mario conti
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martedì 3 ottobre 2006
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silenzio, c'è il cinema.
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Siamo al cinema mai visto, anzi mai ascoltato. Non è un punto di non ritorno: può essere una partenza, da affrontare lieve, come un antidoto allo strapotere dei kolossal, alle musiche ingombranti e magniloquenti, alle frasi tagliate con l'accetta, alla sentenza che aspira ai memorabilia.
Ho visto persone sonnecchiare, altri saltare su dalla poltrona in cerca dei propri perduti acquari rumorosi; ho anche visto taluni sbeffeggiare gli orientali, la loro lentezza senza tempo, sintomo di inutilità, sinonimo di orpello.
Potevano stare a casa.
Perchè "Ferro 3" è assolutamente, esclusivamente cinema. Anche se mai visto, mai ascoltato: ma il cinema, sappiamo, nacque muto; e muto si impose alle masse, muto affascinò e sedusse.
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Siamo al cinema mai visto, anzi mai ascoltato. Non è un punto di non ritorno: può essere una partenza, da affrontare lieve, come un antidoto allo strapotere dei kolossal, alle musiche ingombranti e magniloquenti, alle frasi tagliate con l'accetta, alla sentenza che aspira ai memorabilia.
Ho visto persone sonnecchiare, altri saltare su dalla poltrona in cerca dei propri perduti acquari rumorosi; ho anche visto taluni sbeffeggiare gli orientali, la loro lentezza senza tempo, sintomo di inutilità, sinonimo di orpello.
Potevano stare a casa.
Perchè "Ferro 3" è assolutamente, esclusivamente cinema. Anche se mai visto, mai ascoltato: ma il cinema, sappiamo, nacque muto; e muto si impose alle masse, muto affascinò e sedusse.
"Ti amo". L'unica frase pronuciata (meglio:sussurrata) dai protagonisti scatena il paradosso. Sono parole abusate, saccheggiate da un qualsiasi sceneggiatore pigro, quasi a voler dare respiro all'ansimare della pellicola, a restituirle vigore e slancio, prima della agnizione, dell'Amore urlato e mostrato come un brutto quadro in un salotto volgare.
In "Ferro 3" quel "Ti amo" è essa stessa agnizione. E' verbo leggero e inaspettato, è un riaccostare le reciproche solitudini e rinsaldarle, trasportarle dalla fantasia alla vita.
Inutile cercare, nella seconda parte del film, riferimenti razionali. L'uomo, divenuto invisibile, nell'amore ritrova carne, muscoli e pulsazioni;e si fa carne per colei che ama, da cui è amato. E' forse questo il segreto di ogni sentimento: il sogno di esistere soltanto per una persona, l'unica che sappia leggere dentro di noi, l'unica verso cui non proviamo timore ad aprire il nostro libro spesso sritto male, pieno di zoppicature e strafalcioni. Perchè difficile è la sintassi dell'esistenza.
E poi, insomma, il film si lascia guardare e scorre via lento e placido. I personaggi di contorno gridano, soffrono, si dimenano, corrono. E loro due, bellissimi e imperturbabili, continuano ad anelare all'ordine e al rispetto. Violano case, ma le riassettano (anche ciò metafora dell'amore? L'amore non nasce forse come invasione di un'intimità, non sconvolge, viola, penetra e poi si riequilibra nei suoi corollari di affetto e complicità?), salgono su una bilancia e non vi leggono che assenza di peso: nell'amore sono diventati anima.
Lo abbiamo sperato tutti, almeno da adolescenti: un amore fatto solo di sguardi, di intese, un amore che ti faccia volare e ti renda etereo, forse folle, felicemente folle.
Si esce dal cinema, sempre più vuoto, abovinevolmente disertato, e si è felici. Non si sa perchè, ma si è felici, come dopo una sbornia. Magari si incontra un vigile che ti ha appena elevato multa. E lo si bacia. Abbiamo appena visto un film d'amore che non assomiglia ad alcun altro film d'amore. Lui ti contesta anche l'oltraggio a pubblico ufficiale. Non può capire, è come i proprietari delle case deflorate: è avvezzo al rumore, al caos, è disabituato alle virtù terapeutiche del silenzio (e forse dell'amore).
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[+] bravo mario
(di zazozamcoz)
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ros
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venerdì 11 febbraio 2005
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ho visto un film che è poesia
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Un film. Louise-Jaen e August non avrebbero mai potuto immaginare che avrebbero fornito a tutto il mondo gli strumenti per dare forma ad una nuova arte. Perchè il cinema, talvolta, è Arte.
