La vita è un miracolo

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Un film di Emir Kusturica. Con Slavko Stimac, Natasa Solak, Vesna Trivalic, Vuk Kostic, Aleksandar Bercek Titolo originale Zivot je cudo. Grottesco, durata 155 min. - Jugoslavia, Francia 2004. uscita venerdì 4 marzo 2005. MYMONETRO La vita è un miracolo * * * 1/2 - valutazione media: 3,62 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Natalia Aspesi

La Repubblica

Cambiano le generazioni di cinefili, e anche gli adorati maestri, se non sono defunti, passano un po' di moda. Così neppure Emir Kusturica era atteso con l'ansiosa venerazione di un tempo: eppure tornava al Festival, con La vita è un miracolo in concorso, dopo nove anni, tanti e burrascosi. Nel 1995, l'anno in cui veniva firmato il trattato di pace per la Bosnia, al Festival aveva vinto la Palma d'oro il suo mirabile Underground, film su quella spaventosa guerra, giudicato filoserbo "da un paio di filosofi francesi che non l'avevano neppure visto". Nel 1988, un anno prima che Milosevic diventasse presidente della repubblica serba, con Il tempo dei gitani il regista, allora serbo-bosniaco, aveva vinto il premio della regia; nell'85, trentenne sconosciuto, al suo ammirevole "Papà è in viaggio d'affari" che rivelava la Jugoslava dopo il da lui molto odiato Tito, era stata assegnata la sua prima Palma d'Oro. Il suo ultimo film di esplosiva vitalità, Gatto nero, gatto bianco, aveva vinto nel '98 il Leone d'oro alla Mostra di Venezia. Poi si era messo a girare il mondo facendo musica con la sua indiavolata No smoking Orchestra, forse per allontanarsi dall'amarezza di non poter più tornare nella sua città, Sarajevo, "dove la mia casa è stata saccheggiata e incendiata dai musulmani e i miei amici di un tempo ormai mi rifiutano". Quarantanove anni, faccia viva e malinconica, soliti capelli lunghi e spettinati, solito sigaro tra le dita, solita maglietta a righe bianche e azzurre, questa volta Kusturica ha vicino il figlio Stribor, 26 anni, aria fragile e smarrita, batterista dell'orchestra paterna, diventato attore per La vita è un miracolo nel ruolo di un onesto soldato serbo.
Dice che il suo è soprattutto un film sull'amore, sulla famiglia, "e la guerra non è che lo sfondo per rendere più intensi i rapporti umani, per dividere e unire, per perdersi e ritrovarsi. E' una storia ambientata in Bosnia e girata in Montenegro e Serbia, ma avrebbe avuto senso anche in altri luoghi devastati dalla guerra e dove può accadere l'incontro tra due persone che dovrebbero odiarsi e finiscono con l'amarsi. E' una storia vera e me l'hanno raccontata qualche anno fa". Racconta d'essere cristiano-ortodosso, di madre e padre di origine musulmana. "Non sono né la religione né l'etnia a definirmi, ma la lingua, che è il serbo-croato, e la mia cultura, che è serba". Nel film, alla televisione, prima che il protagonista Luka (il bravo Slavko Stimac, protagonista di Underground) la butti dalla finestra e le spari, qualcuno dice, "Verso il popolo serbo sono stati perpetrati più crimini di quanti sia stato accusato di aver commesso": ed è un modo del regista per ribadire quelle certezze che gli hanno allontanato la simpatia di molti intellettuali occidentali, "che da lontano hanno ideologizzato un conflitto di cui non potevano capire nulla. Per esempio non hanno capito che non è stata la diversità a scatenare la guerra, ma la guerra ad obbligarci a ritrovare le nostre radici, anche in un paese integrato come la Bosnia, quindi a dividerci, a schierarci". Ciò che non gli viene perdonato, dice il regista, è di non essere manicheo, di non aver voluto dividere i protagonisti dello spaventoso conflitto in buoni e cattivi. Ed è per questo che il suo film racconta una storia d'amore tra due esseri che appartenendo a comunità diverse, diversi non si sentono e non sono, perché nessuna ideologia li acceca. Kusturica ce l'ha con i media occidentali che hanno contribuito a brutalizzare la guerra con le loro menzogne. Alla fine del film, quando avviene lo scambio dei prigionieri, una telecronista americana si avvicina al ragazzo serbo che viene restituito in cambio della ragazza musulmana (e il padre Luka non riesce a godere del ritorno tanto atteso del figlio perché per riabbracciarlo ha perso l'innamorata) e con la tipica arroganza del mestiere gli chiede di raccontare i tormenti che gli avranno certamente inflitto, la fame, la sete, le percosse: e lui, afferrando il microfono, le risponde con una pernacchia. In un luogo incantevole, poco lontano da dove ha girato La vita è un miracolo, a un'ora di macchina da Belgrado, vicino a una foresta dove convivono tre specie di piante pur incompatibili tra loro ("e perché non dovrebbero convivere tre etnie?") Kusturica ha fatto costruire la sua nuova patria: un villaggio ancora senza nome, di 25 case, con negozi e una chiesa in cui ci sarà posto per una scuola di cinema e per un piccolo laboratorio di frutta secca. Per sentirsi meno esiliato dalla sua gente, "che non mi ha perdonato di aver detto quello che non volevano sentirsi dire".
Da La Repubblica, 15 maggio 2004


di Natalia Aspesi, 15 maggio 2004

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