francesco
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sabato 16 luglio 2005
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i morti viventi sono morti definitivamente ?
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Non sono d'accordo con chi inneggia al profondo significato politico di questo film.
Sinceramente ho sempre amato Romero ed in questo film ho trovato poco di quello che in lui era così grande.
La metafora politica, in fin dei conti, è un'idea che avrebbe potuto essere bella, ma nemmeno mi sembra che sia stata resa in modo veramente toccante e credibile.
Nei vecchi film della serie, si sentiva l'odore e lo squallore della morte, un senso di smarrimento profondo; insomma, i morti viventi, pur con i sempre presenti giochi grotteschi e malinconici, erano una vera paura profonda.
Qui, invece, mi sembra che tutto questo non ci sia più, tranne, forse, alcune rare e bellissime invenzioni grottesche, ed una certa incantata tristezza negli occhi degli zombie.
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Non sono d'accordo con chi inneggia al profondo significato politico di questo film.
Sinceramente ho sempre amato Romero ed in questo film ho trovato poco di quello che in lui era così grande.
La metafora politica, in fin dei conti, è un'idea che avrebbe potuto essere bella, ma nemmeno mi sembra che sia stata resa in modo veramente toccante e credibile.
Nei vecchi film della serie, si sentiva l'odore e lo squallore della morte, un senso di smarrimento profondo; insomma, i morti viventi, pur con i sempre presenti giochi grotteschi e malinconici, erano una vera paura profonda.
Qui, invece, mi sembra che tutto questo non ci sia più, tranne, forse, alcune rare e bellissime invenzioni grottesche, ed una certa incantata tristezza negli occhi degli zombie.
I protagonisti sono volti e caratteri sfuggenti, la storia è povera e priva di qualsivoglia colpo di scena, l'azione è poca e poveramente sviluppata.
Tra l'altro, mi è sembrato che in due o tre punti, Romero abbia scelto di non andare oltre nelle scene splatter, accontentandosi di far saltare in aria il cattivo (quando tutti ci aspettavamo che su di lui si sfogassero in primo piano tutti gli istinti cannibalici dei repressi zombie proletari), e rinunciando più volte a far vedere quello che nei suoi precedenti film non era solo un aspetto marginale, ma parte integrante della storia, ovvero la disperata crudele fame degli zombie.
Insomma, o siamo invecchiati tutti quanti noi che lo vedevamo vent'anni fa, e non ci piace più, oppure ho l'impressione che il caro George abbia voluto fare qualcosa di diverso, ma non ci sia riuscito.
Mi sembra che quando aveva meno soldi, Romero lavorasse meglio; e che era meglio quando per dire le cose, faceva parlare (anzi, mangiare) i suoi zombie, invece di trasformarli in semplici comparse di un kolossal socialista.
Anche il benzinaio: non ci si affeziona a lui, mentre ricordo che il caro Bub del Giorno degli zombie rimaneva nella mente come un personaggio "umano".
Queste impressioni sono scritte di getto, e suscettibili di ampia revisione, ma devo dire che sono uscito dal cinema un pò deluso.
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laurence316
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martedì 26 settembre 2017
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quando l'horror si fa politico...
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Vent'anni dopo Romero ritorna alla sua (giustamente) acclamata serie sugli zombie con questo 4° capitolo, ancora una volta da lui scritto e diretto, La terra dei morti viventi. E la sua inconfondibile vena satirica e critica è del tutto intatta.
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Vent'anni dopo Romero ritorna alla sua (giustamente) acclamata serie sugli zombie con questo 4° capitolo, ancora una volta da lui scritto e diretto, La terra dei morti viventi. E la sua inconfondibile vena satirica e critica è del tutto intatta. Malgrado la lunga assenza dalla regia, Romero riesce a creare un film ancora ad alto tasso metaforico, un affresco potente come in passato, una nuova epopea zombie che si fa portatrice di messaggi di critica sociopolitica. Qui si scaglia contro razzismo, ignoranza, corruzione, consumismo, denuncia il disfacimento del sistema capitalistico e la disinformazione dei mass media. Gli zombi escono poi vincitori dal confronto con gli umani incapaci di solidarietà, e si rivelano alla stregua di proletari umiliati e schiacciati che vanno a rivalersi sui propri sfruttatori, guidati dal geniale personaggio di “Big Daddy”, lo “zombie intelligente” (memore del Bub de Il giorno degli zombi). Mai film horror fu più politicamente esplicito.
