentalizzazione spavalda e spesso criminale sta cercando il proprio futuro. Il progetto, dice il regista, è nato da una sollecitazione soggettiva («sono andato in Armenia per la prima volta nel 2000 a presentare una mia retrospettiva, e mi hanno chiesto di fame questo film») e da un'altra oggettiva: «la questione dell'identità e delle radici, che si pone con sempre maggior gravità nella nostra epoca di globalizzazione e quindi di perdita delle specificità e delle diversità.
Lo profetizzava già molto tempo fa Pisolini. Questione che è stata abbandonata nelle mani della destra estremista e reazionaria, mentre invece non è di destra né di sinistra. È qualcosa di fisico». Anche se non necessariamente dovuta ai legami di sangue come dimostra la parabola di Anna, la protagonista del film, che scopre davvero la propria doppia identità solo attraverso l'incontro, e l'affinità, con altre vite e altre storie umane.
Da La Repubblica, 14 ottobre 2006


di Paolo D'Agostini, 14 ottobre 2006

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