A luci spente

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Antonella Barina

La Repubblica

È un gran casino, ma molto divertente. Tutto doppio: due fonici, due sarte, due attrezzisti. E doppie macchine da presa, quelle moderne e quelle d¹epoca. Carrelli e luci dappertutto. La truccatrice ti dà gli ultimi ritocchi prima del ciak ed ecco che compare un¹altra truccatrice che ti dà gli ultimi ritocchi prima di un nuovo ciak. Per settimane sul set si sono intrecciate due troupe, quella vera e quella finta: un centinaio di persone tra l¹una e l¹altra. Non si capiva più niente². Cappellino di tulle e di rose, cerone e ciglia finte, Giuliana De Sio parla tra una ripresa e l¹altra. Sta interpretando il ruolo di una diva degli Anni 40 che gira un film dell¹epoca, tutta moine e leziosità: è ben diversa dalla donna energica, tutt¹altro che svenevole, che siamo abituati a vedere in lei. ³È già abbastanza difficile per un¹attrice calarsi nei panni di un¹altra attrice, soprattutto di una diva capricciosa d¹altri tempi. Se poi quel personaggio interpreta a sua volta un altro personaggio, secondo il modo di recitare di sessant¹anni fa, diventa un doppio salto mortale. Ma la sfida mi diverte².
A luci spente, che Maurizio Ponzi (il regista di Il bello delle donne) ha appena finito di girare, è la storia delle riprese di un film nella Roma del 1943, durante l¹occupazione nazista. Storia dei componenti del cast e della troupe, ovvero di chi è fascista e di chi non lo è. Storia della difficoltà di fare cinema ³a luci spente², ovvero nella Roma gravata dal coprifuoco e dagli oscuramenti antiaerei, negli stessi mesi in cui Cinecittà viene smantellata dai nazisti e il cinema ufficiale viene trasferito a Venezia, al seguito della Repubblica di Salò. Il regista di questo film nel film, interpretato da Giulio Scarpati (già il dottor Lele di Un medico in famiglia), è un antifascista che si ostina a girare la sua pellicola a Roma, nonostante l¹occupazione e i bombardamenti, per evitare il trasferimento forzoso in Laguna, che significa adesione all¹odiato Regime. il suo film nasce grazie al Vaticano, che offre fondi e location in cambio di buoni sentimenti. E gli consente così di nascondere alcuni ricercati antifascisti, ingaggiandoli come comparse sul set.
La vicenda ricorda la storia dì Vittorio De Sica che nei sette mesi a cavallo della liberazione girò Le porte del cielo interamente a Roma, con i soldi del Vaticano e con un cast ben nutrito (da Marina Berti a Massimo Girotti a Maria Mercader), perché erano molti gli attori ansiosi di evitare i legami con la Repubblica Sociale negli studios del Nord. Affinità che - secondo i giornali d¹inizio estate - hanno allarmato Christian De Sica, che si è sentito defraudato del progetto di realizzare un proprio film su questo episodio della vita del padre. I media hanno gridato alla polemica. Ma Ponzi minimizza ³Certo, A luci spente non esisterebbe se Vittorio De Sica non avesse girato Le porte del cielo in quelle condizioni difficili: l¹idea del mio film viene da lì. Ma quello è solo uno spunto per una trama del tutto inventata, con protagonisti diversi. Perché mi avrebbe fatto orrore cercare un attore che impersonasse il grande De Sica. E perché il vero tema di A luci spente è un altro: il passaggio dal cinema dei ³Telefoni bianchi² - quello di pura evasione, patinato e ipnotico - al neorealismo del dopoguerra. Una svolta epocale che i mio protagonista intuisce, grazie a una serie di incontri illuminanti, negli ultimi mesi di guerra².
Ponzi, che è un cinéphile e, prima di girare film come Io Chiara e lo scuro è stato a lungo critico cinematografico, continua a raccontare con passione ³L¹affermarsi del neorealismo è secondo me il periodo più bello del cinema italiano. Avviene gradualmente. Già nel 1940-1941 si riscontrano fermenti nuovi tra gli intellettuali che scrivono sul quindicinale Cinema - De Santis, Lizzani, Visconti e quelli, come Antonioni, che vi pubblicano le proprie fotografie. E già si vedono germi di neorealismo nei film più insospettabili: Quattro passi tra le nuvole di Alessandro Blasetti o L¹ultima carrozzella di
Mario Mattioli, con Aldo Fabrizi. Insomma, Ossessione di Luchino Visconti, del O43, che per tutti segnala nascita del nuovo cinema, è in realtà la punta di diamante, il capolavoro, di un fermento già in atto².
Personaggio chiave della nuova pellicola di Ponzi, che uscirà dopo Natale: il regista del film che viene girato nel film, alias Scarpati (che per far dimenticare il dottor Lele si è fatto crescere i baffi). ³Lui inizia girando una pellicola edificante e mielosa; ma pian piano, sedotto più dai volti genuini delle comparse che da quelli artificiosi dei divi, scopre un modo diverso di fare cinema², spiega Scarpati. ³Per interpretare la parte ho rivisto un¹infinità di pellicole dell¹epoca. Un modello a cui ispirarmi? Renato Castellani, che prima gira film calligrafici come Un colpo di pistola e Zaza, poi opere neorealistiche come Sotto il sole di Roma e Due soldi di speranza².
Scena clou del film: la divina di celluloide - alias Giuliana De Sio - che si sente trascurata in favore di volti più realisti, ha uno scarto a sorpresa. ³È sul set, pesantemente truccata, che attende il ciak, quando di colpo scappa verso il camerino², racconta la De Sio. ³E in una lunga sequenza toglie, toglie... cerone, rossetto, ciglia finte... fino a rimanere completamente al naturale. Diventa un¹altra donna, Che incanta tutti con la sua nuova magia².
Da Il Venerdì di Repubblica, 22 settembre 2003
Antonella Barina


di Antonella Barina, 22 settembre 2003
Antonella Barina

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