Federica Lamberti Zanardi
La Repubblica
Il gladiatore è tornato. Sul ponte di una fregata inglese del primo Ottocento: i capelli chiari legati in un codino, un equipaggio di 197 uomini da guidare. Ma è tornato. Russell Crowe in Master & Commander, sfida ai confini del mare sembra aver ritrovato davvero il carisma e la possanza del generale romano Massimo Decimo Meridio, quel carisma che aveva annegato nella follia dei matematico schizofrenico John Nash di A beautiful mind: un’interpretazione che gli era valsa, nel 2002, la terza nomination consecutiva all’Oscar (che aveva vinto appunto con Il Gladiatore) ma che lasciava orfani i fan dei Crowe macho e determinato.
Nei film, da oggi nei cinema, dell’australiano Peter Weir (Picnic ad Hanging Rock, Il testimone, L’attimo fuggente, The Truman show) Russell è Jack Aubrey, capitano della reale marina inglese durante le guerre napoleoniche. Il personaggio - nato dalla penna dello scrittore britannico Patrick O’Brian, che ne ha fatto il protagonista della bellezza di 19 romanzi - è un uomo temerario e rigoroso, fedele alla corona inglese, con un’ammirazione per l’ammiraglio Nelson e la sua disciplina. Ma anche irruento e impulsivo, pronto a sacrificare la vita di un uomo del suo equipaggio per la salvezza del vascello. E a imporre le sue idee senza mostrare mai un dubbio: «In mare non si possono avere incertezze. Chi comanda deve sempre sapere cosa fare, anche se non è la cosa più giusta. L’equipaggio si fida di te ciecamente e tu non devi e non puoi deluderlo», racconta Crowe. «E quello che mi ha spiegato ogni capitano di vascello con cui ho parlato per prepararmi al film. Tutti mi hanno raccontato della solitudine profonda di un uomo che deve trasmettere sempre sicurezza». Una solitudine che il capitano Aubrey stempera nel rapporto di amicizia con il medico di bordo Stephen Maturin, interpretato da Paul Bettany, già amico del cuore di Russell Crowe in A beautiful mind. Una coppia, dunque, collaudata. Tanto che nella scelta di Bettany pare ci sia io zampino di Russell. «Sì, è vero. Sono stato io a consigliare Paul a Peter Weir. Avevo lavorato con lui e lo considero un attore straordinario. Però, dopo aver fatto il suo nome, non ho insistito. Weir all’inizio era scettico, poi lo ha incontrato e ha capito quanto sia intelligente e preparato».
E anche musicalmente dotato. Perché in Master & Commander, fra una tempesta e l’altra, prima o dopo una battaglia, il capitano Aubrey e il medico trovano il tempo per duettare con violino e violoncello. Per prepararsi alle scene «musicali» Russell Crowe, che canta e suona bene chitarra e batteria (e ha anche una band rock, i 30 Odd Foot of Grunts) ha studiato molti mesi con un amico d’infanzia, il violinista australiano Richard Tognetti. «La cosa più complicata dei film non sono state le scene delle battaglie e quella, faticosissima, della tempesta. No. Suonare Mozart è stato davvero molto difficile», racconta Crowe. «Io e Paul ci siamo esercitati così tanto che alla fine mi sembrava quasi assurdo che due uomini di mare sapessero suonare tanto bene. Ma Weir era convinto che così dovesse essere. Per lui la musica è fondamentale: prima di girare ci faceva ascoltare di tutto, dalla classica ai Pink Floyd».
Ma è la musica, anzi il rombo del mare che scandisce le sequenze più spettacolari del film quando la tempesta coglie la nave a Capo Horn. Sullo schermo rivivono non solo le atmosfere dei romanzi di Patrick O’Brien, considerato dalla critica anglosassone uno dei più grandi romanzieri storici del secolo, ma anche di Moby Dick di Herman Melville. Del resto Jack Aubrey ha la stessa ossessione del capitano Achab: invece di un’enorme balena bianca è a caccia di un veliero francese che ha osato attaccarlo e batterlo...
Il film, infatti, inizia proprio così. Il vascello dl Sua maestà Britannica, il Surprise guidato da Aubrey, subisce l’attacco dl un veliero francese, l’Acheron, che subito sfugge fra le nebbie dell’oceano. Da quel momento per il capitano Russell Crowe l’unico scopo è ritrovare la nave francese e distruggerla. La inseguirà dalle coste del Brasile alle acque tempestose di Capo Horn fino ai confini del mondo: le isole Galàpagos. In cerca della sua vendetta perderà di vista le esigenze dei suoi uomini e sarà diviso fra l’orgoglio e l’amicizia per il medico. Un film epico dove le donne non esistono e fra gli uomini vivono sentimenti antichi: la lealtà, il coraggio, la superstizione. «Peter Weir voleva fare un film spettacolare che riportasse il pubblico indietro nel tempo», racconta Crowe. «Per questo ha voluto degli effetti speciali “invisibili” e oltre alla cura maniacale per i dettagli della nave ha fatto molto attenzione all’aspetto emotivo dei personaggi. Io stesso ho studiato moltissimo. Ho letto molti libri su Orazio Nelson che Aubrey racconta di aver conosciuto quando era giovane e per il quale nutre un’autentica ammirazione. E tutti i 19 romanzi di Patrick O’Brien. Ho imparato ad andare a vela e a combattere con la spada in un modo tipico dell’epoca».
Per creare nell’equipaggio un vero spirito di corpo necessario per le scene della battaglia finale, Russell Crowe ha rispolverato la sua antica passione giovanile: il rugby. «Ho organizzato con attori e comparse un vero campionato. Era un modo per amalgamarci. E per far capire cosa significa essere una squadra». Naturalmente, anche lì, era il capitano. Perché la vocazione al comando di Crowe non è solo una finzione scenica. «Mi chiedono spesso se nella vita sono così determinato come Aubrey. Diciamo che ho un carattere molto deciso, ma non sempre ottengo quello che voglio».
Per ora è una delle star più pagate di Hollywood, e, dopo una vita sentimentale turbolenta, il 7 aprile (giorno del SUO compleanno) è approdato a un matrimonio con la fidanzata decennale: la cantante australiana Danielle Spencer. «Mi ha aspettato per 14 anni. L’ho sposata perché mi ha conquistato la sua ostinazione, la sua lealtà. In questi anni ho avuto molte storie d’amore ma sapevo che la donna della mia vita era Danielle». Dalla quale sta per avere il primo figlio. «E Un maschio e nascerà a gennaio. Non so che tipo di padre sarò, ma so che lo andrò a prendere a scuola tutti i giorni. Voglio avere una vita tranquilla e una grande famiglia». Parola di capitano.
Da Il Venerdì di Repubblica, 19 dicembre 2003
di Federica Lamberti Zanardi, 19 dicembre 2003