Roberto Nepoti
La Repubblica
Ancora vendetta, alla Mostra. Dopo quella, sofisticata e problematica, della lady coreana di Park Chan-wook, èl a volta di una resa dei conti tutta americana, consumata a raffica in un western metropolitano che, negli Usa, ha incassato 20 milioni di dollari nei primi due giorni di programmazione. La formula del successo di Four brothers non è propriamente segreta: un prologo fatto per indignare lo spettatore (un’anziana signora è uccisa nella rapina al drugstore), quattro figli adottivi decisi a lavare il lutto col sangue degli assassini (tra i quali due star del rap, André Benjamin e Tyrese Gibson), sparatorie e cazzotti, una colonna sonora (Marvin Gaye, Temptation) trascinante. I vendicatori schizzano tipologie etniche (due sono neri, due bianchi) e umane differenti; nessuno è uno stinco di santo, a cominciare da Bobby (Mark Wahlberg), appena uscito di galera. Però i malvagi sono così abietti da farti incavolare, fornendo un’ambigua giustificazione morale ai “buoni”, che li massacrano finendoli, già feriti, con colpi di grosso calibro alla testa. A esibizioni balistico-muscolari il regista John Vergara Singleton non ci è mai andato leggero, fin da quando il suo Boyz’n the Hood fece discutere per l’overdose di violenza, e si guadagnò due nomination all’Oscar. La sua abilità (un po’ banalizzata nel recente 2Fa- st 2 Furious) resta intatta; però la trama è pesantemente ricattatoria e le pause da commedia, contribuendo ad affezionarti ai discutibili eroi, rendono la faccenda ancora più equivoca.
Da La Repubblica 5 settembre 2005
di Roberto Nepoti,