Prima ti sposo poi ti rovino

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Un film di Joel Coen. Con George Clooney, Catherine Zeta-Jones, Billy Bob Thornton, Geoffrey Rush.
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Titolo originale Intolerable Cruelty. Commedia, Ratings: Kids+13, durata 100 min. - USA 2003. MYMONETRO Prima ti sposo poi ti rovino * * * - - valutazione media: 3,43 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Roberto Nepoti

La Repubblica

Fino dal prologo, dove Geoffrey Rush scopre il tradimento della moglie, intuisci che Prima ti sposo poi ti rovino è Un film basato sui ribaltamenti. Ribaltamento dei ruoli di colpevole e vittima (nella causa di divorzio Rush deve cedere tutti i suoi averi alla consorte infedele), ribaltamento delle situazioni, ribaltamento delle regole della classica romantic-comedy; abbondantemente tinta di nero, come è nello stile dei fratelli Coen.
Il rovesciamento delle aspettative è un criterio che penetra fin nei minuti particolari: vedi il cagnolino che, carezzato dal brillante legale, gli azzanna senza preavviso la mano. In perfetta coerenza con tutto ciò funziona la caratterizzazione dei protagonisti, perché Miles Massey e Marilyn Rexroth non sono altro che due geni della truffa schierati su fronti opposti: l’uno, avvocato divorzista, da quello della legge; l’altra, serial-divorziata, di parte avversa. A Venezia, troppi hanno liquidato questa commedia al vetriolo come un rivisitazione, divertente ma un po’ accademica, della commedia hollywoodiana vecchia maniera (quella, per intendersi, con Cary anziché con Hugh Grant). A grattare la crosta, però, non è difficile verificare con quale geniale voluttà Joel e Ethan ne scardinino gli stessi presupposti. Nella sequenza in cui Massey si confessa alla platea del colleghi, che lo ammiravano per il suo cinismo e ora lo applaudono per la melensa retorica. O nell’happy-end dove, dopo una serie di dispetti reciproci e di vendette private, incluso il tentato omicidio, lui e lei s’innamorano come imponevano le regole del filone ai tempi della Golden Age; un omaggio alla tradizione in cui gli autori non credono nemmeno per un istante.
Tutto il resto del film è un susseguirsi di gag feroci, divertenti fino alle lacrime, perfette nei minimi dettagli: perfino troppo serrate per riuscire a goderne appieno in una sola visione. Così, anche l’happy end romantico prende il sapore della gag beffarda e ha l’effetto di ribadire, anziché contraddire, il cinismo di protagonisti perfettamente in sintonia con la cultura del nuovo millennio.
Non lo abbiamo sentito dire dai Coen, ma sospettiamo che il titolo originale, Intolerable Cruelty, abbia un altro significato oltre a quello dell’espressione legale «crudeltà mentale»: si riferisca, insomma, al tono e allo spirito stesso del film. Il che renderebbe la rititolazione italiana ancor più - didascalidamente - intollerabile di quanto appaia a prima vista.
Da La Repubblica, 18 ottobre 2003

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Che i fratelli Coen fossero tipi maliziosi lo sapevamo già. Con Prima ti sposo poi ti rovino, però, hanno superato se stessi. Innanzitutto per la scelta di includere nel cast i protagonisti di autentiche nozze a suon di miliardi (come quelle di Catherine Zeta-Jones con Michael Douglas) e di chiacchieratissimi divorzi (l’addio fra Billy Bob Thornton e Angelina Jolie). Poi per aver diretto una commedia sul matrimonio così perfida che i precedenti cinematografici di guerra dei sessi sembrano giochi da ragazzi. Myles Massey (Clooney) è l’avvocato divorzista che scompiglia i piani di Marylin Texroth (Zeta-Jones), una serial-divorziata. Tutta sorrisi e soavità, Marylin architetta una trappola per demolire il temerario e gustarsi, fredda, la vendetta. Dimenticate le classiche commedie romantiche con Cary Grant e quelle, recenti, col suo omonimo Hugh. I Coen realizzano un capolavoro del genere, perché ne rivoltano le regole, aggiungendovi robuste dosi di “commedia nera”. È vero: alla fine i due s’innamorano, come da tradizione. Ma anche l’happy end prende il sapore della gag beffarda arrivando ai tempi supplementari, dopo un susseguirsi di trovate divertenti fino alle lacrime.
Da Vanity Fair, 23 ottobre 2003


di Roberto Nepoti, 23 ottobre 2003

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