Non a caso, sempre più spesso, è l'oriente del mondo a diventare importante e complessa portavoce dell'arte che il cinema veicola. E' l'oriente, infatti, che onora la propria cultura a volte dipingendo, altre volte fotografando le tradizioni dei loro popoli in quadri tanto suggestivi quanto profondi. E' l'oriente che combatte, con estrema dignità, contro l'imposizione della superficialità gettata, come fosse cemento, dalla mostruosa macchina occidentale. E' l'oriente, sopra tutti, che lascia un'enorme eredità culturale, troppe volte sconosciuta oltreoceano, che ha assunto le sembianze di capolavori letterari, architettonici, musicali, cinematografici.
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Un film. Louise-Jaen e August non avrebbero mai potuto immaginare che avrebbero fornito a tutto il mondo gli strumenti per dare forma ad una nuova arte. Perchè il cinema, talvolta, è Arte.
Non a caso, sempre più spesso, è l'oriente del mondo a diventare importante e complessa portavoce dell'arte che il cinema veicola. E' l'oriente, infatti, che onora la propria cultura a volte dipingendo, altre volte fotografando le tradizioni dei loro popoli in quadri tanto suggestivi quanto profondi. E' l'oriente che combatte, con estrema dignità, contro l'imposizione della superficialità gettata, come fosse cemento, dalla mostruosa macchina occidentale. E' l'oriente, sopra tutti, che lascia un'enorme eredità culturale, troppe volte sconosciuta oltreoceano, che ha assunto le sembianze di capolavori letterari, architettonici, musicali, cinematografici.
Il film di Kim-Ki-Duk è espressione di queste profonde radici culturali che, forgiate dalla genialità sorprendente del regista e sceneggiatore, trovano voce nella poesia del silenzio. Costruendo un solido ponte tra tradizione e modernità, attraverso il contrasto creato accostando con rara maestria elementi dell'uno e dell'altro (il ferro 3 del golf con l'arte marziale, lo stile newtoniano delle fotografie alle pareti con la grazia dei giardini coreani, il grigio metallico di alcuni arredamenti con il rosso acceso dei meravigliosi cuscini ricamati), il film riporta ad atmosfere fiabesche e sognanti tipiche dell'intimismo orientale. Non v'è, quindi, alcun bisogno delle parole dei due protagonisti per dare espressione alla poesia, basta l'amore degli sguardi, il lirismo di cui la "danza" marziale del giovane nella cella è intrisa, il filo teso e mai spezzato della memoria quando i due amanti sono separati dagli eventi. La speranza, il sogno, la ricostruzione, il disordine nelle vite-non-vite e l'ordine a cui le stesse tendono, tessono, fotogramma dopo fotogramma, la trama del film. Un film surreale, in cui non è elemento essenziale la coscienza della realtà, quanto lo sia la certezza dell'immaginario. Un film che racchiude il suo significato nella frase conclusiva e che lascia nello spettatore la piacevolissima sensazione di aver cavalcato, al fianco dei protagonisti, le onde leggiadre di un sogno.
Ho visto un film che è poesia.
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[+] ferro 3
(di noodlemantra)
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bidibi
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lunedì 6 giugno 2005
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tae-suk
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A mio parere, siamo di fronte a una di quelle opere in cui il protagonista, il giovane Tae-suk, è un personaggio talmente 'potente' da riuscire a imprimersi nella memoria a prescindere dal contesto in cui lo si è conosciuto - un film, in questo caso, peraltro molto bello.
Un critico del Manifesto ha voluto incomprensibilmente tirare in ballo Peter Pan: mi sembra che il paragone più appropriato sia piuttosto quello col Piccolo Principe: come lui, anche Tae-suk è una persona sola, ultrasensibile, capace di provare e manifestare autentico interesse per gli altri; ma a differenza del ragazzino creato da Saint-Exupéry, il Piccolo Principe coreano (di cui non si conosce l'età, ma che apprendiamo essere laureato) non soddisfa la sua curiosità per gli uomini sommergendo il prossimo di domande… Sceglie invece (per eccessiva timidezza? Per paura dell'aggressività altrui?) di osservare i suoi simili ‘nell'assenza’: entra di nascosto nelle case di sconoscuti mentre sono via e ne vive per pochi giorni la quotidianità attraverso l'uso delle loro stanze e dei loro oggetti personali (i piatti, il letto, la doccia…Persino lo spazzolino!).
