Roberto Nepoti
La Repubblica
In sé il titolo, Nudisti per caso, corrisponde abbastanza al contenuto; ma potrebbe trarre in inganno perché fa pensare a una commedia scollacciata, mentre il film di Landron è narrato piuttosto in chiave drammatica. Sophie, madre di due bambini, e Olivier, che gestisce un forno a Parigi, sono una coppia ancora giovane ma già logorata dalle abitudini quotidiane: metro-boulot-dodo, come dicono i francesi, ovvero metropolitana, lavoro e poi a nanna.
Malgrado qualche tentativo, Sophie non riesce a risvegliare i desideri dell'affaticato marito. Un giorno Olivier la sorprende con la bizzarra idea di acquistare una villetta in multiproprietà. Lei tentenna, alla fine accetta; ma quando arriva con i bambini (lui è rimasto in città a lavorare) sulla presunta isola di sogno, si rende conto che, là, il permesso di soggiorno è un diritto riservato ai nudisti: tutti nudi, in spiaggia e per le vie, in casa e al supermarket.
Corteggiata dai vicini e umiliata da chi l'apostrofa come "tessile" (è il titolo originale del film) per le stoffe che si ostina a indossare, la pudica signora vorrebbe tornarsene subito a casa; invece il marito la persuade ad attendere il suo arrivo. Frattanto, in Sophie si avvia una metamorfosi.
Per capire che si tratta di un film francese basterebbe un'inquadratura: è molto parlato, molto "naturale", un po’sentenzioso. Però non è affatto sgradevole e dice anche qualche verità. Che le cose peggiori non le fanno i nudisti, ma quelli che indossano l'uniforme dell'esercito o il doppiopetto dei governanti, ad esempio. E, per converso, che l'intolleranza può allignare ovunque: paradisi dei civilissimi, pacifici e colti naturisti inclusi.
Da La Repubblica, 25 giugno 2004
di Roberto Nepoti, 25 giugno 2004
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