salvatore scaglia
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domenica 3 gennaio 2010
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i sentimenti oggi, non solo nel mondo del cinema
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Ho assistito alla proiezione de "La vita che vorrei", film intenso sull’importanza dei sentimenti, in occasione della rassegna "Cinema Sotto le Stelle" 2005 - nell’ambito delle "Orestiadi" di Gibellina (TP) -, sotto una splendida volta celeste ancora prodiga di astri cadenti.
Il titolo è il Leitmotiv dell’opera: c’è chi vorrebbe essere un attrice di successo; chi vorrebbe essere amata veramente; chi vorrebbe riflettere maggiormente su se stesso... Ma il lungometraggio di Piccioni si incentra sulle figure di Laura (Sandra Ceccarelli) e Stefano (il palermitano Luigi Lo Cascio), la cui vicenda si staglia sull’efficace rappresentazione del cinismo del pianeta-cinema, tra agenti amorali, cineasti incapaci, produzioni di convenienza meramente economica ed occulte - quanto sofisticate – regie, volte a favorire, nell’edificio del film, la performance di un attore a detrimento di un altro.
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Ho assistito alla proiezione de "La vita che vorrei", film intenso sull’importanza dei sentimenti, in occasione della rassegna "Cinema Sotto le Stelle" 2005 - nell’ambito delle "Orestiadi" di Gibellina (TP) -, sotto una splendida volta celeste ancora prodiga di astri cadenti.
Il titolo è il Leitmotiv dell’opera: c’è chi vorrebbe essere un attrice di successo; chi vorrebbe essere amata veramente; chi vorrebbe riflettere maggiormente su se stesso... Ma il lungometraggio di Piccioni si incentra sulle figure di Laura (Sandra Ceccarelli) e Stefano (il palermitano Luigi Lo Cascio), la cui vicenda si staglia sull’efficace rappresentazione del cinismo del pianeta-cinema, tra agenti amorali, cineasti incapaci, produzioni di convenienza meramente economica ed occulte - quanto sofisticate – regie, volte a favorire, nell’edificio del film, la performance di un attore a detrimento di un altro.
Le vite di Laura e Stefano s’intrecciano prima professionalmente e poi sentimentalmente. Lei ha sempre sfruttato personaggi importanti a fini di carriera, ripagandoli con profferte erotiche. Lui s’intrattiene con una ‘carrellata’ di ragazze, di cui poi non ricorda nemmeno i dati più superficiali (come il giorno del compleanno o il segno zodiacale), e che considera quasi come i suoi film, che gira freneticamente, << uno dietro l’altro >>.
Circostanza dell’incontro di Laura e Stefano è un dramma in costume, ambientato nell’ ‘800, che dipinge un ‘amore impossibile’ tra Eleonora e Federico: lei mantenuta da un maggiorente dell’epoca e lui sposato, trattenuti - come nelle esistenze reali dei due attori - dall’utilitarismo (di lei) e dalla recitazione di una parte (di lui). Ma, quando Laura e Stefano si innamorano, ecco subentrare in lui la diffidenza sulle sincere intenzioni di lei, perché << la recitazione non ha niente a che vedere coi sentimenti >>.
Piccioni costruisce, dunque, un apologo contemporaneo sull’irrinunciabile essenzialità degli affetti, in un mondo - che, più in generale, pare trascendere quello del cinema - contrassegnato dal rampantismo, dall’edonismo e, nel migliore (o meno peggiore ?) dei casi, dall’indifferenza sentimentale.
Il film - in cui brillano le citazioni della celebre scena di ballo de "Il Gattopardo" di Luchino Visconti e della colonna sonora di "Platoon" di Oliver Stone, forse a significare la contrapposizione tra lo splendore superficiale (la danza) e l’intima lacerazione della persona (la musica struggente del film bellico) - è invero un crescendo drammatico di tensione narrativa, con un cenno finale alla speranza che per i sentimenti c’è sempre tempo: persino in situazioni-limite, come in presenza di un figlio avuto per caso e di un’acquisita consapevolezza di solitudine quasi irrevocabile.