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A mio parere, siamo di fronte a una di quelle opere in cui il protagonista, il giovane Tae-suk, è un personaggio talmente 'potente' da riuscire a imprimersi nella memoria a prescindere dal contesto in cui lo si è conosciuto - un film, in questo caso, peraltro molto bello.
Un critico del Manifesto ha voluto incomprensibilmente tirare in ballo Peter Pan: mi sembra che il paragone più appropriato sia piuttosto quello col Piccolo Principe: come lui, anche Tae-suk è una persona sola, ultrasensibile, capace di provare e manifestare autentico interesse per gli altri; ma a differenza del ragazzino creato da Saint-Exupéry, il Piccolo Principe coreano (di cui non si conosce l'età, ma che apprendiamo essere laureato) non soddisfa la sua curiosità per gli uomini sommergendo il prossimo di domande… Sceglie invece (per eccessiva timidezza? Per paura dell'aggressività altrui?) di osservare i suoi simili ‘nell'assenza’: entra di nascosto nelle case di sconoscuti mentre sono via e ne vive per pochi giorni la quotidianità attraverso l'uso delle loro stanze e dei loro oggetti personali (i piatti, il letto, la doccia…Persino lo spazzolino!).
Il suo sguado non è ‘scientifico’, ma autenticamente umano. Prova ne è la sua volontà di costruire un ‘rapporto’ - per quanto suoni strano usare qui questa parola - fondato sul più grande rispetto: in cambio dell'inconsapevole ospitalità degli abitanti della casa, infatti, si prende cura delle loro cose: annaffia le piante, fa il bucato, ripara gli oggetti che non funzionano; in un caso particolare, si prende anche cura dei loro cari (estinti).
Solo con l'incontro di colei che sarà la sua futura amata, realizziamo che Tae-suk non parla in presenza di altri: il suo modo di comunicare consiste esclusivamente in gesti e sguardi, e in quelle affettuose attenzioni, proprie di un animo gentile, che non a caso faranno innamorare di lui una donna resa muta dalle aggressioni fisiche e verbali del marito. Un altro ‘incontro’, molto meno piacevole per il Nostro, ci svelerà (ma già lo sospettavamo) che il silenzio, nel caso del giovane, è frutto di una scelta consapevole: le parole sono ripudiate per l'uso, sbagliato, violento, volgare, che ne fanno abitualmente gli uomini.
Il film ha il pregio di farci conoscere un personaggio che nessuno di noi avrebbe difficoltà a definire 'giusto', ma senza pretendere di imporcelo come modello. Lo sguardo del regista Kim Ki-Duk è complice, ma non invasivo: la regia racconta l'essenziale; non indugia, non strattona, si mantiene semplice e ‘leggera’ per tutto il film, come se assorbisse e ritrasmettesse a sua volta l'influsso del placido protagonista. Il registro narrativo si mantiene senza sforzo in perfetto equilibrio tra il drammatico, la commedia ‘seria’ e la favola moderna, passando per momenti di schietta comicità. Un piccolo film ben fatto. E una piccola storia ben raccontata.
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(di chiara)
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sy
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venerdì 24 marzo 2006
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a come amore
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Al termine del film si rimane senza parole,non si riesce a comprenderne il reale significato, perchè in realtà ne emerge più d'uno...la solitudine che accompagna le vite dei protagonisti si annulla d'incanto quando le loro strade s'incontrano, il mondo circostante è avverso e privo di quella limpidezza d'animo che, come un'aurea surreale, li avvolge. Il silenzio viene usato come un alternativo mezzo di comunicazione fra i due. Tutti e cinque i sensi vengono amplificati ed il regista Kim Ki-Duk, con pacatezza ed intensità, rende ogni piccolo gesto dei due protagonisti speciale ed unico, riuscendo finalmente a far percepire a chi li osserva, il reale significato della parola Amore.
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marina
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venerdì 1 luglio 2005
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"leggero" come il ferro
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Un film-inno alla leggerezza.
i due innamorati non pesano sulla bilancia, sono ambedue invisibili.
Abolito l'inutile dialogo che viene sostituito dal delicato amore agito, fatto di sani gesti di solidarietà, comprensione, intrisi di dolcezza.
Lei parlerà solo per dire; "ti amo"
Lui, fantasma d'appartamento e in prigione, non si accorge di essere spiato dalla donna che abita nell'ennesima casa da egli visitata. Quella donna che abita in modo estraneo la sua casa vuota.
Film ricco di simboli: il potere rivoluzionario della mente e della meditazione, pur rappresentandola rifugge la violenza alle armi che sostituisce i giocattoli e e le mazze da golf.