La terra dei morti viventi, comunque, concilia questa dimensione con quella più evidente dell'azione: Romero è ancora abilissimo nel creare suspense e, per gli appassionati, regala la giusta dose di splatter ed effetti speciali.
Alcuni spunti offerti dalla sceneggiatura potevano forse essere sviluppati meglio, ma questo 4° episodio della saga zombie del regista è sempre prontamente sostenuto dal suo consueto umorismo nero anche nei momenti meno riusciti. E conferma una volta in più la grandissima abilità del suo autore nel creare opere ambiziose che coniughino spettacolarità e messaggio.
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a.l.
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sabato 10 dicembre 2005
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da lazzaro alla distopia di romero
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DALL’UTOPIA CRISTIANA DI LAZZARO ALLA DISTOPIA HORROR DI ROMERO----Nel vangelo di Giovanni, si racconta, Gesù, per dimostrare la forza del suo messaggio, fa tornare in vita Lazzaro: chi crede in Dio risorgerà a nuova vita. Nell’ineguagliabile stile antiletterario e “corporeo” dei sinottici, la figura del risorto concretizza materialmente la potenza della fede nella rinascita spirituale e nell’utopia cristiana. Circa due millenni dopo Romero utilizza le convenzioni dell’horror, ripescando dal suo variegato repertorio di creature mitiche quella del morto rinato, lo zombie, per esprimere una visione del mondo, non rivoluzionaria e quindi ottimistica come quella del Nuovo Testamento, ma riflesso dell’epoca contemporanea soggetta a inquietudini corrosive e alla profonda sfiducia in un avvenire di progresso autentico.
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DALL’UTOPIA CRISTIANA DI LAZZARO ALLA DISTOPIA HORROR DI ROMERO----Nel vangelo di Giovanni, si racconta, Gesù, per dimostrare la forza del suo messaggio, fa tornare in vita Lazzaro: chi crede in Dio risorgerà a nuova vita. Nell’ineguagliabile stile antiletterario e “corporeo” dei sinottici, la figura del risorto concretizza materialmente la potenza della fede nella rinascita spirituale e nell’utopia cristiana. Circa due millenni dopo Romero utilizza le convenzioni dell’horror, ripescando dal suo variegato repertorio di creature mitiche quella del morto rinato, lo zombie, per esprimere una visione del mondo, non rivoluzionaria e quindi ottimistica come quella del Nuovo Testamento, ma riflesso dell’epoca contemporanea soggetta a inquietudini corrosive e alla profonda sfiducia in un avvenire di progresso autentico. Il mondo non consente illusioni: i sopravvissuti sono imprigionati in gabbie/piramidi incatenati alle loro ingiustizie e disuguaglianze, i risorti, ossessionati e affamati di carne viva, li assediano, l’eternità è un inferno senza luce, la coscienza è la preistoria, l’apocalisse è un presente mai futuro. Il quarto episodio della serie iniziata nel 1969, “La terra dei morti viventi” rende ancora più esplicita l’intenzione dell’autore di smascherare le ipocrisie delle società evolute nella raffigurazione di un universo cupo, dove chi muore torna in vita, trasformato in belva feroce. La metafora qui è senza veli: all’ultimo piano di un grattacielo lussuoso un grottesco tiranno, chiaro simbolo di una classe dirigente miope e vorace, domina la città tutelando i ricchi ignari con i suoi mercenari, regalando ai reietti “panes e circenses”; gli zombi, gli appestati, attorniano minacciosi il ghetto, divorano i vivi, e si distraggono dalla loro truce caccia solo guardando nella notte i fiori del cielo, i giochi d’artificio sparati da un blindato, forse allusione alle mirabilia spettacolari dell’industria dell’intrattenimento cinematografico, giornalistico e televisivo, “oppio dei popoli”senza più contenuti da comunicare e pertanto arma subdolamente funzionale alla difesa del sistema. La diagnosi nella sua lucidità mira al cuore e colpisce il bersaglio: la metropoli dei mostri è inequivocabilmente la nostra, le fragili barriere di vetro che ci proteggono sono confini e serrature presidiati inutilmente, la linea divisoria tra noi normali e zombi è esilissima, se cannibalismo materiale e morale e sorda incoscienza caratterizzano il nostro vivere. Tuttavia lo sguardo di Romero si smarrisce nei terrificanti abissi a cui dà vita e perde acume nell’indicare come unica via d’uscita lo scarno manipolo di eroi sradicati, capaci di conservare in sé la dose d’umanità necessaria per essere ancora donne e uomini veri. Certo nei generi filmici più disturbanti il lieto fine è quasi di prammatica, ma qui la conclusione risulta francamente posticcia: dove andranno i superstiti, se tutto il pianeta è ormai contaminato dal virus, e quale convivenza pacifica sarà mai possibile edificare tra isole di territorio per natura ostili, se la coscienza acquisita dall’uomo di colore in tuta, capo dei risorti, è ancora ferma un gradino al sotto della civiltà? La destinazione allora è un altrove inesistente, ma indispensabile per far sì che la distopia torni ad essere utopia.