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gianleo67
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venerdì 8 marzo 2013
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effetto notte...secondo piccioni
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Stefano e Laura sono gli attori protagonisti di un melodramma in costume ambientato nell'800 che narra la storia di un amore fedifrago tra un rispettabile uomo sposato e la discussa dama di compagnia di un vetusto aristocratico. Lui è un attore affermato e schivo, lei una donna sola e sensibile con poche esperienze professionali e difficili trascorsi. La loro storia d'amore finisce per intrecciarsi con quella del film, confondendo realtà e finzione in una inestricabile dialettica sentimentale.
Piccioni si cimenta anche questa volta con i turbamenti interiori di personalità conflittuali e irrisolte che si agitano sullo sfondo di una dimensione meta-cinematografica in cui l'occhio dello spettatore è portato a scrutare, con il grado di profondità concesso dai limiti materiali del mezzo espressivo, un processo di 'diagenesi dei sentimenti' nel loro lento ed inesorabile progredire attraverso gli strati più profondi della coscienza alle soglie di una intelleggibile rappresentazione artistica.
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Stefano e Laura sono gli attori protagonisti di un melodramma in costume ambientato nell'800 che narra la storia di un amore fedifrago tra un rispettabile uomo sposato e la discussa dama di compagnia di un vetusto aristocratico. Lui è un attore affermato e schivo, lei una donna sola e sensibile con poche esperienze professionali e difficili trascorsi. La loro storia d'amore finisce per intrecciarsi con quella del film, confondendo realtà e finzione in una inestricabile dialettica sentimentale.
Piccioni si cimenta anche questa volta con i turbamenti interiori di personalità conflittuali e irrisolte che si agitano sullo sfondo di una dimensione meta-cinematografica in cui l'occhio dello spettatore è portato a scrutare, con il grado di profondità concesso dai limiti materiali del mezzo espressivo, un processo di 'diagenesi dei sentimenti' nel loro lento ed inesorabile progredire attraverso gli strati più profondi della coscienza alle soglie di una intelleggibile rappresentazione artistica. La scrittura filmica gioca abilmente (ma non senza qualche rigidità formale) sulla forzata ambiguità di un gioco delle parti in cui i diversi piani della messa in scena si confondono e si intersecano, saggiando da un lato la reale consistenza dell'attore (come astratta categoria sociologica) e dall'altro una dimensione esistenziale di profonda solitudine, dove il superamento di una condizione di immendabile chiusura ed aridità sentimentale è affidato all'affinamento di doti professionali attraverso cui ricreare un simulacro di vita reale fino alla completa identificazione dei due ruoli (l'ossessione di Laura per una recitazione che simuli nella vita vera i sentimenti che dovrebbe provare nella finzione del set è una sorta di processo inverso della rappresentazione, di contaminazione della realtà con i germi di una dimensione irreale e posticcia ma tanto piu' vera e gratificante). Atto d'amore per il cinema, l'opera di Piccioni ne scandaglia e disseziona i meccanismi attraverso la riproposizione (non nuova nel cinema italiano da 'Otto e mezzo' di Fellini a 'Turneè' di Salvatores) di un film che illustra le vicende produttive e la controversa umanità che contribuiscono alla sua creazione, impegnato più ad indagare sulle dinamiche relazionali dei suoi protagonisti (fatte di infingardi simulatori della verità) che nella illustrazione di un mero interesse didascalico, benchè ne siano definiti con chiarezza e precisione i vari ruoli tecnici e artistici (abbiamo capito cosa fa il segretario di produzione!). Virtuoso della macchina da presa il suo sguardo indugia sovente sui primi piani degli attori, cogliendo le più piccole variazioni di espressione, privilegiando la magmatica forza del linguaggio non verbale alla pure esasperante verbosità della sceneggiatura. Nuovamente alle prese con la riuscita accoppiata Lo Cascio - Ceccarelli (già protagonisti del sorprendente e intenso 'Luce dei miei occhi') Piccioni si rivela un ottimo direttore di attori e osservatore intelligente e sensibile della natura umana. Effetto notte...dalle parti di Cremona.
