Maria Pia Fusco
La Repubblica
Arriva sullo schermo Luther, il film sulla vita di Marin Lutero interpretato da Joseph Fiennes, arriva preceduto dal clamoroso successo in Germania dove ha avuto quattro milioni di spettatori, anche nella cattolicissima Baviera e ha superato negli incassi anche La passione di Mel Gibson. Il film del regista inglese Eric Till esce in Italia il 30 aprile distribuito da Metacinema e a metà giugno sarà in distribuzione il Dvd della Columbia. Di Luther si era parlato in occasione della morte dl Peter Ustinov il 28 marzo scorso, che è nel cast nel ruolo del principe Federico di Sassonia, ed è l’ultima interpretazione cinematografica dell’attore, grande nel rendere la curiosità Intellettuale e l’ironia del principe che la storia ricorda come Federico il Saggio.
Coprodotto dalla Germania e dagli Usa, con la partecipazione della comunità luterana americana, il film racconta il tormentato percorso di Lutero che, alla ricerca di Dio, lascia gli studi di giurisprudenza ed entra in un monastero agostiniano. Inviato a Roma dal suo mentore Johann von Staupitz (Bruno Ganz) poi a Wittenberg a studiare teologia, Lutero entra in contrasto con la Chiesa di Roma nel 1517, a 34 anni, quando papa Leone X decide di finanziare la costruzione della nuova basilica di san Pietro con la “vendita delle indulgenze” che induce i cristiani a pagare la remissione dei peccati o un posto garantito in paradiso per sé o per un parente. Le posizioni di Lutero sono raccolte nelle 95 tesi che contestano l’autorità di Roma e che diedero l’impulso alla nascita della chiesa protestante che attualmente conta nel mondo 540 milioni di persone. Grande riformatore della religione, Lutero è ricordato anche per la riforma della lingua in Germania.
Il film, nel quale compaiono figure storiche come il Papa, l’imperatore Carlo V, Katharina von Bora, la moglie di Lutero, in un momento in cui il cinema sembra appropriarsi dei temi religiosi - sono in arrivo anche i Crociati secondo Ridley Scott,potrebbe aprire un dibattito tra cattolici e protestanti, anche se oggi la divisione è stata superata da molti posizioni comuni e se i primi commenti sono molto pacati.
«Ci sono piccole incongruenze storiche, il film è bello e la ricostruzione d’epoca accurata», dice Alberto Saggese, pastore della Comunità Luterana, «e racconta bene il profondo tormento vissuto da Lutero nella sua lotta contro il Male». E anche se per Giovanni Cereti, docente di teologia ecumenica a Venezia, «il film è suggestivo ma emerge l’aspetto agiografico e un certo manicheismo nel rappresentare il bene e il male così divisi», è difficile aspettarsi la virulenza degli interventi scatenati da The Passion, poiché Luther è un film di parole e di riflessioni, utile perla conoscenza di un personaggio non troppo presente nella cultura italiana: nei risultati di un sondaggio di un paio di anni fa tra i giovani prevalgono per Lutero tre identità: un politico afro-americano, un reglsta cinematografico, il nome di un ristorante.
Da La Repubblica, 21 aprile 2004
di Maria Pia Fusco, 21 aprile 2004