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torturporn
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lunedì 6 settembre 2010
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non tutti possono capire
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credo che questo film divida molto per le aspettative che si può fare un divoratore medio di splatter che certamente ne rimarrà deluso e chi sà apprezzare non solo l'azione ma la storia che c'è dietro l'azione, trovo che questo film sia incredibilmente poetico e soprattutto non si limiti a far vedere gli esseri umani come mostri e gli zombi come vittime ma che sia una vera metafora del mondo in cui viviamo e cioè che infondo siamo tutti mostri ma, parafrasando orwell, qualcuno è più uguale degli altri.
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nick carter
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sabato 3 febbraio 2007
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il 4°capitolo degli zombi
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E'tornato!E'tornato!Dopo quasi ben 20 anni il padre degli zombi si è riproposto sulla scena cinematografica,con il quarto capitolo(voci dicono che sia il 1°capitolo di una nuova trilogia).Gli zombi si sono evoluti.Comunicano tra di loro,vogliono ritornare a essere"umani".E i sopravvissuti?Vivono in condizioni sociali differenti:i ricchi e i poveri.Anche quando si è l'ultima parte di umanità esistente,gli egoismi esistono sempre!Ma davanti a questo gli Zombie non fanno distinzione.Bel film che dimostra ancora una volta la capacità di Romero di fare la differenza!
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faberless
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martedì 16 agosto 2005
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deluso...
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ho trascinato mia moglie a vedere il film dei film dell'orrore. ho sfiorato il linciaggio. indubbiamente è un film che se fosse passato al cinema, così com è, 20 anni fa, sarebbe stato un capolavoro. considerato che è stato fatto adesso è veramente una delusione. sembra che romero fosse stato costretto a girarlo per motivi economici o per terminare la sua opera. onore all'artista, ma poteva almeno aggiornarsi potendo usufruire dei migliori effetti speciali di sempre. non fa paura tranne che in due o tre scene simpatiche. per il resto è lento, noioso e prevedibile da telefilm commerciale. solo per veri cultori "nostalgici" del genere. io l'ho bocciato. con e senza l'autorevole parere di mia moglie.
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ho trascinato mia moglie a vedere il film dei film dell'orrore. ho sfiorato il linciaggio. indubbiamente è un film che se fosse passato al cinema, così com è, 20 anni fa, sarebbe stato un capolavoro. considerato che è stato fatto adesso è veramente una delusione. sembra che romero fosse stato costretto a girarlo per motivi economici o per terminare la sua opera. onore all'artista, ma poteva almeno aggiornarsi potendo usufruire dei migliori effetti speciali di sempre. non fa paura tranne che in due o tre scene simpatiche. per il resto è lento, noioso e prevedibile da telefilm commerciale. solo per veri cultori "nostalgici" del genere. io l'ho bocciato. con e senza l'autorevole parere di mia moglie. ciao a tutti.
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barson
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domenica 25 dicembre 2005
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un tantinino in ritardo
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Ero molto curioso di vedere come Romero avrebbe portato avanti il suo discorso "morti viventi".
Certo questo film non ha il "sapore" della sua precedente trilogia.
I primi tre vivevano, è ilcaso di dirlo, grazie a personaggi di umanità quotidiana, il che ti portava a credere che quella fosse una situazione reale.
Una triste e orrorifica metafora sul decadimento della societa umana.
Il quarto episodio è pieno di stereotipi presi
da tanti film di ultima generazione che non fanno altra che ridurre L.T.D.M.V. ad un blockbuster.
Presumo che Romero sia dovuto venire a compromessi: non si possono più fare film come una volta sigh!
Comunque il film non manca di spunti di riflessione.
Riprende da dove si era fermato il precedente, dallo zonbie Bud, quello che si affeziona al Dr.
