King Kong

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Un film di Peter Jackson. Con Naomi Watts, Jack Black, Adrien Brody, Andy Serkis, Jamie Bell.
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Azione, Ratings: Kids+13, durata 187 min. - Nuova Zelanda, USA, Germania 2005. uscita venerdì 16 dicembre 2005. MYMONETRO King Kong * * * 1/2 - valutazione media: 3,90 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Natalia Aspesi

La Repubblica

King Kong non sarà sexy, con i denti in pessime condizioni e per di più spelacchiato perché non giovanissimo, sui 120 anni: ma neppure Adrien Brody, con quegli occhi malinconici da pianista deportato e quindi da Oscar, è un tipo da far perdere la testa in quel senso là. Infatti quella deliziosa sottile biondina che è Naorni Watts e ne ha passate di ogni colore senza mai uno strappo alla vestaglia e alla sottoveste ricamata né una sbirciatina di nudo, li ama tutti e due come si usava nel cinema anni 30: castamente. La manona nera e pelosa del primo le serve come comodo lettino per dormire mentre attorno a lei ogni sorta di mostro preistorico divora rumorosamerite ogni umano che gli capiti tra zanne, zampe, artigli, coda, tentacoli e corna. Invece è probabile che il secondo, che l’ha timidamente baciata una sola volta sulla nave sgangherata, le diventi particolarmente gradito quando è il solo spasimante che le resta, essendo il gorilla precipitato definitivamente dalla cima dell’Empire State Building dopo essere stato mitragliato a più riprese da un’intera squadriglia di biplani da guerra.
Finalmente è arrivato il King Kong dei .king kong, il vertice kingkonghiano dì tutta la storia del cinema, quello diretto, sceneggiato, prodotto dall’australiano Peter - Il signore degli Anelli - Jackson: dopo (li ha contati Roberto Chiesi per il suo prezioso volume, editore Gremese, King Kong, la storia, il film, le foto, il mito), una settantina di film (Studio Universal ne sta trasmettendo alcuni) dall’avventuroso al comico al porno al musical al cartone animato, dedicati al disgraziato cinebestione o ai suoi parenti e affini: persino Federico Fellini, attratto dalla possibilità di farne «Un bel favolone psicanalitico» rischiò di dirigerne uno, su richiesta bizzarra di Dino De Laurentiis, però fortunatamente se ne sottrasse in tempo.
Ma oggi, come può venire in mente, anche al più capriccioso dei registi, di ripropone ai pur infantilizzati spettatori contemporanei la storia di un gorilla più ingombrante di un grattacielo, che vivrebbe beato su un’isola rimasta allo stato preistorico se non venisse a importunarlo una troupe cinematografica che poi lo cattura e lo porta a New York per esporlo come l’ottava spaventosa meraviglia del mondo? Semplice: Jackson vide piccino in tv l’archetipo del bestione, quel King kong girato in piena Depressione da Merian C. Cooper e Ernest B. Schoeclsack, cosceneggiatore il celebre giallista inglese Edgar Wallace (gli Oscar Mondadori hanno pubblicato il suo romanzo con lo stesso titolo), e non se ne liberò più, soprattutto imprimato dalle scene di culto, quali quella del modellino di gorilla di acciaio e pelo di coniglio che si batte il petto sull’Empire State Building e ogni sequenza in cui Fay Wrey, massima biondina dello schermo ante Monroe, grida e si agita da Bella davanti alla Bestia, ispirando sogni erotici alle ansimanti platee maschili d’allora.
Trovati, dopo il successo planetario dei tre episodi tolkieniani, i necessari 207 milioni di dollari, Jaclcson sta invadendo il mondo con un film che data la lunghezza, tre ore intere, fa venire i crampi da immobilità persino ai bambini, ma riesce a incantare anche gli adulti più recalcitranti, critici schizzinosi compresi. Jackson storicizza la favola nell’anno in cui il primo King Kong del suo cuore fu girato, il 1933, presidente degli Stati Uniti F.D. Roosevelt, quello del New Deal, quindi: il film comincia a New York, scene di operai sugli scheletri dei grattacieli in costruzione come nelle foto d’epoca della Burke-White, disoccupati che chiedono la carità e sfrattati accampati nelle tende a Central Park come nel recente film Cinderella man, e ricchi che si divertono al vaudeville con imitatori di Charlot. La ballerinetta Naomi Watts perde il lavoro e affamata ruba una mela: la salva la taglia 38, perché coi costumi già pronti, il regista Jack Black, il cicciotto dagli occhi diabolici, la assume per un suo misterioso film che sarà girato in un luogo inesplorato dal nome poco invitante, l’isola del Teschio. Sulla nave-carretta che li porterà a destinazione, tra i rudi marinai, (ma il più giovane legge Cuore di tenebra di Conrad) c’è lo scrittore di teatro e sceneggiatore Adrien Brody, di cui la biondina è una fan, subito ricambiata. Nere tempeste, scogli mostruosi, cieli plumbei, acque raccapriccianti, terrorizzante naufragio: e da questo momento massime meraviglie di costosissimi e complessi nuovi effetti speciali, maniacalmente perfezionati come non se n’erano visti mai. C’é un’angosciosa popolazione cavernicola nera e nuda, spettinata e senza pupille golosamente attratta dalla biondina, non tanto per sé quando per sacrificarla al solo gorillone rimasto, di cattivo carattere, invecchiato in solitudine. Appare finalmente prima un ditone, poi una manona, poi una naticona del famoso nuovo King Kong, monumento glorioso del digitale: con, spiegano svelti gli esperti, animazione tradizionale key frame e nuova motion capture, partendo però da gesti e espressioni dell’attore Andy Serkis, già usato per il repellente Gollum del Signore degli Anelli. Esistono stupefacenti spiegazioni di come si sia arrivati alla titanica impresa di dare fisionomia e sentimenti gorilleschi alla creatura digitale, evitando ogni possibile umanizzazione. Sarà per questo che la rapita, grande come una sua unghiona, pur sbatacchiata energicamente dallo zitellone Kong, se lo cova con gli occhi e lo ammansisce con danze e giochi di prestigio.
Intanto gli uomini della spedizione sono succhiati, sciolti, rotti, decapitati, divorati da lumaconi, zanzaroni, granchioni, lucertoloni ragnoni, scorpionissimi e ogni sorta di dinosauri caracollanti tra precipizi e voragini e alberi animati e liane e ponti sospesi: mentre l’ossessionato regista Black gira imperterrito, promettendo aiuto alle vedove dei maciullati.
In questo massacro se ne va più di un’ora ed è probabile che prima o poi qualcuno vomiterà. Ma poi, fatto prigioniero crudelmente il vecchio gigantesco citrullo peloso, fuggito lo stesso da Broadway dove lo espongono incatenato a un pubblico elegante, incazzato perché gli offrono una biondina fasulla, avrà, come lo spettatore, il suo momento di fanciullesca felicità prima di arrampicarsi sul grattacielo della morte: giocando a scivolare col sederone sul laghetto ghiacchiato del parco con la sua Naomi in un bell’abito bianco alla Marilyn, come due amabili fidanzatini.
da La Repubblica, 14 dicembre 2005


di Natalia Aspesi, 14 dicembre 2005

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