Lietta Tornabuoni
L'Espresso
Konstantinos Costa-Gavras detto Costa (anzi Costà, giacché vive a Parigi) ha due caratteristiche: il vigore, l'energia, la forza dei suoi appassionanti film di forte impegno civile-politico e la mancanza di senso dell’umorismo, che si ritrovano pure nel Cacciatore dì teste con José Garcia. Il cinema ha preso di recente a occuparsi della disoccupazione, non più della classe operaia, ma della classe media, dirigenti, manager, impiegati: Laurent Cantet in Risorse umane e A tempo pieno; David Mamet in Americani; Francesca Comencini in Mi piace lavorare, Eugenio Cappuccio in Volevo solo dormirle addosso; Dean Parisot in Dick e Jane Operazione furto, dove una coppia coniugale ridotta in miseria dalla perdita del lavoro di lui ricorre alla rapina. Anche nel Cacciatore di teste è il crimine a combattere la disoccupazione: il bravissimo dirigente 40enne di una fabbrica di carta viene licenziato per una ristrutturazione aziendale; è convinto, per il suo livello di competenza, di trovare subito un lavoro simile; non lo trova; decide di eliminare uno dopo l’altro i possibili rivali; con errori e goffaggini, il disoccupato diventa un serial killer. Costa è troppo realista e troppo poco spiritoso per affrontare il paradosso. Racconto morale tratto dal romanzo di Donald Westlake “The Axe”, coprodotto dai fratelli Dardenne, inteso a condannare un individualismo inferocito, il film fantasociale annuncia l’impossibilità di vincere: il predatore viene catturato da un altro predatore, anzi da un predatrice.
Da L'Espresso, 23 febbraio 2006
di Lietta Tornabuoni, 23 febbraio 2006