Prima ti sposo poi ti rovino

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Un film di Joel Coen. Con George Clooney, Catherine Zeta-Jones, Billy Bob Thornton, Geoffrey Rush.
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Titolo originale Intolerable Cruelty. Commedia, Ratings: Kids+13, durata 100 min. - USA 2003. MYMONETRO Prima ti sposo poi ti rovino * * * - - valutazione media: 3,43 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Natalia Aspesi

La Repubblica

L’ultimo film dei fratelli Joel e Ethan Coen, visto in anteprima mondiale alla Mostra di Venezia, esce negli Stati Uniti con il titolo pertinente, Intolerable Cruelty e in Italia con il titolo più birichino ma antipatico, Primati sposo poi ti rovino. Siccome il personaggio principale è un avvocato divorzista diventato ultraricco, arricchendo smodatamente uno dei divorziati e mandando in rovina sino all’accattonaggio l’altro, ci si può chiedere: se mai fosse necessario, sarebbe meglio divorziare da noi o nello stato della California dove il film si svolge: e in ogni caso sarebbe più vantaggioso, per le coppie ovviamente miliardarie decise a mandare all’aria la loro unione,affidarsi a un celebre divorzi-sta italiano o a uno supercostoso californiano? Sinceramente dipende dagli scopi che un divorziando si prefigge: portar via anche le mutande, non mollare un soldo, essere generoso o vendicativo,equo o crudele, distruttivo o conciliante, impossessarsi di tutte le proprietà o non mollare neppure il gatto. Ma prima di decidere, bisogna dire che nel film il diabolico avvocato è George Clooney, quindi uno cui si vorrebbe dar sempre ragione tanto è affascinante: nella vita l’attore è uno scapolo d’oro di gran bellezza e simpatia, divorziato una sola volta da un’attricetta quando nessuno dei due aveva un dollaro, politicamente anti-Bush e che oltre tutto vive metà dell’anno ad Argegno, sul lago di Como, quindi quasi a portata di mano per le eventuali corteggiatrici italiane. Mentre nel ruolo dell’avvocato Miles Massey è un irresistibile mascalzone abile nel manipolare e magari un pochino trasgredire le leggi, pur di far trionfare i suoi assistiti: immolando alla sua genialità trash, per esempio, un marito (Geoffrey Rush) che dopo aver sorpreso la moglie a letto con il pulitore di piscine pur non possedendo piscina, dalla stessa moglie viene preso a insulti e forconate nel sedere, abbondano le prove in sua difesa ma che importa, Massey riuscirà a fare trionfare il luminoso comportamento della signora e il povero marito verrà spogliato di tutto. Il grande avvocato riesce anche a mandare all’aria i piani di Marylin Rexroth, che ha intrapreso una carriera molto diffusa nel mondo dei miliardari tonti d’America: quella dell’avventuriera che va a caccia di “un idiota ricco col pistolino volubile, da infinocchiare”, per poi ottenere un divorzio che le darà ciò che vuole, “ricchezza, indipendenza e libertà”. Siccome Marylin, creatura di voracità spietata e ironica sfacciataggine, “Sono carnivora, e quelli come lei meli mangio a colazione”), ha la bellezza morbida e statuaria di Catherine Zeta-Jones, parrebbe ovvia la sua vittoria, sul torrido marito vecchio che si accoppia (con berretto da capostazione) con briose puttanone per giocare al trenino. E invece no, Massey, pur stregato dalla voce vellutata della signora, riesce a povarne la premeditazione e a fare di lei qualcosa di imperdonabile:una divorziata povera a Los Aneles. Da questo momento i due stupendi rivali, ovviamente innamorati, si affronteranno con ogni possibile cattiveria sofisticata ed elegante tranello, attorno a un micidiale pezzo di carta, che si chiama “pre-nup”, patto prematrimoniale: un documento con il quale si stabilisce prima delle nozze cosa spetterà al coniuge abbandonato, di solito un’enormità, a meno che non si tratti, nel film, dei “Masseypre-nup”, che se firmato, in caso di divorzio proteggerà il coniuge più ricco dalle pretese dell’altro.
Si sa che sposandosi, il rugoso Michael Douglas (60 anni) e Catherine (34 anni) hanno firmato un misterioso “pre-nup” che si sospetta sia molto generoso verso la bellissima signora: la quale tuttavia assicura di adorare il marito e di non aver nulla a che fare con la rapacità programmata di Marylin. Alla fine di questa esilarante commedia che ripete, con crudeltà contemporanea, certi film americani degli anni 30 ( Il signore e la signora Smith, con Carole Lombard, L’orribile verità con Cary Grant, cui il geniale Clooney si ispira), non si capisce chi tra i due innamorati ha alla fine definitivamente fregato l’altro.
Per fortuna in Italia i patti prematrimoniali non sono legali, e non sono neppure auspicati: negli Stati Uniti infatti in questi documenti non bisogna dichiarare tutto quello che si possiede (se no ci pensano gli avvocati della controparte a non tralasciare niente, nel film scovano anche una villa intestata al cane. Cosa impensabile anche per il più onesto del nostri miliardario. Da noi la stragrande maggioranza delle coppie si tutela scegliendo la separazione dei beni, che consente al più ricco e al meno ricco di restare tali:in Italia poi, spesso la cosiddetta parte più debole, identificata con la donna, fatica a farsi pagare anche i meno impegnativi degli alimenti ed esiste una sentenza della Corte di Cassazione che ha abolito il vecchio principio dei “diritto alla conservazione dei tenore di vita goduto durante il matrimonio”: per il quale spose devote ma preveggenti, non si sa mai, tenevano copie di tutte le spese di famiglia (viaggi, ostriche, maggiordomo, magioni, aereo privato). Ma anche noi abbiamo i nostri grandi matrimonialisti, come il celebre Cesare Rimini, e grandi divorzi con ricchi alimenti: per esempio quello di Luciano Pavarotti che dopo 36 anni di matrimonio con Adua Veroni, e con un patrimonio valutato in centinaia di miliardi, ha acconsentito a tutto pur di accasarsi con la giovane Nicoletta. Al più demoniaco degli avvocati di Los Angeles, Marvin Mitchelson, è invece ricorsa Rita Rusic, moglie e socia del produttore Vittorio Cecchi Gori, dopo aver avuto parziale giustizia in Italia: in California vengono infatti riconosciuti come validi anche i “patti verbali” e tra la signora e suo marito pare ce ne siano stati di molto impegnativi per quel che riguarda il lavoro cinematografico in comune.
Da La Repubblica, 15 ottobre 2003


di Natalia Aspesi, 15 ottobre 2003

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