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Ero molto curioso di vedere come Romero avrebbe portato avanti il suo discorso "morti viventi".
Certo questo film non ha il "sapore" della sua precedente trilogia.
I primi tre vivevano, è ilcaso di dirlo, grazie a personaggi di umanità quotidiana, il che ti portava a credere che quella fosse una situazione reale.
Una triste e orrorifica metafora sul decadimento della societa umana.
Il quarto episodio è pieno di stereotipi presi
da tanti film di ultima generazione che non fanno altra che ridurre L.T.D.M.V. ad un blockbuster.
Presumo che Romero sia dovuto venire a compromessi: non si possono più fare film come una volta sigh!
Comunque il film non manca di spunti di riflessione.
Riprende da dove si era fermato il precedente, dallo zonbie Bud, quello che si affeziona al Dr. Frankenstein, che impara, che usa la pistola per uccidere un uomo senza avventarglisi contro per cibarsene.
Così nel quarto episodio gli zombi riprendono coscienza di azioni che facevano da vivi (purtroppo solo per distruggere), comunicano e si coalizzano muovendo contro i vivi rei di fare incursioni banditesche
nei posti dove essi...esistono.
E i vivi? I vivi purtroppo non hanno ancora imparato la lezione, occupati a mantenere un tenore di vita per pochi eletti in un prestigioso mega grattacielo, lasciando fuori la maggioranza povera che si confonde benissimo (per aspetto e condizione) con quegli altri che marciano verso la città.
Forse i morti e i vivi stanno compiendo un percorso uguale e contrario?
Forse che dalle ceneri rinascerà un umanità migliore?
O forse regnerà solo l'ombra di quello che sarebbe dovuto (ma potrebbe ancora) essere l'uomo?
Ciao a tutti.
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argento
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sabato 8 aprile 2006
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"sottovalutato"
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credo che il film sia sottovalutato perché incentrato, da chi lo critica a continui riferimenti degli anni 70.
la scena dei fuochi d'artificio finale e la rabbia di hopper che cita bush(io non tratto con i terroristi)sono analogie poolitico-sociali dei nostri tempi impossibili qindi,da confrontare con quelle relative al razzismo e al consumismo dei primi due films
trovo quindi che romero abbia ceercato di accontentare le masse con la spettacolarizzazione
di molte scene,che pero'con molto coraggio non abbia tralasciato i riferimenti accusatori dei suoi precedenti films zombeschi
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tony montana
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martedì 7 dicembre 2010
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discreto ma spettacolare
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I morti camminano sulla Terra e per sopravvivere gli esseri umani si sono barricati nel centro di una città circondata da un fiume, che dovrebbe proteggerli dagli zombi. Ma nonostante la nuova situazione che si è creata, gli uomini non hanno dimenticato chi sono i ricchi e chi i poveracci, e nell’ombra, gli zombi si evolvono, divenendo creature sempre più inquietanti…
Vent’anni dopo Il giorno degli zombi, George A. Romero resuscita il mito dei non morti da lui stesso creato nel ’68 con La notte dei morti viventi e proseguito dieci anni dopo con Zombi. Questa volta gli esseri umani sono stati capaci addirittura di ricreare una sorta di società pre-zombi attorno ad un grattacielo/centro commerciale nel quale i ricchi mangiano al ristorante e i poveri si arrangiano al mercato circostante.
