Azione,
durata 123 min.
- USA 2005.
uscita venerdì 17febbraio 2006.
MYMONETROJarhead
valutazione media:
2,62
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Cosa è lecito aspettarsi da un film di guerra prodotto da una major hollywoodiana nel 2005? È ancora possibile proporre un punto di vista inedito su un tema sviscerato in ogni maniera? Può il prodotto di una multinazionale (la Universal) essere seriamente e pesantemente critico nei confronti di un business come un conflitto armato?
Tenendo bene a mente quanto detto, non credo si possa quindi rimproverare molto a 'Jarhead', che - seppur in maniera più “presentabile“ rispetto al meno imbavagliato 'Three Kings' - dimostra buona volontà nel voler proporre spunti critici nei confronti di una guerra fasulla come quella irachena del 1991. Certo, Mendes si limita ad esporre argomentazioni risapute (e bellamente ignorate, a quanto pare) come quella che indica il petrolio come unico motivo scatenante del conflitto, ma dimostra di avere qualcosa da dire nel momento in cui imposta l'intera pellicola come una sorta di grande parallelo tra guerre, tirando prima in ballo il Vietnam (con tanto di spezzoni di 'Apocalypse Now', usati probabilmente per ricordare al pubblico quali erano i toni dello scontro e l'approccio con cui il cinema ha trattato quel tema) e la Seconda Guerra Mondiale per poi mostrare la spaventosa vacuità di un'operazione militare moderna, basata unicamente su interessi economici.
Ecco quindi che agli elicotteri della Cavalleria dell'aria guidata da Robert Duvall fanno da controcanto i soldati annoiati di 'Jarhead', lasciati per mesi a prendere il sole nel bel mezzo del deserto, spronati alla belligeranza da un classicissimo lavaggio del cervello stile 'Full Metal Jacket' e infine castrati da un “progresso del conflitto“ (tecnologico e politico) che vuole le guerre risolte nell'arco di una settimana con mezzi che - a malapena - richiedono l'intervento umano. Nelle neo-guerre il nemico è un miraggio, non viene sparato un solo colpo, si muore prevalentemente di fuoco amico e al ritorno a casa i traumi sono forniti più dalla propria vita sentimentale che non dai fantasmi dei “Charlie“ nascosti nella giungla.
Ad essere cambiata, insomma, è anche l'inutilità della guerra, e i soldati non sono altro che fucili senza un bersaglio.
Assolutamente nulla di incredibilmente originale, quindi, ma allo stesso tempo non disprezzabile. Gli intenti del film vengono a galla e sono ben sviluppati, e la recitazione degli attori (con in testa Jake Gyllenhaal) è generalmente di ottimo livello, ma la messa in scena (tecnicamente fenomenale) e il taglio narrativo scelti da Mendes tengono distante lo spettatore per via di uno sguardo che non diventa quasi mai un ben delineato punto di vista che possa coinvolgerti trascinandoti per le orecchie.
E al pubblico non rimane che vagare nel deserto, aspettare lo scontro e rimanere affascinato dall'inquietante spettacolo offerto dai pozzi petroliferi in fiamme, tutto senza mai sparare un colpo.
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