Inventa un modo di vivere alla giornata utilizzando come positivi saprofiti le altrui abitazioni.
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Un film-inno alla leggerezza.
i due innamorati non pesano sulla bilancia, sono ambedue invisibili.
Abolito l'inutile dialogo che viene sostituito dal delicato amore agito, fatto di sani gesti di solidarietà, comprensione, intrisi di dolcezza.
Lei parlerà solo per dire; "ti amo"
Lui, fantasma d'appartamento e in prigione, non si accorge di essere spiato dalla donna che abita nell'ennesima casa da egli visitata. Quella donna che abita in modo estraneo la sua casa vuota.
Film ricco di simboli: il potere rivoluzionario della mente e della meditazione, pur rappresentandola rifugge la violenza alle armi che sostituisce i giocattoli e e le mazze da golf.
Inventa un modo di vivere alla giornata utilizzando come positivi saprofiti le altrui abitazioni.
Ci offre notevoli spunti di riflessione e ci fa appaludire alla fine proiezione.
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[+] leggero come l'ombra
(di francesco)
[ - ] leggero come l'ombra
[+] leggerezze
(di pears)
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silvio
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domenica 26 agosto 2007
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comunicare con il silenzio...
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se si vuole vedere un film che sappia trasmettere un modo di esprimere emozioni, sentimenti e perchè no,una filosofia di vivere la vita in magnera alternativa,ferro 3 può essere quello giusto,basato su una comunicazione non verbale azzeccatissima,come ottime sono certe scene,mi ha impressionato moltissimo l'idea di aggiustare oggetti guasti all'interno delle case per ringraziare dell'improvvisata auto ospitalità.questo film è un concentrato di amore ,poesia,semplicità,genio.
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cinemaleo
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lunedì 30 marzo 2009
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da tutti ritenuto, giustamente, un capolavoro
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"Un'alta lezione di cinema" definì la critica "Primavera estate autunno inverno", il bellissimo film che ci ha fatto conoscere il regista coreano Kim Ki-duk. Come non ripetere questa definizione per "Ferro3-La casa vuota?" Opere diversissime tra loro, ambedue impossibili da raccontare nella loro leggerezza e profondità ma da vedere. Trama strana e visionaria, una scommessa fare un film dove il dialogo è quasi assente ma tutto è basato sugli sguardi, sull'atmosfera, sui gesti e senza un attimo di noia. Si è totalmente coinvolti... e tante sono le domande che durante la visione ci poniamo (e non a tutte riusciamo a trovare una risposta): è possibile essere se stessi senza compromessi? la libertà è un'illusione? è così difficile essere compresi? il comunicare con le parole serve a qualcosa? in che tipo di società siamo costretti a vivere? la solitudine è veramente una condanna.
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"Un'alta lezione di cinema" definì la critica "Primavera estate autunno inverno", il bellissimo film che ci ha fatto conoscere il regista coreano Kim Ki-duk. Come non ripetere questa definizione per "Ferro3-La casa vuota?" Opere diversissime tra loro, ambedue impossibili da raccontare nella loro leggerezza e profondità ma da vedere. Trama strana e visionaria, una scommessa fare un film dove il dialogo è quasi assente ma tutto è basato sugli sguardi, sull'atmosfera, sui gesti e senza un attimo di noia. Si è totalmente coinvolti... e tante sono le domande che durante la visione ci poniamo (e non a tutte riusciamo a trovare una risposta): è possibile essere se stessi senza compromessi? la libertà è un'illusione? è così difficile essere compresi? il comunicare con le parole serve a qualcosa? in che tipo di società siamo costretti a vivere? la solitudine è veramente una condanna...?
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leo pellegrini
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martedì 17 marzo 2009
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un'alta lezione di cinema
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"Un'alta lezione di cinema" definì la critica "Primavera estate autunno inverno", il bellissimo film che ci ha fatto conoscere il regista coreano Kim Ki-duk. Come non ripetere questa definizione per "Ferro3-La casa vuota"? Opere diversissime tra loro, ambedue impossibili da raccontare nella loro leggerezza e profondità ma da vedere. Trama strana e visionaria, una scommessa fare un film dove il dialogo è quasi assente ma tutto è basato sugli sguardi, sull'atmosfera, sui gesti e senza un attimo di noia. Si è totalmente coinvolti... e tante sono le domande che durante la visione ci poniamo (e non a tutte riusciamo a trovare una risposta): è possibile essere se stessi senza compromessi? la libertà è un'illusione? è così difficile essere compresi? il comunicare con le parole serve a qualcosa? in che tipo di società siamo costretti a vivere? la solitudine è veramente una condanna.
