Matrix revolutions

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Un film di Lilly Wachowski, Lana Wachowski. Con Keanu Reeves, Laurence Fishburne, Carrie-Anne Moss, Hugo Weaving, Monica Bellucci.
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Titolo originale The Matrix Revolution. Fantascienza, durata 128 min. - USA 2003. MYMONETRO Matrix revolutions * * - - - valutazione media: 2,31 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Roberto Nepoti

La Repubblica

L'amore è un'illusione della percezione, come la pace, la libertà, la verità. Oppure è una scelta, e come tale incorpora il dolore e la fine, ma anche la possibilità della coscienza e dunque della vita. E' in questo scontro "filosofico" di vedute ed energie che si combatte The Matrix Revolutions, terzo e conclusivo (forse) episodio della saga dei fratelli Wachowski, presentato ieri sera alla stampa a Roma (nelle sale dal 5 novembre distribuito dalla Warner Bros, in contemporanea in 50 Paesi al mondo). E' ancora la battaglia tra l'ultimo avamposto umano, Zion, e il mondo delle Macchine e dei suoi programmi ribelli (l'agente Smith) a fare da protagonista in quest'ultimo episodio della trilogia. Ma è una battaglia che sin dalle scene iniziali prennuncia la sua portata "cosmica", di viaggio dagli inferi alla luce. In un percorso quasi dantesco, l'"Eletto" Neo (Keanu Reeves) si sveglia nel "limbo" dove l'aveva lasciato nel maggio scorso The Matrix Reloaded: in coma, impastato di opacità, sospeso tra l'ignoranza e l'avvertimento di dover congedarsi da quella terra di nessuno dove giace immobile. E' infatti la fermata di una stazione ferroviaria, c'è una famiglia indiana che gli parla di karma, di destino, anche d'amore. Ma quando passa il treno, lui non può salire. A meno che non lo voglia. E Neo vuole, la sua missione è altrove. Con l'aiuto dell'amata Trinity (Carrie-Anne Moss), Neo ricomincia il suo viaggio, che sarà ancora più complesso e doloroso perché dovrà affrontare più ostacoli: non solo le Macchine e i programmi che a questi si sono ribellati e che ora minacciano tutti, ma anche se stesso, il peso della scelta che ha fatto, il prezzo della conoscenza cui vuole attingere, a costo del sacrificio. Per questo bisogna toccare l'inferno, il Club Hell Coat Check, locale notturno del sinistro Merovingio (Lambert Wilson) e della sua donna Persefone (Monica Bellucci, in una breve apparizione da una sola battuta, ma sempre regina dell'ade in latex rosso sangue). Per questo bisogna sprofondare nelle viscere della terra, contaminarsi con l'oscurità, le sue lotte intestine, per mirare all'impossibile: incontrare dopo il buio la luce, il cielo, misurarsi nell'inviolabile "città delle macchine" addirittura col potere assoluto, il re della finzione, e venirci a patti. Neo e il deus ex machina finiscono per collaborare in una lotta contro il ribelle e potentissimo agente Smith per tentare di assicurare all'umanità un futuro. Un futuro, almeno per un po'.
"Tutto quello che ha un inizio ha una fine" è il refrain che nel film, come nel finale che non sveliamo, risuona come la chiave del tutto. Così come il tema dell'evoluzione, presente anche nei due precedenti episodi, svolge in Revolutions una funzione risolutiva. Si evolve la lotta, si evolvono le persone che la combattono: il buon Morpheus (Laurence Fishburne), convinto del miracolo Neo, vacilla. Il cattivo Smith si libera del virus dell'umanità contratto nel secondo episodio, la combattiva Trinity ha paura. Neo, l'eroe illuminato, piange. Allo stesso modo evolve, cambia lo stile di Revolutions. Diminuiscono gli scontri corpo a corpo e le acrobazie marziali, che tanto spazio occupavano in Reloaded, aumentano i combattimenti meccanici e metallici tra giganteschi insetti e robot archeo-futuristici. Lo stupore degli effetti speciali è forte, anche se meno ipnotico che in Reloaded. Pochi i mantelli neri e gli occhiali da sole scuri che hanno fatto tanto Matrix, molti i maglioni sfilacciati, le canottiere sudicie e gli sguardi cerchiati degli umani che sanno che "la guerra finirà stanotte". A meno che, visti gli oltre 734 milioni di dollari al box office mondiale guadagnati da Reloaded, il più grande incasso del 2003, dopo la "rivoluzione" i Wachowski e il loro produttore Joe Silver non ci ripensino con un bel "the day after". Anche perché, se tutto ha un inizio e una fine, Matrix insegna anche che "alcune cose cambiano, altre no".
Da la Repubblica, 31 ottobre 2003

di Roberto Nepoti, 31 ottobre 2003

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