Roberto Nepoti
La Repubblica
Più che un documentario come Buena Vista Social Club, dove Wim Wenders si ritraeva lasciando la scena ai vecchi maestri cubani, L'anima di un uomo è un poema in immagini: un canto d'amore per la musica da parte del regista tedesco, nella cui opera la musica va acquistando un'importanza sempre maggiore. Tutto è nato da un'idea di Martin Scorsese, che ha deciso di consacrare al blues sei film affidandoli a registi diversi. La scelta di Wenders è caduta su due bluesmen mitici (ma semisconosciuti), Skip James, che passò al gospel e - già malato di cancro - fu tra i protagonisti dei grandi concerti di Newport nel '64 e '65, e il geniale J.B. Lenoir, morto prematuramente in un incidente d'auto.
Poi ne ha aggiunto un terzo, il pioniere Blind Willie Johnson, cantante cieco vissuto in perfetta povertà che nel film svolge la funzione di narratore. Wim mescola sapientemente materiali di repertorio ripuliti e rimasterizzati con ricostruzioni in bianco e nero, interpretate da attori e che simulano la fotografia d'epoca. Racconta l'arte dei protagonisti assieme alla loro personale vicenda umana; sottolineandone, al caso, il messaggio pacifista e antirazzista. Evita le interviste, che fanno troppo documentario, ma si preoccupa di toccare il pubblico più vasto inserendo brani in cui le canzoni di James e Lenoir sono riadattate da musicisti contemporanei come John Mayall, Lou Reed, Los Lobos, Nick Cave, Marc Ribot: anche per marcare l'evoluzione del blues nel jazz e nel rock, fino al rap, mostrando come esso conservi intatta la sua forza attraverso gli inevitabili cambiamenti.
L'anima di un uomo è il risultato di un'idea molto nitida, che ne fa qualcosa di diverso da un documentario, di opposto a un videoclip: quella che il blues, pur trattando di problemi concreti e quotidiani, sia una musica metafisica e che la sua essenza sia la speranza - di una vita migliore sulla Terra e oltre - ossia la continua opposizione tra ciò che è ciò che sarà, o dovrebbe essere. Unica nota stonata la cornice - troppo "soprannaturale" - della sonda Voyager che erra per lo spazio portando in volo una canzone di Blind Willie, "Dark Was the Night", da qui all'eternità. Però film come questo meritano tutta l'attenzione e la fiducia dello spettatore; che, al dilà di ogni attesa, non solo ascolterà splendida musica ma si sentirà anche raccontare storie bellissime, come e più che nel cinema di fiction.
Da La Repubblica, 07 giugno 2003
di Roberto Nepoti, 07 giugno 2003