Roberto Nepoti
La Repubblica
Si fatica un po’ a credere che Dear Wendy sia nato dalla collaborazione tra un innovatore del cinema come von Trier e Vinterberg, suo complice nel manifesto Dogma ‘95, che ci colpì con l’ottimo Festen. La sceneggiatura di Lars pare una versione hard della Rivincita dei nerds e simili, quel tipo di film per teenager dove gli sfigati della scuola si alleano per resistere alle prepotenze altrui. Dopo l’acquisto dì un revolver, battezzato Wendy (al quale è raccontata, per lettera, tutta la storia), il timido orfano Dick acquista sicurezza. Così coopta in un club, i Dandy, un ragazzo storpio, uno menato dai compagni, un emarginato e una ragazzina senza seno: tutti forniti di pistola-copertina di Linus, però decisi a non farne uso. Ma le armi, prima o poi, sparano. . .
Si direbbe che von Trier abbia scritto il soggetto quando aveva sedici anni. Neppure la sua abituale ambiguità ideologica giustificherebbe, sennò, il nichilismo di riporto e il superomismo di questo apologo falsamente pacifista. Quanto a Vinterberg, gioca all’ingenuo sbozzando appena i personaggi, imitando lo stile del cinema indipendente americano e imponendoci la ripetizione dei rituali e delle manie di un gruppo d’adolescenti.
Da La Repubblica, 23 settembre 2005
di Roberto Nepoti, 23 settembre 2005