Ocean's Twelve

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Un film di Steven Soderbergh. Con George Clooney, Brad Pitt, Matt Damon, Catherine Zeta-Jones, Andy Garcia.
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Azione, durata 125 min. - USA 2004. uscita venerdì 17 dicembre 2004. MYMONETRO Ocean's Twelve * * - - - valutazione media: 2,48 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Claudio Masenza

Il Venerdì di Repubblica

L’allegria è autentica. E smentisce il vecchio adagio secondo il quale se sullo schermo si ride molto, il pubblico si annoia. Uno dei punti di forza di Ocean’s Twelve è, infatti, proprio il divertito cameratismo dei numerosi protagonisti, George Clooney, Brad Pitt e Matt Damon in testa. E a sentir loro è stata la voglia di ritrovarsi a «giocare» assieme a spingerli a girare il sequel di Ocean’s Eleven.
L’idea è venuta al regista Steven Soderbergh alla fine del tour promozionale del primo film, prima cioè che i 446 milioni di dollari di incasso mondiale la trasformassero in un interessante investimento. «Avevamo finito il nostro giro di interviste», ricorda George Clooney, «eravamo a cena a Piazza del Popolo a Roma un po’ brilli, quando Steven ha confessato che quello era il suo primo viaggio in Italia, aggiungendo che sarebbe stato bello ritrovarsi tutti lì per girare un seguito del film ambientato a Roma. Nell’euforia tutti a dire sì, versando altro vino. Il giorno dopo, in aereo, quando lo abbiamo visto buttare giù appunti al computer, abbiamo capito che faceva sul serio e ci siamo detti “Perché no?“».
La storia riparte con Andy Garda che, tre anni dopo aver subito Il clamoroso furto nel suoi casinò di Las Vegas e lo smacco dell’abbandono di Julia Roberts, rintraccia Danny Ocean - Clooney - e i suoi undici complici e pretende, sotto minaccia di morte, di riavere il denaro che gli è stato sottratto. Naturalmente ne è rimasto poco e l’unica soluzione è tornare a rubare. Meglio se in Europa, dove la polizia non è ancora sulle loro tracce. Questo lo spunto. E appena èstata pronta una bozza di sceneggiatura, è iniziato il lavoro di Clooney, socio di Soderbergh nella produzione Section Eight: convincere tutti a riprendere i propri ruoli in cambio di una cifra relativamente modesta e a una percentuale sugli incassi, la stessa formula produttiva che aveva funzionato per il primo film e l’unica possibile per contenere in termini economicamente accettabili un simile cast. Il proponimento era, anzi, riuscire a spendere meno della prima volta. L’ambientazione in varie città europee ha fatto però salire i costi: «Ma non molto», precisa Clooney. Specie se si considera che oltre ovviamente la Roberts, questa volta dodicesimo membro della gang di ladri, il sequel include Catherine Zeta-Jones e Bruce Wilhis.
Quest’ultimo, nel ruolo di se stesso, è al centro di una irresistibile sequenza nella quale, facendo leva su una «discreta somiglianza», la Roberts tenta di farsi passare per l’attrice Julia Roberts. «Siamo come una piccola compagnia teatrale», è il parere di Brad Pitt, «abbiamo tutti fatto vari film assieme e siamo sempre pronti a mettere in piedi un nuovo progetto». E a fare scherzi, apparentemente. «Appena arrivati a Roma», racconta Clooney, «Brad ha scritto un “memo” per la troupe dove spiegava che, per non uscire mai dal ruolo, desideravo essere chiamato da tutti Mr. Ocean e preferivo che nessuno mi guardasse negli occhi. Lo ha firmato col mio nome e lo ha fatto circolare. Ci ho messo un mese a capire perché si comportavano tutti in maniera così strana. Ho aspettato che ci spostassimo per gli interni a Los Angeles e una mattina ho applicato due sticker all’auto di Brad. Uno diceva: “Sono gay e voto” e l’altro: “Pisello piccolo a bordo“”. Molte auto suonavano il clacson affiancandosi ai semafori e Brad faceva regali gesti di saluto credendo che si trattasse di fan».
Ma la versione di Pitt è diversa: «George vuole prendersi il merito di tutte le mie scelte. Sono fiero di essere un omosessuale partecipe delle scelte politiche del Paese e penso che essere microdotato non sia una vergogna».
Per Matt Damon Il problema è che da quando il settimanale People ha scelto Jude Law come uomo più sexy del mondo, Pitt semplicemente non riesce a darsi pace. La tentazione di non rispondere seriamente alle domande è irresistibile. L’unica soluzione è tentare di isolare Clooney. Che è pronto ad ammettere che Ocean’s Twelve è stata una «vacanza» estremamente piacevole prima di affrontare la delusione delle elezioni americane e progetti di maggiore peso politico. «Mio padre era in corsa per il Congresso e ha perso. Ma io sono felice che a settanta anni tenti ancora di fare qualcosa per il Paese. Come anchorman è stato politicamente impegnato per tutta la vita. Mi diceva: “Cerca di non ritrovarti a 65 anni a fare l’elenco delle cose che avresti dovuto fare“. È così che provo a vivere».
Ma non sempre funziona. Il suo schieramento a favore del partito democratico secondo alcuni è addirittura dannoso. E Clooney lo ammette: «Posso usare la popolarità per la beneficenza, per attirare l’attenzione su qualche problema sociale, ma non posso sostenere un candidato politico, questo l’ho capito. Direbbero subito che è legato ai liberal di Hollywood. Ed è grave perché liberal per molti americani è un insulto». Ma gli resta l’arma del cinema. «Certo posso fare politica anche attraverso il cinema. Ora ho prodotto e interpretato Syriana di Stephen Gaghan, lo sceneggiatore di Traffic, sulla corruzione delle compagnie petrolifere in Medio Oriente e in America. A febbraio dirigerò Good night and good luck su Edward R. Murrow, il giornalista televisivo che si batté contro il senatore Joseph McCarthy e le sue liste nere. Forse non saranno film di successo però mi permettono di esprimere le mie idee e di tentare di misurarmi con cose che non sono certo di saper fare». Ma c’è anche qualcos’altro che lo spinge a misurarsi con progetti scomodi. «Può darsi che sia la curiosità a spingermi, ma sono più propenso a credere che sia la paura. È un motore importante. In genere sembro sicuro di me. È sempre stato così: quando sono nervoso, la gente non se ne accorge. Se devo parlare in televisione, consegnare un premio, mi agito terribilmente. Anche se ormai so che riuscirò a cavarmela. Saper mascherare il mio nervosismo, mi rende più facile rischiare, dire ciò che mi sta a cuore e forse qualche volta mettermi nei guai. Ciò che davvero mi spaventa è scoprire un giorno di essere a mio agio in ogni situazione, di aver perso con la paura anche la passione e la rabbia».
Da Il Venerdì di Repubblica, 10 dicembre 2004


di Claudio Masenza, 10 dicembre 2004

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