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rastadahb
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venerdì 11 ottobre 2013
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fragile
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Quando un film parla di film, si crea nella mente dello spettatore una strana catena. Scopo principale di una catena è legare, e quali legami siamo indotti ad osservare?
La coppia Lo Cascio-Ceccarelli è legata alla Stefano-Laura, che a sua volta è legata ai fedifraghi innamorati in costume ottocentesco. la catena li tiene limpidamente stretti tra loro e slegati da tutto, non è una catena per tenerli fermi bensì per permettergli di non separarsi.
Il primo legame, tra gli attori “reali” e gli attori “recitati” è già delicato in quanto possono comprendere bene le difficoltà di un attore e possono approfondirle come è stato fatto: chi più dell’attore è un nido di kaos, ove si fondono cocomeri e fiammiferi con malta ed erbacce? La testa di un attore non può essere rigida e bloccata, e non può essere perciò limpida e prevedibile.
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Quando un film parla di film, si crea nella mente dello spettatore una strana catena. Scopo principale di una catena è legare, e quali legami siamo indotti ad osservare?
La coppia Lo Cascio-Ceccarelli è legata alla Stefano-Laura, che a sua volta è legata ai fedifraghi innamorati in costume ottocentesco. la catena li tiene limpidamente stretti tra loro e slegati da tutto, non è una catena per tenerli fermi bensì per permettergli di non separarsi.
Il primo legame, tra gli attori “reali” e gli attori “recitati” è già delicato in quanto possono comprendere bene le difficoltà di un attore e possono approfondirle come è stato fatto: chi più dell’attore è un nido di kaos, ove si fondono cocomeri e fiammiferi con malta ed erbacce? La testa di un attore non può essere rigida e bloccata, e non può essere perciò limpida e prevedibile. È sottile lo spazio che separa la realtà dal recitato.
Il secondo legame, tra recitato e recitato nel film, è però ancora più friabile. Già toccati dall’influenza professionale della realtà nel primo legame, devono poi rappresentare una situazione macchiata da influssi sentimentali, che come ombre non sempre si vedono o distinguono, ma ci sono. Stefano e Laura trovano infatti nella coppia che interpretano le parole che avevano perse tra di loro, per paura o per vergogna, vi trovano gesti che non conoscevano, giustificazioni che non avrebbero saputo dare.
Ogni volta che scoprono queste verità nella falsità del film, però, vanno a tirare con forza la catena che li lega e si arriva al momento in cui prima finzione (personaggi recitati da Lo Cascio e Ceccarelli) e seconda finzione (personaggi recitati da Stefano e Laura) spezzano il legame tra loro e si mischiano. Una volta distrutto questo legame, anche chi guarda il film si sente un po’ perso: Laura e Stefano parlano secondo ciò che loro provano o secondo ciò che il copione dice?
È questo un forte richiamo a Sei personaggi in cerca d’autore, dove i sei personaggi sembrano costretti dal loro Essere a cercare un palco, per poter Essere. Allora i legami che li tengono uniti, allestiti dal loro copione, li spingono a litigare per occupare in un modo piuttosto che in un altro il palcoscenico, per recitare la stessa commedia sotto il punto di vista di un personaggio piuttosto che di un altro.
Ma a questo rindondante rimbalzare tra reale e finto, nel film La vita che vorrei è messo in luce un altro elemento di confusione.
Non dice Laura di non poter recitare ciò che non prova realmente?
Ecco qua, l’ennesima prova dell’inaffondabilità della Contraddizione: il personaggio di Laura è così sballato dal concetto “semplice” di attore che inverte il processo di recitazione e non può fingere.
Ma che vuol dire che un’attrice, recitata da un’attrice, non può fingere? Che è tutto sbagliato?
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