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I morti camminano sulla Terra e per sopravvivere gli esseri umani si sono barricati nel centro di una città circondata da un fiume, che dovrebbe proteggerli dagli zombi. Ma nonostante la nuova situazione che si è creata, gli uomini non hanno dimenticato chi sono i ricchi e chi i poveracci, e nell’ombra, gli zombi si evolvono, divenendo creature sempre più inquietanti…
Vent’anni dopo Il giorno degli zombi, George A. Romero resuscita il mito dei non morti da lui stesso creato nel ’68 con La notte dei morti viventi e proseguito dieci anni dopo con Zombi. Questa volta gli esseri umani sono stati capaci addirittura di ricreare una sorta di società pre-zombi attorno ad un grattacielo/centro commerciale nel quale i ricchi mangiano al ristorante e i poveri si arrangiano al mercato circostante. Intanto i militari provvedono a salvaguardare i confini con tanto di recinzioni elettrificate. All’esterno squadre armate e motorizzate sopravvivono fra raid anti-zombi e commerci con la città. Anche i non morti però sono capaci di apprendere e seguire un capo (un ex benzinaio) che li porterà fino al grattacielo… Romero mantiene intatta la sua matrice sociologica profondamente critica (in qualsiasi situazione la specie umana brilla per egoismo e cupidigia), il suo humour macabro (il locale dove la gente si fa immortalare affianco a non morti incatenati), la sua truculenza (il fedele Tom Savini è uno zombi col machete) ma la sceneggiatura non è sempre all’altezza ed evidenzia una sorta di collage realizzato con ritagli di Mad Max, Il buio si avvicina, 28 giorni dopo e altri. Se a partire da La notte dei morti viventi la dimensione metaforica del regista risaltava nella cinematografia dell’epoca e risultava sotterranea ed efficace, ora l’impressione è che, come le sue stesse creature, essa sia giunta ormai in superficie perdendo vigore e spessore. Romero stesso sembra accorgersene e in questo quarto capitolo tenta di rianimare il filone e di ribaltare definitivamente la prospettiva del binomio vivi-non morti, umanizzandoli, riducendoli a vittime del sadismo dilagante e mostrando dettagli di una normale “non vita”. Così, tra ex musicisti che non cessano di “suonare”, apprendisti pistoleri che imparano a sparare e una coppia che avanza mano nella mano, gli zombi evocano un’insospettabile e sconcertante sensazione di tenerezza.Land of the Dead scorre comunque piacevolmente grazie al suo DNA doc e ad attori sufficientemente in palla (Dennis Hopper su tutti). Anche il sangue scorre copioso e come sempre Romero riesce a personalizzare le scene più forti con una regia all’altezza e una passione autentica. Certo è che risulta sempre più difficile girare un film di (questo) genere e che la nostalgia da sola non basta a definire riuscita questa operazione letteralmente a cuore aperto, ma forse siamo giunti semplicemente, inesorabilmente, al tramonto degli zombi.
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elgatoloco
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venerdì 10 luglio 2015
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magnus romero, semper
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Il sèma apocalittico è assolutamente presente in questo " Land of the Dead"(2005, quindi, a 4 anni o poco meno dal crollo delle"Twin Towers")prevale in questo film romeriano, ma non perché ci sia qualche profeta di sventura annunciante la Finis Mundi, bensì perché i rapporti umani, sociali e politici di questo "mondo sopravvivente"sono completamente disgregati, rovinati, distrutti. Romero ci dà la metafora degli zombies, ossia i"dannati della terra"(Fanon)che premono sul e contro il mondo capitalista, globalizzato, neoliberista(ma altre definizioni sono compossibilI, certo), assolutamente in preda al peggio del consumismo e della logica:"Lavora, consuma, crepa", ma anche quella dei "resistenti", più difficilmente rintracciabili, di primo acchito, ma pur sempre presenti e aggettanti: quelli che non si piegano alle logiche del dittatore(quando il capitalismo diviene imperialista può aver bisogno di dittatori_come intuiva già Lenin) Kaufman(un ottimo Dennis Hopper, non ancora in exitu), Tra gli interpreti anche un Simon Baker, altrimenti "The Mentalist"e un'Asia Argento, a tratti un po'spaesata ma comunque convincente.
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Il sèma apocalittico è assolutamente presente in questo " Land of the Dead"(2005, quindi, a 4 anni o poco meno dal crollo delle"Twin Towers")prevale in questo film romeriano, ma non perché ci sia qualche profeta di sventura annunciante la Finis Mundi, bensì perché i rapporti umani, sociali e politici di questo "mondo sopravvivente"sono completamente disgregati, rovinati, distrutti. Romero ci dà la metafora degli zombies, ossia i"dannati della terra"(Fanon)che premono sul e contro il mondo capitalista, globalizzato, neoliberista(ma altre definizioni sono compossibilI, certo), assolutamente in preda al peggio del consumismo e della logica:"Lavora, consuma, crepa", ma anche quella dei "resistenti", più difficilmente rintracciabili, di primo acchito, ma pur sempre presenti e aggettanti: quelli che non si piegano alle logiche del dittatore(quando il capitalismo diviene imperialista può aver bisogno di dittatori_come intuiva già Lenin) Kaufman(un ottimo Dennis Hopper, non ancora in exitu), Tra gli interpreti anche un Simon Baker, altrimenti "The Mentalist"e un'Asia Argento, a tratti un po'spaesata ma comunque convincente. Romero non delude mai, con i suoi"zombies"e non solo... El Gato
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