Infection |
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Un film di Masayuki Ochiai.
Con Michiko Hada, Mari Hoshino, Tae Kimura, Yôko Maki, Kaho Minami.
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Titolo originale Kansen.
Horror,
durata 98 min.
- Giappone 2004.
uscita venerdì 3 giugno 2005.
MYMONETRO
Infection
valutazione media:
1,88
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il contagio...delle ideedi gianleo67Feedback: 61482 | altri commenti e recensioni di gianleo67 |
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giovedì 19 marzo 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
In un affollato ospedale oberato dai debiti e dalla scarsità di mezzi e personale, una equipe di medici e infermieri si trova a contrastare una misteriosa infezione di origine sconosciuta che sembra trasmettersi per via aerea e che produce un irreversibile processo di necrosi e liquefazione degli organi interni. In un'atmosfera sempre più allucinata e di reciproca diffidenza, mentre tutti i componenti dello staff sono colpiti dallo strano morbo, il giovane Dr. Akiba ne sembra stranamente immune. Scoprirà solo alla fine la terribile verità che lo riguarda. Ad uno sguardo superficiale e prevenuto, questa ennesima versione dello slasher nipponico di ambientazione ospedaliera, sembra ricalcare il copione più retrivo di un ghost horror che vanta nel sol levante una lunga e consolidata tradizione di spauracchi a base di trame strampalate e decomposizioni organiche assortite, secondo un rigido protocollo di studiata (?) contaminazione tra l'ingenuo armamentario di un irriducibile razionalismo scientifico ed i soprassalti di un immaginario fantastico dove gli incubi del malvagio ultraterreno si divertono a fare capolino nel mondo dei vivi ed a sconvolgerne la sanità mentale. Se è vero che in questo B-movie del giovane Masayuki Ochiai c'è tutto questo, è anche vero che il consueto minimalismo (pauperismo) della messa in scena e le atmosfere sopsese di una latente dimensione allegorica concorrono a riscattarlo dalle prevedibili accuse di faciloneria, convertendo la materia trattata (survival horror da pronto soccorso) nello spunto per una riflessione sarcastica e irriverente sui limiti della percezione umana ("Di tutto quello che diciamo di vedere...molto è frutto dei nostri processi mentali") e su quelli di una deontologia professionale messa a dura prova dalla grettezza dell'ambizione e dalla spada di Damocle dell'imperizia. La contaminazione biologica diventa quindi il paradigma tangibile di una contaminazione psichica che agisce subdolamente dietro le quinte (dietrò i separeè,attraverso gli specchi), laddove il contagio delle ideee (questa l'ho già sentita da qualche parte!) diventa il meccanismo attraverso cui si trasmette la paura e con essa l'irreversibile processo di compromissione dell'identità individuale. Angoscioso e provocatorio come poteva esserlo Lars Von Trier ai tempi di 'The Kingdom - Il regno' (1994), il film di Ochiai ci dice non solo quanto sia labile il confine tra 'sanitas et insania mentis' ma soprattutto trasferisce l'anarchismo radicale dell'umano agire nel presidio per antonomasia, nell'ultimo baluardo di salvazione e di riscatto dalla miserie e dalle sofferenze della vita. Piccolo saggio sulla inattendibilità dell'esperienza sensibile, è fortemente sconsigliato a chi ritiene di ritiene di doversi fidare ciecamente di un camice bianco.
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