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"Un'alta lezione di cinema" definì la critica "Primavera estate autunno inverno", il bellissimo film che ci ha fatto conoscere il regista coreano Kim Ki-duk. Come non ripetere questa definizione per "Ferro3-La casa vuota"? Opere diversissime tra loro, ambedue impossibili da raccontare nella loro leggerezza e profondità ma da vedere. Trama strana e visionaria, una scommessa fare un film dove il dialogo è quasi assente ma tutto è basato sugli sguardi, sull'atmosfera, sui gesti e senza un attimo di noia. Si è totalmente coinvolti... e tante sono le domande che durante la visione ci poniamo (e non a tutte riusciamo a trovare una risposta): è possibile essere se stessi senza compromessi? la libertà è un'illusione? è così difficile essere compresi? il comunicare con le parole serve a qualcosa? in che tipo di società siamo costretti a vivere? la solitudine è veramente una condanna...?
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ledyna
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mercoledì 16 gennaio 2013
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la poesia si fa immagine
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Il Cinema è arte, l'arte delle immagini in movimento. Ferro 3 è l'arte della poesia fatta immagine. Nei silenzi, emerge l'urlo, talvolta disperato delle emozioni più profonde. Nella bellezza delle immagini mute, il pensiero dipinge significati soggettivi. In questo film i personaggi sono come angeli impalpabili, ma reali. Esseri tristi, ma indispensabili. Riversamento etereo dell'amore, in corpi martoriati dalle azioni che solo gli altri possono infliggere, nella loro crudeltà nel giudicare e amare.
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rita branca
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sabato 9 novembre 2013
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la vita è sogno?
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Ferro 3, La casa vuota, film (2004) di Kim-Ki-Duk con Hee Jae, Seoung-yeon Lee
Delicatissimo film coreano giustamente premiato per la migliore regia al festival di Venezia, che narra del curioso stile di vita di un bellissimo giovane centauro il quale, scova case temporaneamente vuote, per l’assenza dei proprietari e, abilmente introducendovisi, le abita per spazi di tempo brevissimi, comportandosi come se fossero sue, usandone il contenuto, gli arredi, ma trattando tutto con l’amore e il rispetto che si nutrono per la propria abitazione e, per esempio, ne ripara piccoli elettrodomestici mal funzionanti, consuma il cibo trovato in frigorifero, prepara un pasto, fa il bucato a mano, lo stende e mentre esplora la casa che vede per la prima volta, permette allo spettatore occidentale di scoprire interessanti dettagli abitativi orientali e culturali.
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Ferro 3, La casa vuota, film (2004) di Kim-Ki-Duk con Hee Jae, Seoung-yeon Lee
Delicatissimo film coreano giustamente premiato per la migliore regia al festival di Venezia, che narra del curioso stile di vita di un bellissimo giovane centauro il quale, scova case temporaneamente vuote, per l’assenza dei proprietari e, abilmente introducendovisi, le abita per spazi di tempo brevissimi, comportandosi come se fossero sue, usandone il contenuto, gli arredi, ma trattando tutto con l’amore e il rispetto che si nutrono per la propria abitazione e, per esempio, ne ripara piccoli elettrodomestici mal funzionanti, consuma il cibo trovato in frigorifero, prepara un pasto, fa il bucato a mano, lo stende e mentre esplora la casa che vede per la prima volta, permette allo spettatore occidentale di scoprire interessanti dettagli abitativi orientali e culturali.
Nel suo vagare da un’abitazione all’altra scopre le realtà dei suoi proprietari e si imbatte in una donna disperata che, pur senza mai usare la voce, come lui, d’altro canto, stabilisce un rapporto di perfetta intesa con l’ospite, fino ad abbandonare il suo compagno despota che la maltratta, per seguirlo nella sua vita nomade.
Insieme, in una delle case che esplorano, scoprono il cadavere di un uomo che seppelliscono amorevolmente, dopo averlo lavato e bendato come solo degli affettuosi parenti avrebbero potuto fare. Ma ciò, male interpretato, insieme alla furia del marito della bellissima donna, scatena una serie di disavventure che si risolvono in maniera onirica.
Bellissima la fotografia, elegante e raffinata la recitazione, basata al 90% sulla mimica facciale e corporea, deliziosa la colonna sonora.
Rita Branca
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